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Tempo Ordinario: Domenica VI dell'Anno B (2023-24)

Nota introduttiva: L’omelia va preparata dal pastore dei fedeli, ai quali essa è rivolta, perché deve tener conto della Parola di Dio, del tempo liturgico e delle condizioni e bisogni dei fedeli; questa, che segue, potrebbe essere un’omelia rivolta a un uditorio di fedeli sconosciuti, perché tiene conto solo dei primi due elementi. Alla fine sono suggeriti altri temi possibili da sviluppare. Sono graditi suggerimenti per rendere più utili queste riflessioni (mons. Francesco Spaduzzi, francescospaduzzi@gmail.com)  

 Tempo Ordinario: Domenica VI dell'Anno B (2023-24)

Introduzione. L’AT ci mostra le conseguenze terribili della lebbra per la vita della persona; Gesù è venuto a guarire dalle malattie fisiche e da quella lebbra, che è il peccato; Paolo invita a vivere tutta la vita per la gloria di Dio, e anche le malattie e la sofferenza.

I - Levitico 13,1-2.45-46 - Il Signore parlò a Mosè e ad Aronne e disse (1) come regolarsi nel caso di una malattia della pelle, che faccia sospettare una piaga di lebbra (2); chi ne è colpito deve andare dai sacerdoti (2), che valuteranno secondo le indicazioni della Legge. Chi ha la lebbra - o qualcosa che le somiglia - dovrà allontanarsi dai luoghi abitati, perché impuro per tutta la durata della malattia (46); si farà riconoscere da lontano dai vestiti strappati, dal capo scoperto e dalla faccia velata in parte, e griderà di essere impuro (45), per evitare l’avvicinamento delle persone e il contagio. La malattia sfigura e consuma il corpo e solo un miracolo la può guarire in assenza di medicine. Gli antichi, compresi gli ebrei, pensavano che ogni malattia fosse un segno di punizione di Dio per peccati commessi. Dio già nell'AT nel libro di Giobbe nega questo e Gesù nel NT precisa che a volte le malattie sono causate dai peccati (il paralitico di Gv 5,14), e altre volte no (il cieco nato di Gv 11,3). Comunque, quale che sia l’origine delle nostre infermità, dobbiamo avere pazienza nella sofferenza fisica o morale o spirituale e accettarla per espiare i peccati nostri - siamo peccatori -, e anche quelli degli altri, come hanno fatto Gesù, Maria e Giuseppe, innocenti, che hanno affrontato tante sofferenze per noi: così ce ne serviremo per la nostra crescita e maturazione spirituale; saremo più sereni noi e meno pesanti per gli altri; collaboreremo alla salvezza nostra e del prossimo. Chiediamo a Dio di avere tanta fede nel suo amore, pazienza e carità, nel sopportare le nostre sofferenze e valorizziamo la Messa e la meditazione come sorgente di forza.

II - Marco 1,40-45 – 1. (a) A Gesù si presenta un malato di lebbra, malattia terribile, che rovinava il corpo, e incurabile, che escludeva dalla vita familiare e sociale, civile e religiosa, perché ritenuta contagiosa ed effetto del peccato; Venne da lui un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio con tanta fede e amore: «Se vuoi, puoi purificarmi!» (40)convinto che bastava un Suo atto di volontà per purificarlo dalla malattiaNoi abbiamo tante malattie spirituali, come appare dai tanti nostri peccati, che commettiamo; siamo oppressi da tante difficoltà psichiche, a causa dei tanti traumi, subiti ma mai affrontati e risolti; sono tante le nostre necessità materiali e fisiche, che conosciamo, o addirittura non conosciamo. Presentiamoci a Gesù, meglio se accompagnati da Maria e Giuseppe, dagli Angeli Custodi e dai Santi Patroni, e anche dai nostri fratelli della Chiesa purgante e militante; riconosciamo con fede la sua onnipotenza, per cui può aiutarci, la sua onniscienza, per cui sa come aiutarci, e la sua bontà infinita, per cui ci ama, ci compatisce e vuole aiutarci; riponiamo in lui la nostra speranza per i suoi meriti infiniti; meglio ancora se abbiamo anche la carità, cioè stiamo in grazia di Dio, perché amiamo Dio e il prossimo; esprimiamogli i nostri bisogni; affidiamoci a lui circa i mezzi e i tempi e i luoghi, in cui ci vorrà aiutare; con umiltà confessiamo che non meritiamo niente, ma confidiamo solo nella sua infinita misericordia. E mettiamoci in attesa, rinnovando spesso la nostra preghiera, finché non ci vediamo esauditi. (b) Gesù vide gli effetti devastanti della malattia nel lebbroso e, poiché è buono e lo ama, Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!» (41). Gesù opera il miracolo: E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato (42); così potrà essere dichiarato legalmente puro ed essere riammesso alla vita normale. Il Cuore di Gesù prova oggi gli stessi sentimenti verso di noi ed è disposto a fare anche miracoli necessari per aiutarci.

2. (a) Operato il miracolo, la scena cambia: Gesù si rabbuiò in volto e, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito, allontanandolo con modi bruschi (43); in effetti il lebbroso aveva disobbedito alle norme di prudenza della Legge. Gesù gli ordinò: «va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro», cioè per ottenerne la certificazione della guarigione e la riammissione alla vita comunitaria (44); Gesù osserva e fa osservare la Legge di Mosè, finché con la sua morte e risurrezione non istituirà la nuova Alleanza, che abrogherà quelle norme. Poi gli impose: Guarda di non dire niente a nessuno (44), per evitare movimenti eccessivi intorno alla propria persona, che richiamavano l'attenzione sospettosa dei capi religiosi e civili. Gesù invita alla prudenza pastorale. (b) Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto (45) sia per la gioia, che sentiva, sia per esprimere la sua gratitudine verso Gesù. La conseguenza fu ciò che Gesù voleva evitare: Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città (45), e restava in luoghi deserti, appartati, dove comunque lo raggiungeva la gente, che venivano a lui da ogni parte (45). L'ordine di Gesù di fare silenzio non fu rispettato e così Gesù fu circondato da tanta gente, che lo cercava e si aspettava da lui miracoli di guarigione fisica anziché la Parola di Dio per convertirsi. Obbediamo sempre alla Parola di Dio, anche quando non capiamo quello che ci viene chiesto e il perché: Dio è infinitamente più sapiente di noi.

III - 1Corinzi 10,31-1,1 – (a) Dio ha creato tutto per la Sua gloria, cioè per manifestare la sua potenza, sapienza e bontà infinite, di cui lo ha reso partecipe. La creatura razionale deve vivere la sua vita interiore ed esteriore in vista di tale fine: sia che mangiate sia che beviate sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio (31), cioè per conoscere, amare e servire Dio e per farlo conoscere, amare e servire dagli altri; a chi fa questo Dio dona la salvezza eterna. “Servire Dio” è l’osservanza della Parola di Dio, dei comandamenti, dei due precetti dell’amore a Dio e al prossimo… Ognuno di noi, prima di fare qualsiasi azione, specie se importante, deve chiedersi se essa è utile per raggiungere il fine; se corrisponde al fine, la può fare; se fosse di ostacolo al fine, bisogna rinunciarvi. (b) Non basta che ci impegniamo a raggiungere noi il fine, ma occorre aiutare anche il nostro prossimo a raggiungerlo e, quindi, evitare di porre ostacoli alla salvezza del prossimo: né ai Giudei, né ai Greci, né alla Chiesa di Dio (32). In questo - e in tutto - dobbiamo seguire l'esempio di Paolo, che poteva affermare:  così come io mi sforzo di piacere a tutti in tutto, senza cercare il mio interesse ma quello di molti, perché giungano alla salvezza (33), ed esorta: Diventate miei imitatori, come io lo sono di Cristo; in effetti imitando Paolo, noi  imitiamo Cristo, che Paolo seguiva come modello (1). Si identificano gloria di Dio e salvezza nostra e degli altri. Abbiamo una sola anima: se non viviamo secondo il fine e andiamo all'inferno, falliremo per tutta l'eternità. Evitiamo questo se vogliamo bene a noi e al prossimo e a Cristo, che è morto per salvare noi tutti.

EUCARESTIA. In essa si rende presente lo stesso Gesù, che 20 secoli parlava e trasformava il cuore degli uomini e operava miracoli di guarigioni a coloro che gli si accostavano con fede; la sua potenza e bontà sono le stesse. Se portiamo la stessa fede dei tanti malati corporali e spirituali di allora, avremo anche noi gli stessi miracoli nel contatto con Cristo, presente sotto i segni sacramentali. Chiediamo alla Vergine SS., Salute degli Infermi, e a S. Giuseppe, agli Angeli Custodi e ai Santi Patroni, di renderci partecipi della loro fede e carità. (mons. Francesco Spaduzzi)

Altri Temi: 1. Se vuoi, puoi purificarmi (40): esprime la fede dell’uomo nell’onnipotenza di Gesù, la speranza nella sua bontà e l’abbandono alla sua volontà. Sono caratteristiche che devono accompagnare la nostra  vita e specie la preghiera: fede, speranza e carità sono le virtù fondamentali del buon cristiano; se queste non ci sono, potremmo trovarci, al più, davanti a un buon uomo.

2. La compassione di Gesù (41) è spesso ricordata nei Vangeli (Mc 8,2; Mt 9,36; 14,14; 15,32; Lc 7,13; 10,33). Essa è espressione della sua bontà, che Lo spinge all’amore e alla compassione, che si trasforma in misericordia per i bisognosi sia di beni naturali e soprattutto di beni spirituali. A Gesù risorto non è venuta meno tale compassione e la vuole da noi nei confronti degli altri.

3. Nell quarto comandamento, oltre l’onore ai genitori, è da includere anche il rispetto per le Autorità religiose, civili, militari, amministrative, ecc. Paolo ai Romani (13,1-7): Ciascuno sia sottomesso alle autorità costituite. Infatti non c’è autorità se non da Dio: quelle che esistono sono stabilite da Dio. Quindi chi si oppone all’autorità, si oppone all’ordine stabilito da Dio. E quelli che si oppongono attireranno su di sé la condanna (1-2).

4. La lebbra non trattata non è molto contagiosa, e non lo è per niente, se trattata; invece la “lebbra” del peccato è contagiosissima e si diffonde che una rapidità impressionante; pensiamo a come si spande a grande velocità la mentalità mondana, che è fonte inesauribile di superficialità nella fede e nella pratica religiosa fino a portare all’allontanamento da Dio col peccato grave.

5. Anche le azioni più comuni della vita quotidiana possono acquistare un valore immenso se fatte per la gloria di Dio, cioè per conoscerlo, amarlo e servirlo e per farlo conoscere, amare e servire. Dio così dona la salvezza a noi e ci fa suoi collaboratori per salvare il prossimo. (mons. Francesco Spaduzzi)

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