Tempo Ordinario: Domenica V dell'Anno B (2023-24)
Nota introduttiva: L’omelia va preparata dal pastore dei fedeli, ai quali essa è rivolta, perché deve tener conto della Parola di Dio, del tempo liturgico e delle condizioni e bisogni dei fedeli; questa, che segue, potrebbe essere un’omelia rivolta a un uditorio di fedeli sconosciuti, perché tiene conto solo dei primi due elementi. Alla fine sono suggeriti altri temi possibili da sviluppare. Sono graditi suggerimenti per rendere più utili queste riflessioni (mons. Francesco Spaduzzi, francescospaduzzi@gmail.com)
Tempo Ordinario: Domenica V dell'Anno B (2023-24)
Introduzione. Giobbe ci descrive la sofferenza che sta affrontando; Gesù nel Vangelo guarisce la suocera di Pietro e tanti malati e i sofferenti nel corpo e nell’anima; Paolo annuncia il Vangelo, nel quale trovano luce tutti i problemi dell’uomo, e anche quello della sofferenza.
I - Giobbe 7,1-4.6-7 - Giobbe riflette che sulla terra la sofferenza è parte integrante della vita di ogni uomo, compresa la sua: è dura come quella del militare (1) o del giornaliero: i suoi giorni non sono come quelli d’un mercenario? (1), che lavora 12 e più ore al giorno e aspetta il suo salario a sera (2), ed è già più fortunato dello schiavo: questi come unica ricompensa sospira l’ombra (2) di un albero, che lo protegga dal sole. Giobbe sente che nel passato gli sono toccati mesi d’illusione (3), immaginando duraturo il suo benessere, e ora trascorre notti di affanno (3) e insonni: appena si corica, già desidera alzarsi, perché si sente stanco di rigirarsi fino all’alba sul giaciglio, e così per lui La notte si fa lunga (4) e gli sembra interminabile. I giorni della vita gli scorrono via veloci (6), perché essa è come un soffio (7), e senza un filo di speranza (6), perché è convinto che non vedrà mai giorni migliori (7). La descrizione della vita, che Giobbe ci offre, è veramente dolorosa e con realismo ci rappresenta la sua situazione: ha perso i figli, le ricchezze, la salute, e inoltre la moglie e gli amici non lo capiscono; è solo e sta su un mucchio di immondizia a grattarsi con un coccio. Quanto dolore nel mondo ci fanno conoscere i mass-media! All’origine della sofferenza c’è il peccato dei nostri progenitori e i nostri personali. Nelle nostre sofferenze, piccoli o grandi, guardiamo a Gesù innocente, che ha patito per noi peccatori: sopportiamole con pazienza, unendo alle Sue le nostre, per espiare i peccati nostri e dell'umanità e collaborare alla salvezza del prossimo.
II - Marco 1,29-39 – 1. (a) Nella prima giornata a Cafarnao Gesù annunciò nella sinagoga la buona notizia della venuta del Regno di Dio e la necessità della conversione e liberò un ossesso (Mc ,121-28); poi uscì dalla sinagoga e, seguito da Giacomo e Giovanni, andò subito a casa dei suoi ospiti Simon Pietro e Andrea, (29) e lì La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei (30). Gesù si avvicinò, si chinò su di lei - i giacigli poggiavano direttamente sul pavimento -, e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva (31). Non sappiamo se hanno rivolto a Gesù una preghiera in suo favore, ma notiamo la tenerezza e compassione di Gesù nell’avvicinarsi e prenderla per mano. Preghiamo per i nostri malati e per tutti i bisognosi; stiamo al loro fianco per sostenerli e incoraggiarli; non possiamo guarirli ma almeno offriamo loro sollievo con la nostra vicinanza, con la preghiera e la parola, e anche con le opere, se possibile. Ha bisogno di noi Gesù, presente in loro. (b) Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, quando per gli Ebrei finivano il sabato e il riposo sabbatico e iniziava il giorno seguente, gli portavano tutti i malati, perché li guarisse, e gli indemoniati, perché li liberasse (32). Tutta la città, cioè tantissimi, era riunita davanti alla porta (33) della casa di Pietro; Gesù Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demoni (34), ma non permetteva ai demoni di parlare, di dire che era il Messia, perché lo conoscevano (34): non era ancora il momento di rivelare la sua completa identità. Gesù opera i miracoli, perché è Dio, infinitamente potente, sapiente e buono, e uomo, nostro Messia e Salvatore: conosce bene i nostri bisogni; ci ama e perciò prova compassione per noi; può aiutarci e ci aiuta effettivamente, se portiamo la fede nell’incontro con Lui. Rinnoviamo spesso la nostra fede in lui; riponiamo in lui la nostra speranza e fiducia; ricambiamo il suo amore col nostro amore a lui e all'immagine di Lui nel prossimo.
2. (a) Gesù aveva passato con i discepoli la giornata fra la Sinagoga e la casa di Pietro e la sera a guarire i malati; poi dedicò qualche ora a dormire. Ma egli sentiva anche il bisogno dialogare col Padre suo; e così Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava (35), lontano da occhi indiscreti e senza rischio di essere interrotto o distratto. Gesù, in quanto Dio, sta in perenne dialogo col Padre e lo Spirito Santo; in quanto uomo ha bisogno come noi di trovare i tempi da dedicare al colloquio con Dio. Non riuscendo a pregare di giorno, perché si dedicava alla predicazione e i miracoli, lo fa spesso di notte. Così Gesù ci insegna la necessità della preghiera per ogni stato di vita e si fa nostro modello. Seguiamone l'esempio e difendiamo i nostri tempi minimi di preghiera con le unghie e con i denti, contro il diavolo, il mondo e l'accidia. (b) Ma Simone e quelli che erano con lui, si misero sulle sue tracce (36), Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano!» (37); ma Gesù li invita: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là, portando anche altrove la buona novella della venuta del Regno di Dio; per questo infatti sono venuto!» (38). E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demoni (39). Gesù sa che ci sono moltissime persone, che hanno bisogno della sua Parola e delle sua opera, e il tempo a disposizione è poco. Gesù vuole fare la stessa cosa con ciascuno di noi oggi: accogliamoLo e apriamoci alla collaborazione con lui per lasciarci salvare e portare la salvezza agli altri.
III - 1Corinzi 9,16-19.22-23 – (a) Le comunità cristiane primitive, secondo l’uso ebraico, provvedevano al sostentamento del missionario. Paolo invece si manteneva col suo lavoro di costruttore di tende, eccetto in rari casi. Qui egli ricorda che il mantenimento dell’apostolo è un diritto conferito dal Vangelo (18); Lui ritiene che ha diritto alla ricompensa se predica il Vangelo di sua iniziativa (17); invece lo fa perché è un incarico che gli è stato affidato (17) da Dio; è una necessità che gli si impone (16) e ha anche timore se non annuncia il Vangelo! (16); anzi annunciare il Vangelo non è per lui un vanto (16). Sì, si aspetta una ricompensa: Quella di annunciare gratuitamente il Vangelo senza usare il diritto conferitomi dal Vangelo (18). Gesù ordina di predicare il Vangelo a tutti (Mt 28,18-20; Mc 16,20). Per Paolo la predicazione è l'opera più importante e rifiuta la ricompensa per timore che ostacoli la diffusione del Vangelo. Anche noi parliamo di Gesù ai singoli e ai gruppi per portarli a Lui. La cresima ci abilita a dire che crediamo e l’istruzione perché crediamo. (b) Paolo, cittadino romano, gode di piena libertà (19), ma si mette al servizio di tutti, per guadagnarne a Gesù il maggior numero possibile (19): con i i deboli di coscienza si adatta al loro modo di agire (22); con i Giudei osserva la legge di Mosè e con i pagani no. E aggiunge: mi sono fatto tutto per tutti, per salvare a ogni costo qualcuno (22). Ma tutto io faccio per il Vangelo, per diventarne partecipe anch’io, dei beni promessi (23) a chi lo accoglie con fede e lo pratica con fedeltà. Così è l’apostolo Paolo: distaccato dai beni e povero, responsabile, generoso, impegnato a facilitare ai non credenti la conversione e ai credenti la pratica della fede. Esaminiamoci, chiediamo perdono e proponiamo di migliorarci.
EUCARESTIA. In essa incontriamo Gesù come Maestro che insegna e come Salvatore dell’uomo intero: dà la vita divina alla nostra anima e la sanità al nostro corpo, in vista della resurrezione della carne. L’unione con Cristo inoltre ci fa condividere i suoi sentimenti e le sue virtù e quindi anche il bisogno di occuparci della salvezza dei fratelli con l’apostolato. Preghiamo la Vergine Maria e S. Giuseppe, gli Angeli Custodi e i Santi Patroni, che ci ottengano la grazia di valorizzare al massimo questo dono dell’Eucarestia. (mons. Francesco Spaduzzi)
Altri Temi: 1. Gesù nella sua giornata prevede l’incontro coi fedeli ebrei nella loro preghiera ufficiale nella sinagoga, quello privato in una famiglia con pochi e quello pubblico coi bisognosi, il giusto riposo e l’intrattenimento personale col Padre. Anche noi pastori dobbiamo curare la preghiera pubblica, il dialogo con il gruppo e col pubblico, l’incontro con Dio. E il giusto e necessario riposo.
2. Gesù cura i malati e libera gli ossessi perché sente compassione per loro e come appoggio alla predicazione per dimostrare che è il Messia e Salvatore, inviato da Dio. La sensibilità umana di Gesù lo accompagna per tutta la sua vita e viene sottolineata più di una volta dagli Evangelisti. Certamente ce l’ha anche dopo la sua resurrezione e abbiamo tanto da imparare da Lui e imitarlo.
3. Il diavolo conosce Gesù, ma la sua testimonianza non Gli è gradita, perché Satana è il padre della menzogna: Egli vuole che noi non abbiamo niente a che fare con lui, anche se facesse qualche opera buona: certamente la farebbe con cattiva intenzione. Stiamo attenti a non dare nessuno spazio al diavolo nella nostra vita, eccetto il giusto timore.
4. Giobbe soffre tantissimo e qui c’è una riflessione in proposito. E’ normale desiderare la fine della sofferenza. Ma noi cristiani, nella luce dell’insegnamento e dell’esempio di Gesù, sappiamo che anch’essa, accettata per amor di Dio e sopportata con pazienza, serve a noi per purificarci e portarci all’intimità con Dio e anche per collaborare alla salvezza del nostro prossimo.
5. Gesù e gli Apostoli e i Santi ci hanno dato l’esempio di una testimonianza autentica per mezzo della vita e della parola. Non possiamo tenere per noi soli la grazia della salvezza; gratuitamente l’abbiamo ricevuta e allo stesso modo la dobbiamo trasmettere; sarebbe egoismo inaccettabile non parteciparla agli altri. (mons. Francesco Spaduzzi)