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Opportunità e innovazione dell’antico mestiere della pastorizia

Prospettive e opportunità per gli studenti presenti al convegno “E se la pastorizia fosse il mestiere del futuro?” tenutosi stamattina presso l’aula magna dell’Istituto Tecnico Agrario “F.De Sanctis” di Avellino. Sul tavolo dei lavori, opportunità e innovazione dell’antico mestiere della pastorizia e per le aree interne.  L’evento è stato realizzato con il lavoro sinergico del CREA, Rete Rurale Nazionale, l’Associazione Riabitare l’Italia, l’Associazione H.A.T. Aps e l’Istituto Tecnico Agrario “F. De Sanctis” di Avellino alla presenza degli studenti dell’Istituto Tecnico Agrario “Francesco De Sanctis” e dell’Istituto Professionale di Stato. Servizi per l'Enogastronomia e l'Ospitalità Alberghiera “Manlio Rossi Doria”

 

Promuovere la Scuola Giovani Pastori, l’obiettivo per rilanciare e riproporre un mestiere che sta andando in disuso ma che, al contempo, può rispondere alla necessità dei giovani che tornano per restare e per chi, invece, ha sempre creduto nella possibilità di poter vivere in una provincia drammaticamente afflitta dallo spopolamento, come l’Irpinia. E quindi, l’iniziativa si rivolge ai futuri professionisti che vogliono avviare un’attività imprenditoriale di pastorizia, rivalutando il circuito economico e ambientale di luoghi periferici. Il progetto è finanziato da Fondazione Cariplo e portato avanti dal Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi di economia agraria) con la Rete Rurale Nazionale, l’Associazione Riabitare l’Italia e altri partner con l’intenzione di fornire agli studenti, selezionati con un bando di ammissione, tutti gli strumenti per avviare o riprendere attività di pastorizia secondo principi di sostenibilità sia economica che ambientale.

 

 

Ad aprire l’incontro, organizzato da Daniela Storti, Ricercatrice CREA e direttrice della “Scuola giovani pastori”, Marco Vassallo, responsabile "Scuola Giovani Pastori" e Valentina Taccone, presidente H.A.T. Hub Animatori Turistici, e moderato dal giornalista Gianni Colucci, sono stati i saluti  del dirigente scolastico Pietro Caterini seguiti dal suo intervento che ha dato il via al tavolo dei lavori: “Opportunità nell’agroalimentare, è fondamentale puntare sulle produzioni interne e di qualità per dare un futuro concreto ai ragazzi. Incentiviamo le iscrizioni alla scuola agraria per consentire di far maturare da subito tutte le possibili competenze da dover acquisire e mettere in pratica nelle attività di tipo imprenditoriale. È un incontro importante questo con la scuola dei giovani pastori che si cala perfettamente nelle opportunità del nostro territorio. Un progetto del genere significa ì innovazione ma partendo da un mestiere che viene dall’interno e da lontano

Ha proseguito, poi, Carmine Fischetti, titolare insieme alla sua famiglia del ristorante stellato Oasis di Vallesaccarda che, quest’anno, ha ottenuto per il primo anno la sua prima stella green della prestigiosa guida Michelin, segnando l’arrivo di un lungo percorso trentennale, già conquistato da venticinque anni per una realtà di accertato riferimento per la provincia di Avellino e per la ristorazione di qualità. Fischetti e la sua famiglia hanno messo insieme la sapienza tradizione in un contesto comunitario di soli mille abitanti, e ha dichiarato: “Da anni lavoriamo per preservare gli agricoltori del territorio, rifacendoci per la filiera corta, creando un rapporto con chi produce e conoscendoli da più vicino. Si crea un’economia locale e si sostengono le aziende locali perché il territorio va sostenuto anche da noi stessi, anche dalle produzioni e nel proporre e dire ai giovani di non trascurare i vecchi mestieri. Il futuro si guarda dando un occhio al passato. Il territorio va sostenuto in ogni sua parte e ogni persona deve farne parte dando un suo contributo, ovunque si trovi diventando ambasciatore del territorio fuori o restando realizzando aziende in maniera naturale. A sostegno dei produttori che da anni lavorano sul territorio”

La parola, poi, è andata alla responsabile di progetto Daniela Storti che ha messo in evidenza:”I risultati della scuola li vedremo tra qualche anno ma intanto abbiamo già qualche numero che parla chiaro.  Quasi la metà dei candidati è rappresentata dalle donne, la gran parte non provengo dal settore, molti sono laureati ma tutti sono spinti da una base comune, la motivazione. Le aree interne sono chiamate così perché sono luoghi lontani dai servizi. Mi sento di dire che l’errore che si fa spesso, è quello di dovere affidare ai singoli il dovere di cambiare i territori, Non è così. L’idea della scuola invece nasce dalla volontà e dell’idea di voler capire che l’agricoltura, come la pastorizia in particolare modo, è un’attività antica che ha messo in relazione le comunità e le interconnessioni della vita sociale, costruendo solidi collegamenti tra persone e luoghi. E’ da questa volontà che nasce l’idea della scuola ma abbiamo cercato di capire da dove partire e di cosa hanno bisogno i giovani per restare qui nelle aree più interne. Da questa indagine sono venute fuori idee e numeri importanti. Il 67% dei giovani vuole fortemente restare ma molti di questi non possono farlo perché non hanno lavoro. Non dimentichiamo che il legame con le comunità è poi fondamentale, così come anche con gli ecosistemi. Abbiamo scelto una tematizzazione molto precisa. Noi siamo stati facilitatori ma gli allevatori sono formatori che distribuiscono buone pratiche in modo esperienziale e interattivo. Costruire network tra territori e persone, anche tra imprenditori per un progetto di formazione scolastica itinerante ed esperienziale, questi i nostri passi che vanno sempre in avanti

 

A portare una concreta testimonianza, è stata però Vera Pezzullo, una delle allieve del primo corso del programma CREA: “Il pastore oggi deve essere innovativo e capire come farlo veramente per rendere la montagna migliore. Restare nelle aree marginali, credo sia difficile. Io mi occupo di zootecnia nelle università, credo sia fondamentale capire come farlo in maniera rispettabile e sostenibile. Il pastore vive grazie al gregge e viceversa, è nostro compito garantire la sopravvivenza di questo mestiere

 

Ricerca e territorio, nelle parole di Salvatore Claps, direttore CREA -ZA, che ha parlato della “Scuola del casaro”  e del progetto avviato in Basilicata con il CREA: ”Noi rappresentiamo un ente di ricerca e si è sempre occupata di formaggi tipici. Il primo corso realizzato l’anno La scuola realizza corsi che mettono in rilevanza le razze, la territorialità. La tradizione è importante per la produzione e si insegna e fa capire anche l’importanza della sostenibilità. Hanno partecipato nella prima edizione, metà donne e uomini e al di sotto dei 40 anni che hanno conseguito l’attestato professionale. La transumanza non è piu da considerare di tipo tradizionale ma vicino alla zootecnia. Il ritorno del pastore è da considerare come un rinnovato imprenditore inquadrato in un contesto innovativo e digitale. L’attenzione va certamente rivolta ai prodotti tipici, senza questi non possiamo fare nulla”

 

Annamaria Rosamilia,produttrice di pecorino con l’Azienda Agricola La Verga di Nigro Antonio e delegata del Presidio Slow Food Carmasciano, ha poi continuato: “Rappresentiamo un’antica tradizione casearia di Rocca San Felice e alleviamo un gregge di pecore Laticauda. Insieme alla bagnolese, restano le uniche razze autoctone dell’Irpinia. Quando si parla di prodotto del territorio, intendiamo voler dire di dover partire a monte quindi dalla razza, dal territorio e da cosa mangiano i nostri animali. Quando si fa un prodotto disciplinato da presidio Slow Food, l’intenzione è quella di garantire con una ferma regolamentazione sulla produzione in ogni sua parte. Noi grazie alla presenza della Mefite possiamo produrre un formaggio unico come il Carmasciano. La sua azione sulfurea, oltre ad offrire un’alimentazione sana, ne garantisce anche un prodotto unico nel suo genere, che si elabora già nel latte e poi nei formaggi”

 

Poi, Anna Anna Russo, titolare Caseificio aziendale “La Bagnolese” specializzata in pecorino bagnolese ha raccontato: “Ho sposato un pastore che proviene da un’eredità di ben sei generazioni. E’ certamente un mestiere che profuma di antico ma noi lo facciamo sempre con innovazione, condizione che non deve mai mancare e tenere viva la tradizione. Transumanza deriva dal termine ‘transumare’, che significa letteralmente ‘andare da un luogo all’altro’. Forse noi siamo gli ultimi pastori erranti. La transumanza è sia estiva che invernale, si tratta di attività di chilometrici cammini con il gregge lungo i tratturi, percorsi oggi lesionati dall’industrializzazione e dalla continua edificazione.  Questi lunghi passaggi con il gregge, sono un percorso che sai quando inizia ma non sai come finisce, o per meglio dire, se arriverai con più bestiame o gregge decimato. Per essere un buon pastore, serve davvero tanta forza fisica e coraggio. Ma anche essere folli. Il nostro sacrificio quotidiano per allevare la razza della bagnolese, è perchè siamo consapevoli di poter dare un prodotto più sano, nonostante la poca resa di latte, e garantire la continuazione della transumanza

 

 A chiudere gli interventi, Francesco Celli, presidente Info Irpinia  che ha portato la sua esperienza facendo luce sul legame dei prodotti caseari con il turismo: “ Un’opportunità formativa come questa sostenere l’idea che, nelle aree interne dell’Irpinia, il turismo esperienziale si deve fare ed è tutto quello che i turisti cercano. Noi come associazione abbiamo già creato esperienze da ricordare e raccontare, con turisti che sono venuti da ogni parte del mondo. Quello che conta è partire dalla tradizione

 

 

 

Valentina Taccone 

 

 

 

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