Tempo Ordinario: Domenica 33.ma dell'Anno A (2022-23)
Nota introduttiva: L’omelia va preparata dal pastore dei fedeli, ai quali essa è rivolta, perché deve tener conto della Parola di Dio, del tempo liturgico e delle condizioni e bisogni dei fedeli; questa, che segue, potrebbe essere un’omelia rivolta a un uditorio di fedeli sconosciuti, perché tiene conto solo dei primi due elementi. Alla fine sono suggeriti altri temi possibili da sviluppare. Sono graditi suggerimenti per rendere più utili queste riflessioni (mons. Francesco Spaduzzi, francescospaduzzi@gmail.com)
Tempo Ordinario: Domenica 33.ma dell'Anno A (2022-23)
Introduzione. Proverbi loda la donna – e in lei ogni persona – che si dà all’attività ordinata; Gesù con la parabola ci esorta a impegnarci seriamente a mettere a frutto i doni di Dio; Paolo ci avverte che renderemo conto a Dio di come avremo vissuto la nostra vita.
I - Proverbi 31,10-13.19-20.30-31 – E’ un estratto di un inno alla donna, cosa insolita per quei tempi, perché non le si dava spazio. Fortunato chi trova una donna di carattere (10), perché vale più di un tesoro; essa è attiva: Si procura lana e lino e li lavora volentieri con le mani (13) e si avvale di ogni strumento di lavoro per vestire decorosamente i componenti della famiglia: Stende la sua mano alla conocchia e le sue dita tengono il fuso (19). In lei confida il cuore del marito, perché non gli fa mancare niente (11) e Gli dà felicità e non dispiacere per tutti i giorni della sua vita (12). Aiuta il bisognoso: Apre le sue palme al misero, stende la mano al povero (20). Di qui l’invito a esserle riconoscenti per il frutto delle sue mani e a lodarla non solo in privato ma anche in pubblico alle porte della città (31). E’ la conferma che non vale la pena rincorrere la donna per i suoi fugacissimi fascino e bellezza, ma quella che teme Dio è da lodare (30); la ricchezza è niente rispetto a questo tipo di donna: Ben superiore alle perle è il suo valore (10). Si tratta di una donna, che è piena di amore a Dio e ne rispetta le leggi; ama anche il prossimo, a iniziare dalle persone più vicine a lei; è un modello di vita per uomini e donne: dà a Dio l'amore rispettoso e al prossimo l’amore alla pari e si prende cura di tutti quelli che entrano nel suo raggio di azione.
II - Matteo 25,14-30 – 1. Nella parabola Gesù racconta di un uomo ricco, che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e, secondo le abitudini del tempo, affidò loro i suoi beni (14): A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno (14), che conosceva bene; e poi partì (15). I servi dovevano impegnarsi non solo a non fare danni, ma anche ad accrescere il danaro. Un talento pesava 34 kg,: se d’oro, corrispondeva allo stipendio di un operaio per 200 anni: quindi una somma considerevole. Così a noi Dio dà il corpo e l'anima con la sua intelligenza e volontà, ci inserisce in una famiglia e in una parentela, e inoltre in amicizie, scuola, società, lavoro e nazione, per sviluppare la nostra affettività e relazioni come la palestra il nostro fisico e la scuola la nostra intelligenza. Se il corpo e l’intelligenza non si sviluppano bene, la persona avrà problemi; se l'affettività non è regolata bene, si diventa disadattati o delinquenti o aggressivi. I doni, che riceviamo da Dio, hanno bisogno anche di accompagnatori preparati per svilupparsi in modo corretto. Impegniamoci a far fruttare i doni che Dio ci ha fatti.
2. Dopo molto tempo torna il padrone di quei servi e vuole regolare i conti con loro (19). (a) I primi due, che hanno raddoppiato quello che hanno ricevuto dal padrone, glielo dicono; il primo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque” (20); il secondo parla di due, portati a 4 (22); essi ricevono la stessa lode per la loro fedeltà e capacità: Bene, servo buono e fedele (21.23), la promessa di una grande ricompensa: sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto (21.23) e l'invito a godere l'intimità e la familiarità col padrone: prendi parte alla gioia del tuo padrone (21.23). Anche noi ci presenteremo a Gesù per il giudizio. Se abbiamo messo a frutto i doni di Dio per la sua gloria, a vantaggio nostro e per il servizio dei fratelli, saremo ammessi all’intimità con Dio Padre, Figlio e Spirito, e staremo nella gioia perfetta; se anche non siamo stati fedeli e impegnati al 100%, ma almeno ci saremo pentiti per tempo prima di morire e avremo cercato di riparare il male fatto, confidiamo ora e confideremo allora di essere salvati per la misericordia di Dio. (b) Il terzo servo, che non ha messo a frutto il talento, rimprovera il padrone, rinfacciandogli una presunta durezza (24) e un presunto sfruttamento del lavoro altrui (24); gli rivela anche i propri sentimenti di paura e gli restituisce il talento affidatogli (25). Il padrone gli rimprovera la sua pigrizia e malvagità e la sua concezione sbagliata su di lui (26), gli dice quello che avrebbe dovuto e potuto fare per salvare in parte gli interessi del padrone (27), gli fa togliere il talento e lo fa dare al primo servo (28) con la giustificazione che lo toglie all'indolente per darlo a chi lavora (29); infine lo fa cacciare nel luogo dell'oscurità e della sofferenza atroce (30 E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti). Stupido questo servo, che commette colpa e reato restituendo solo quel che gli era stato affidato e quindi ha agito contro gli interessi del padrone, e lo offende pure. Meglio avrebbe fatto a riconoscere i propri limiti ed errori e a chiederne perdono in modo da trovare comprensione e compassione presso il padrone. Conserviamo sempre un atteggiamento di umiltà e pentimento nei confronti di Dio, perché tante volte non facciamo il bene, che dovremmo fare, operiamo il male che dovremmo evitare e facciamo male il bene. Riconosciamo con umiltà il male che ci portiamo dentro e affidiamoci alla misericordia infinita di Dio.
III – 1Tessalonicesi 5,1-6 – (a) Paolo ricorda ai Tessalonicesi non ha bisogno di scrivere loro circa la seconda venuta di Cristo (1), perché sanno che è sconosciuta la sua data: Egli verrà all'improvviso. L’Apostolo usa due immagini per descrivere il carattere inaspettato del giorno del Signore: il ladro di notte (2; cfr. 4) e le doglie una donna incinta (3). E quando la gente penserà e dirà: «C’è pace e sicurezza!», ci saranno il ritorno di Gesù e il giudizio universale, anche per i malvagi, che non potranno sfuggire: allora d’improvviso la rovina li colpirà (3), perché andranno alla pena eterna. La resurrezione di tutti gli uomini sarà gloriosa e gioiosa per i buoni, che diventeranno belli come Gesù e Maria, e infamante e dolorosa per i cattivi, che rassomiglieranno in bruttezza al diavolo. Rinnoviamo la nostra fede in questa verità e siamo vigilanti, perché ignoriamo questa data e quella della fine della nostra vita. (b) Proprio perché Gesù verrà inatteso, ci sono due atteggiamenti possibili da parte nostra: possiamo agire come i pagani (6 come gli altri), che stanno nelle tenebre (cfr. 4) e vi appartengono (cfr. 5), che dormono spiritualmente (6), e perciò vanno alla dannazione; possiamo comportarci da credenti, che, sull’esempio di Paolo, rifiutano ogni malvagità, perché non sono nelle tenebre (4); non appartengono alla notte, né alle tenebre (5); spiritualmente Non dormono (6), e si lasciano guidare dalla fede nel pensare e dalla carità nell’agire, perché sono tutti figli della luce e figli del giorno (5); essi si astengono dalle bevande inebrianti, che inducono alla sonnolenza fisica e spirituale, e stanno ben svegli (6) ad aspettare l’incontro col Signore. In sostanza se siamo guidati dalla fede, speranza e carità, e agiamo secondo i comandamenti, ci troveremo ben preparati a incontrare il Signore e saremo ammessi a stare con Lui nella felicità perfetta per sempre.
EUCARESTIA. La Parola di Dio alimenta la nostra fede, speranza e carità, e ci prepara sia a offrire Gesù al Padre nella Messa e a offrirci insieme con Lui, sia a unirci a Lui nella comunione eucaristica. Essa ci fa incontrare Gesù nella fede ora e ci prepara all’incontro con Lui, giudice misericordioso, alla fine della nostra vita. Chiediamo alla Vergine Maria e a S. Giuseppe, ai nostri Angeli Custodi e ai Santi Patroni, che ci ottengano la grazia di essere partecipi adesso dei loro sentimenti, quando incontravano Gesù sotto i segni sacramentali, e di quelli che li animarono nell’incontro finale con Lui. (mons. Francesco Spaduzzi)
Altri Temi: 1. Prendere coscienza dei doni, che Dio ci ha fatti nella sua bontà verso di noi, è assolutamente necessario per svilupparli e valorizzarli. A ognuno di noi Dio ha fatto doni generali, che ha fatto anche ad altri uomini, e particolari, che ha fatti solo a ciascuno di noi: gli uni e gli altri devono servire per il singolo e per gli altri; non conoscerli fa correre il rischio di non svilupparli e di non servirsene a vantaggio proprio e degli altri ed è un’ingratitudine verso Dio.
2. Per un’idea falsa e distorta dell’umiltà alcuni tendono a nascondere i doni di Dio in privato e in pubblico. E’ assolutamente sbagliato. Dio distribuisce i doni per il bene personale e comune. Ignorarli o nasconderli è rifiutare di dare gloria a Dio per essi e privare il prossimo dell’utile che potrebbero avere da essi. Si impedisce a Dio di realizzare i suoi disegni, che è cosa gravissima.
3. Dio giustamente castiga chi non sviluppa i talenti, ricevuti da Lui, a seconda della gravità del danno che fa a se stesso e agli altri. Quanti geni sono stati scoperti “per caso”! Specialmente nella fase della crescita è importante scoprire le capacità, che ha il bambino, il ragazzo, l’adolescente, maschio o femmina, per portarle a maturità. Un buon accompagnamento aiuta tantissimo.
4. Alla Donna dei Proverbi è stato consentito di sviluppare le proprie capacità: quanto aiuto dà alla sua famiglia! Se questo si consentisse a tutte le donne, l’umanità starebbe doppiamente bene perché riceverebbe sia dagli uomini che dalle donne il contributo per il proprio miglioramento.
5. Sono davvero figli della luce i buoni fedeli, che stanno in intimità con Dio e quindi ricevono il massimo dell’illuminazione da Lui, alla Cui attività in loro non pongono nessun ostacolo;, essi possono fare tanto bene all’umanità, quale che sia la loro età. Pensiamo al bene fatto da Francesco e Giacinta di Fatima, morti ancora fanciulli. (mons. Francesco Spaduzzi)