Tempo Ordinario Domenica 31.ma dell’Anno A (2022-23)
Nota introduttiva: L’omelia va preparata dal pastore dei fedeli, ai quali essa è rivolta, perché deve tener conto della Parola di Dio, del tempo liturgico e delle condizioni e bisogni dei fedeli; questa, che segue, potrebbe essere un’omelia rivolta a un uditorio di fedeli sconosciuti, perché tiene conto solo dei primi due elementi. Alla fine sono suggeriti altri temi possibili da sviluppare. Sono graditi suggerimenti per rendere più utili queste riflessioni (mons. Francesco Spaduzzi, francescospaduzzi@gmail.com)
Tempo Ordinario Domenica 31.ma dell’Anno A (2022-23)
Introduzione. La Parola di Dio sottolinea la paternità di Dio e la fratellanza degli uomini e si rivolge ai sacerdoti dell’AT e NT; richiama l’importanza dell’insegnamento della Parola di Dio, che deve essere ricevuta come tale e trasmessa con fedeltà; è ciò che Paolo fa coi suoi collaboratori, esercitando una vera paternità e maternità nei confronti dei discepoli.
I – Mal 1,14b-2,2.8-10 - (a) Dio si presenta agli Ebrei come il grande re del Popolo eletto e di tutti i popoli, i quali riconoscono la sua infinita grandezza (14). Egli è l'unico Dio creatore e padre di tutti gli uomini: Non abbiamo forse tutti noi un solo padre? Forse non ci ha creati un unico Dio? (10); essi sono tutti fratelli fra di loro e devono evitare la perfidia nei rapporti e di profanare l’alleanza dei loro padri con Dio (10). Anche noi rinnoviamo la nostra fede nell'unico Dio, Creatore e Padre di tutti gli uomini: diamoGli adorazione e amore e per amore suo amiamoci reciprocamente. (b) Dio qui si rivolge specie ai sacerdoti dell'AT - e di tutti i tempi -: Ora a voi questo monito, o sacerdoti (1). I sacerdoti devono impegnarsi ad ascoltare la Parola di Dio e a procurare e proclamare la sua gloria (2); purtroppo i sacerdoti ebrei non lo fecero. Di più: non seguirono le vie di Dio (9) e finirono fuori strada (8); usarono preferenze di persone nel loro insegnamento (9), adattando la Parola di Dio ai capricci degli uomini, invece di aiutarli ad adeguarsi a Essa; così diedero scandalo invece di aiuto (8) e distrussero l'alleanza speciale di Dio con la tribù di Levi (8). Dio minaccia: manderò su voi la maledizione (2), che consisterà nel disprezzo da parte del popolo (9). Come Dio è Santo, così Lui li vuole santi, che all’origine significava stare distaccati dalle creature per dedicarsi in modo libero, totale e generoso al servizio del Creatore e dei fedeli, soprattutto con l’insegnamento, che deve corrispondere alla Parola di Dio: essi La devono ascoltare con attenzione e disponibilità e praticare con fedeltà e anche trasmettere senza alterazioni. E con coraggio.
II - Matteo 22, 1-12 1. Gesù parla alla folla e ai discepoli (1), mentre prima ha parlato ai capi ebrei e ha fatto un ulteriore tentativo per illuminarli; essi, però, ancora una volta rifiutano la grazia di Dio. Gesù allora avverte la folla e i discepoli che Sulla cattedra, che era stata di Mosè, si sono seduti gli scribi e i farisei (2); però Mosè ascoltava e metteva in pratica la Parola di Dio e la insegnava; invece, Scribi e Farisei dicono e non fanno (3), cioè insegnano e non praticano; i loro ascoltatori, se vogliono essere salvati, devono guardare a loro non come modelli ma come insegnanti: Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere (3). Essi insegnano cose difficilissime ai loro ascoltatori, pesanti come fardelli, che essi non vogliono toccare neanche col dito (4 Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito), cioè non ne praticano neanche una piccolissima parte. Gli insegnamenti di Gesù valgono per i responsabili della Chiesa e per tutti i fedeli. Essi vanno ascoltati e messi in pratica per poterli proporre agli altri efficacemente. Un maestro, che non è anche testimone, è un controsenso fra i discepoli di Gesù. Gandhi diceva che non si faceva cristiano perché i cristiani erano cattivi; sbagliava per la generalizzazione ma era esatto nel contenuto: i cristiani cattivi sono un impedimento alla conversione dei pagani. Esaminiamoci sui cattivi esempi che diamo. E pentiamocene veramente; chiediamo perdono e grazie per correggerci.
2. Gesù sottolinea la superbia degli Scribi e dei Farisei, dei quali dice che fanno tutto per vanagloria, per farsi ammirare dalla gente, per sentirsi superiori agli altri (5 Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente): per farsi notare portano strisce e sciarpe più lunghe degli altri, alle quali sono legati piccoli rotoli con espressioni dell'AT (5 allargano i loro filattèri e allungano le frange); provano gusto speciale di occupare i posti d'onore o bene in vista nei banchetti e nelle sinagoghe (6); piace loro ricevere i lunghi saluti in pubblico ed essere chiamati maestri (7). Prendendo spunto da questo, Gesù proibisce che tra i discepoli si chiami qualcuno rabbi, cioè maestro perché uno solo è il vostro Maestro (8) o guida (10), perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo (10) e voi siete tutti fratelli (8), e anche che sia chiamato “padre” qualcuno sulla terra perché c’è un solo Padre, quello che è nei cieli (9 E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste). Evidentemente gli Scribi e i Farisei non cercano la gloria di Dio ma la loro; e i titoli contribuiscono a questa esaltazione umana. Perciò Gesù li proibisce fra i suoi discepoli, ai quali ricorda che solo Dio Padre e Gesù hanno diritto a essere glorificati e a distinguersi; noi uomini siamo tutti uguali e, anzi, fratelli fra di noi: chi vuole distinguersi deve fare da servo agli altri (11 Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo), e quindi si deve far riconoscere per la virtù dell’umiltà, per l’idea realistica che ha di se stesso; invece, chi cerca di innalzarsi per superbia sarà abbassato e chi si abbassa sarà innalzato (12 chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato). Crediamo, vogliamo mettere in pratica l'invito di Gesù all'umiltà. Preghiamo per il dono delle virtù dell'umiltà e della pazienza nelle umiliazioni.
III - 1Ts 2,7-9.13 (a) Paolo e i compagni predicarono il vangelo di Dio ai Tessalonicesi senza chiedere di essere sostentati, come era un loro diritto e dovere delle comunità e come facevano gli altri apostoli e i missionari ebrei itineranti (1Cor 9,4-18): lavoravano notte e giorno per non essere di peso ad alcuno, mantenendosi da soli (9; cfr. 1Cor 9,12-18). Era una scelta di Paolo per facilitare l'adesione alla fede da parte di quelli che venivano in contatto con lui: questi notavano il disinteresse dei missionari e lo apprezzavano. Anche il sacerdote,, per lo stesso motivo, deve essere e mostrarsi distaccato dal denaro e dai beni di questo mondo, deve essere povero di povertà spirituale ma anche reale se necessario. (b) Paolo e collaboratori sentivano il bisogno di rendere continuamente grazie a Dio (13), perché accolsero la parola di Dio, predicata da Paolo, non come parola di uomini, ma come vera parola di Dio (13): tale essa è veramente (13) e quindi partecipa dell'onnipotenza e sapienza infinita di Dio e opera efficacemente nel cuore degli ascoltatori, rendendoli credenti (13). Così è la Parola di Dio e opera in noi e negli altri: occorre leggerla e meditarla e pregarla con atti di fede e fiducia. (c). Paolo presenta l’apostolato qui e altrove (2Cor 6,11-12; Gal 4,19; 1Corinzi 4,14-15 cfr. Nm 11,12) come un rapporto di padre e madre coi propri figli (7 siamo stati amorevoli in mezzo a voi, come una madre che ha cura dei propri figli; 11 Sapete pure che, come fa un padre verso i propri figli, abbiamo esortato ciascuno di voi). L'amore materno e paterno conosce poco i limiti ed è fa qualsiasi sacrificio; perciò Paolo sottolinea l’amore suo e dei collaboratori per i Tessalonicesi: affezionati a voi,… ci siete diventati cari (8), e la disponibilità a trasmettervi non solo il vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita (8), in spirito di amore e dolcezza parentale. Così deve essere l'apostolo, disponibile a tutto per il vantaggio dei figli spirituali, come i genitori, guidati dall'amore e in un clima di amore.
EUCARISTIA. Nell’Eucaristia ascoltiamo la Parola di Cristo presente e attingiamo la forza per metterla in pratica. Preghiamo Maria e Giuseppe, gli Angeli Custodi e i Santi Patroni, che, unendoci a Cristo nella Comunione, diventiamo fedeli praticanti e trasmettitori della sua Parola. (mons. Francesco Spaduzzi)
Altri Temi: 1. Gesù condanna senza mezzi termini quelli che predicano senza praticare; sono ipocriti e danno una controtestimonianza; chi li ascolta si domanda: se non ci credete voi che l’insegnate, perché dovremmo praticare noi? Chi insegna qualcosa deve essere il primo a vivere in conformità con ciò che propone.
2. E’ naturale avere una buona idea di sé, perché questa è all’origine del rispetto della propria dignità e di volerla rispettata dagli altri; ma deve provenire da un’idea realistica di se stessi, da una conoscenza veritiera e non da fantasie di grandezze e qualità che non ci sono. E’ spontaneo voler essere ammirati dagli altri, ma guai a cercarlo a ogni costo: questo rivela dipendenza dal giudizio degli altri e quindi segno di autentica schiavitù psicologica nei loro confronti. E ogni schiavitù è sempre sorgente di infelicità, insoddisfazione, frustrazioni, aggressività.
3. Non diamo importanza ai titoli come strumenti per avere considerazione e onori dagli altri. Ben venga il titolo che rivela una competenza, perché serve a indicare che quella persona può rendere un servizio; evitiamo i titoli solo onorifici… Solo Dio sa chi merita e chi non merita: bene ha fatto Papa Francesco a sospendere il conferimento di titoli onorifici agli ecclesiastici.
4. La paternità universale di Dio e la fraternità fra gli uomini sono realtà bellissime e collegate strettamente. Alimentiamone in noi il gusto e spingiamo gli altri a conoscerle e gustarle.
5. La paternità e maternità spirituale dell’apostolo per i propri discepoli ci fa vedere come quelli che col celibato o la consacrazione rinunciano ad avere figli sono tutt’altro che sterili; anzi se un papà o una mamma può avere solo un numero limitato di figli, un padre e una madre spirituali ne possono avere tanti, quanti ne conducono a Dio. (mons. Francesco Spaduzzi)