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Tempo Ordinario: Domenica 14.ma dell'Anno B (2023-24)

Nota introduttiva: L’omelia va preparata dal pastore dei fedeli, ai quali essa è rivolta, perché deve tener conto della Parola di Dio, del tempo liturgico e delle condizioni e bisogni dei fedeli; questa, che segue, potrebbe essere un’omelia rivolta a un uditorio di fedeli sconosciuti, perché tiene conto solo dei primi due elementi. Alla fine sono suggeriti altri temi possibili da sviluppare. Sono graditi suggerimenti per rendere più utili queste riflessioni (mons. Francesco Spaduzzi, francescospaduzzi@gmail.com)  

Tempo Ordinario: Domenica 14.ma dell'Anno B (2023-24)

Introduzione. Ezechiele è inviato da Dio a un popolo di ribelli alla sua Parola; anche Gesù resta inascoltato da tanti, che lo rifiutano, in fondo per superbia; Dio difende Paolo dalla superbia e vuole proteggere anche noi dal caderci.

I - Ezechiele 2,2-5 - (a) Uno spirito entrò in Ezechielelo fece alzare in piedi, per rispetto a Dio, e lui ascoltò colui che gli parlava (2). Questo spirito poteva essere lo Spirito Santo o anche un Angelo che spinge al bene. Occorre pregare lo Spirito Santo che ci illumini caso per caso, per discernere se un nostro pensiero è buono o meno buono o cattivo così da evitare il male e fare il bene, e che ci consenta di incontrare un uomo di “spirito”, che ci aiuti a farlo. (b) Dio manda Ezechiele agli Ebrei, a una razza di ribelli, che si sono rivoltati contro di Lui. Essi e i loro padri si sono sollevati contro di Lui da quando uscirono dall'Egitto fino ad oggi (3; cfr. 5), per 700 anni. Essi sono figli testardi e dal cuore indurito (4). Il profeta proclamerà: “Dice il Signore Dio” (4), formula per indicare che Dio parla nel profeta; non importa che Ascoltino o non ascoltino; quel che conta è che sapranno almeno che un profeta si trova in mezzo a loro (5). E’ terribile questo giudizio di Dio; agiamo in modo da non meritarlo mai. (c) Dio disse al profeta: Figlio dell’uomo, io ti mando ai figli d’Israele (3; cfr. 4 e 5), per amore del suo popolo. Questo amore è costante nella storia sacra, perché sempre Dio illumina il suo popolo con la sua Parola per mezzo dei sacerdoti, profeti o sapienti. In quest’ottica dovremmo leggere la Bibbia e interpretare l'insegnamento della Chiesa e le ispirazioni dello Spirito. (d) Il popolo ancora una volta si ribellerà a Dio (cfr. 3; 4; 5), che permetterà il castigo con la distruzione di Gerusalemme e del Tempio e la deportazione a Babilonia; perdonati e riportati in Palestina, si ribelleranno ancora a Dio per 5 secoli fino all’uccisione di Gesù, e si ripeterà il castigo. E noi siamo docili o ribelli a Dio? Il nostro pentimento col proposito di non peccare ci ottengano misericordia.

II - Marco 6,1-6 - 1. (a) Gesù Partì di là e venne nella sua patria, e i suoi discepoli lo seguirono (1) a Nazareth, il villaggio dove, al ritorno dall'Egitto, era cresciuto con i parenti e i compaesani di Maria e di Giuseppe. Così Gesù continua la formazione degli Apostoli, perché sperimentino il suo modo di predicare con i suoi contenuti e i successi e insuccessi dell’apostolato. Anche noi dobbiamo restare sempre alla scuola di Gesù con la meditazione della sua Persona e della sua vita, del suo insegnamento e del suo apostolato. (b) Gesù, Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga di Nazareth (2). Aveva sempre insegnato ai suoi compaesani con il suo buon esempio della vita, fedele alle leggi di Dio dell'AT e pieno di amore a Dio e al prossimo; ora insegna anche con la Parola, ma molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano:  Da dove gli vengono queste cose? (2) e si interrogano specie sulla Sua sapienza: E che sapienza è quella che gli è stata data? (2), che Egli manifesta per la prima volta senza aver mai frequentato le scuole dei rabbini; si chiedono anche: E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? (2), di cui arriva l’eco dai paesi vicini. La risposta c'è e la dà Nicodemo: ha il potere da Dio, perché suo inviato (Gv 3,2), ma essi sono prevenuti contro di lui; la dimestichezza, avuta con lui: Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi? (3), diventa per loro motivo di scandalo (3). Accettiamo Gesù così come è, senza riserve: Egli è Dio e Uomo, Maestro e Salvatore. Il suo essere uomo e la sua apparenza modesta non devono essere ostacolo alla nostra fede in lui.

2. I suoi compaesani non credono in Gesù, che si meravigliava della loro incredulità (6). Così Gesù osserva: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua»; come sempre, il vero profeta, uomo comune scelto da Dio e reso speciale per la Sua chiamata e i Suoi doni, è rifiutato specie fra i suoi parenti e compaesani (4). Ricordiamocene: è Dio che fa di un uomo comune un consacrato a lui e noi dobbiamo accettarlo come tale. Il sacerdote è uomo come gli altri, ma Dio lo consacra per mezzo del Vescovo, successore degli Apostoli; i suoi limiti personali non annullano la sacralità della sua parola e il valore salvifico delle sue azioni liturgiche. (b) A causa della poca fede dei paesani, Gesù può operare solo pochi miracoli di guarigioni: E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì (5); questo avviene  non perché la mancanza di fede delle persone indebolisce la Sua capacità di fare miracoli, ma perché Egli di solito condiziona i miracoli alla loro fede. (c) Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando (6); non è accettato nella sua patria come mandato da Dio e se ne va altrove a predicare e guarire. Riflettiamo su quanto i Nazareni hanno perduto e qual danno hanno fatto a se stessi, rifiutando Gesù: hanno perso tutte le ricchezze spirituali e materiali, che erano loro destinate. Anche noi stiamo attenti alle varie venute di Gesù in mezzo a noi; la nostra mancanza di fede, anche in una sola di esse, ci fa perdere ricchezze immense.

III - 2Corinti 12,7-10 – Paolo ha parlato dei grandi doni di rivelazione, che ha ricevuti da Dio per misericordia; ma, affinché l’Apostolo non monti in superbia (2 volte), Dio permette che abbia nella sua carne una spina (una sofferenza), un inviato di Satana per schiaffeggiarlo e umiliarlo (7). Ciò lo fa soffrire molto e perciò per tre volte, con insistenza, ha pregato il Signore di esserne liberato (8). Dio non l'accontenta, ma gli dice: Ti basta la mia grazia (9) e gli rivela che la forza di Dio… si manifesta pienamente nella debolezza dell'uomo (9), cioè quanto più l'uomo è debole e riconosce il suo nulla, tanto più Dio manifesta in lui la sua onnipotenza (cfr. 9-10; cfr. 1Cor 1,27). Nel corso della storia Dio ha manifestato la sua onnipotenza per mezzo di uomini piccoli e deboli, come S. Giovanni Bosco e S. Teresa di Calcutta, che hanno realizzato opere grandi con mezzi inadeguati. Non sappiamo in che cosa consiste questa “spina”: alcuni hanno pensato a tentazioni di lussuria (Medioevo), altri alle persecuzioni da parte dei nemici della fede (Padri greci e latini e autori moderni), altri a malattia fisica, che rende difficile l'apostolato (autori antichi e moderni); altri a una sofferenza, collegata ai suoi fenomeni mistici con riflessi fisiologici, come è avvenuto in alcuni Santi. (b) Ma ecco la conclusione sorprendente di Paolo: Mi vanterò quindi non dei doni straordinari di Dio - perché sono di Dio e non suoi - ma ben volentieri delle mie debolezze, che sono veramente sue, perché dimori in me la potenza di Cristo risorto. Perciò egli si sente appagato da ciò che gli rende difficile la vita: mi compiaccio nelle mie debolezze, negli oltraggi, nelle difficoltà, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristoinfatti quando sono debole in me stesso, è allora che sono forte (10) della forza, che Cristo mi comunica. I doni di Dio sono Suoi e noi dobbiamo attribuirli a lui; di nostro abbiamo solo debolezza e fragilità, che dobbiamo sempre riconoscere: questi atti di umiltà piacciono molto a Dio e attirano in noi altri Suoi doni, necessari per noi e per gli altri.

EUCARESTIA. In Essa si moltiplicano le presenze di Cristo, che può fare miracoli spirituali e materiali in noi, se portiamo la fede (e la carità) nell’incontro con lui. Tanti non otteniamo grazie dal Signore perché la nostra fede è debole. Chiediamo la grazia di condividere la fede di Maria e di Giuseppe e dei Santi, per ottenere l’abbondanza di grazie, che essi riuscivano a ottenere. (mons. Francesco Spaduzzi)

Altri Temi: 1. Come ogni uomo, degno di questo nome, Gesù si sente legato alla sua patria, che è certamente un luogo, ma ha importanza sopratutto per quello che rappresenta per noi: il nostro affacciarci alla vita e le relazioni che avviamo e che portiamo avanti e che influiranno su di noi per sempre, condizionandoci in positivo e in negativo. Dobbiamo amare la patria fino a piangere sulle sue disgrazie e farle tutto il bene possibile.

2. I suoi paesani pensano di sapere tutto di Gesù e perciò si chiedono dell’origine dei suoi poteri, in particolare della predicazione sapiente e il fare miracoli. Queste due capacità di Cristo appaiono inconciliabili con quello che essi sanno di Gesù. E perciò si scandalizzano. Noi no, perché sappiamo chi è dai racconti della nascita di Gesù e dalla venuta dello Spirito su di Lui.

3. Forse Gesù riporta un proverbio a proposito del profeta poco accettato o rifiutato nella sua patria. Certo è Dio che comunica al profeta il suo Spirito per abilitarlo a esercitare questa missione ed egli deve essere docile nell’ascoltare Dio e trasmettere la Sua Parola agli uomini; gli ascoltatori devono accettarlo come tale, nonostante la sorpresa che può rappresentare per loro.

4. Il profeta deve compiere la sua missione con fedeltà a Dio, dal quale viene mandato, e all’uomo, al quale viene mandato. Deve trasmettere la Parola di Dio nella sua integralità e senza tentennamenti e deve ammonire il popolo e minacciare i castighi di Dio, per quanto sgradevole possa essere questo impegno. Ne va l’onore di Dio e la salvezza del popolo.

5. La superbia è il primo dei vizi capitali, il più odiato da Dio, il più pericoloso e quello che meglio si nasconde sotto tante apparenze buone. Satana è il primo superbo e lo è più di tutti fino a voler diventare come Dio; anche i nostri progenitori pensarono di poter diventare come Dio… Apriamo gli occhi e vigiliamo: tutti siamo superbi, purtroppo. (mons. Francesco Spaduzzi)

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