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Tempo Ordinario: Domenica 25.ma dell'Anno A (2022-23)

Nota introduttiva: L’omelia va preparata dal pastore dei fedeli, ai quali essa è rivolta, perché deve tener conto della Parola di Dio, del tempo liturgico e delle condizioni e bisogni dei fedeli; questa, che segue, potrebbe essere un’omelia rivolta a un uditorio di fedeli sconosciuti, perché tiene conto solo dei primi due elementi. Alla fine sono suggeriti altri temi possibili da sviluppare. Sono graditi suggerimenti per rendere più utili queste riflessioni (mons. Francesco Spaduzzi, francescospaduzzi@gmail.com)  

Tempo Ordinario: Domenica 25.ma dell'Anno A (2022-23)

Introduzione. Isaia ci ammonisce di essere sempre coscienti che Dio è infinito e noi siamo limitati; Gesù ce Lo fa vedere nella sua misericordia e Paolo ce lo presenta nella sua misericordia con tutti, Ebrei e pagani.

I -  Isaia 55,6-9 – (a) Dio per mezzo del profeta ordina di cercare e invocare il Signore, mentre si fa trovare, anzi mentre è vicino (6,); egli si aspetta che l’irreligioso (o il peccatore) metta da parte i suoi pensieri sbagliati e lasci la vita di peccato (7), si penta, si converta e torni a Dio, che avrà misericordia di lui e… che largamente perdona (7) tutti i peccati. In effetti non abbiamo bisogno di salire in cielo per trovarlo né di gridare per farci sentire: è dappertutto e, se siamo in amicizia con lui, egli è dentro di noi come Padre Figlio Spirito; se non lo siamo, è vicino e sta bussando per entrare. Apriamogli subito. Ascoltiamo questo invito del Signore, che ci ama e ha mandato i Profeti nell’AT e il Figlio stesso nel NT per invitarci a lasciarci salvare. (b) Stiamo attenti a non attribuire a Dio Creatore, che è infinito, la nostra intelligenza ristretta (8) e i nostri limiti di creature nell’agire (8), perché il modo di pensare e amare e agire di Dio trascende del tutto quello delle creature come il cielo è tanto in alto rispetto alla terra: Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri (9). Perciò evitiamo di attribuire a Dio atteggiamenti vendicativi per i nostri peccati, perché Egli è infinita misericordia e tale si presenta: è sempre disposto a perdonare chi si pente e a “partecipargli” la sua onnipotenza per portarlo alla vittoria sul male.

II - Matteo 20,1-16 - Gesù racconta nella parabola che nel Regno di Dio avviene qualcosa di simile a quello che successe a un proprietario di casa e di vigna, che all'alba andò alla piazza presso la porta della città, per trovare operai da mandare nei suoi campi per 12 ore (1). Vi si reca 5 volte. Alle 6 andò e Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna (2). Calcoliamo il salario in 5 euro all’ora, quel che serviva per mantenere la famiglia per un giorno. Poi uscì alle 9 e  ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati (3) e li mandò nella vigna con l’impegno: quello che è giusto ve lo darò (4), ed essi accettarono (5)il giusto sarebbe 45 euro. Si recò ancora alle 12,00 e poi alle 15,00 e mandò operai alla vigna (5); uscì l'ultima volta alle 17,00 e domandò a questi, che non c'erano prima, perché non avevano lavorato (6), ed essi risposero che non sono stati presi da nessuno (7); e li mandò a lavorare (7); per questi ultimi la giusta paga sarebbe di euro 5. Il padrone della parabola rappresenta Dio; notiamo la bontà di Dio, che chiama nei momenti più diversi della vita. Quelli che rispondono più tardi alla chiamata di Dio è perché forse hanno rifiutato di farlo prima: il buon Ladrone si converte all’ultima ora; il giorno di Pentecoste si convertono quelli che avevano rifiutato di credere a Gesù prima della sua morte e resurrezione… Dio vuole salvare proprio tutti e perciò ha consegnato il Figlio alla morte per noi. Tutti sono chiamati a entrare nel Regno di Dio; purtroppo la debolezza morale, le delusioni della vita, le sofferenze, la mentalità materialistica o laicistica… portano alcuni a rifiutare la chiamata; altri l’accettano ma poi si allontanano perché si illudono che la libertà viziosa del mondo è migliore dello stare con Dio; prima o poi si renderanno conto che le creature limitate non possono soddisfare il desiderio di infinito, che c’è nel loro cuore, e che vale la pena stare col Signore da sempre.

2. A sera il padrone disse al fattore: “Chiama i lavoratori e da’ loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi” (8), cioè da quelli che avevano lavorato meno tempo; così quelli delle cinque del pomeriggio… ricevettero ciascuno un denaro (9). Questo creò in quelli della prima ora l'aspettativa che avrebbero ricevuto di più (10) e invece la paga per essi fu solo un denaro (10). Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone (11), sottolineando: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo” (12), cosa che dava loro la sensazione di subire un’ingiustizia. A chi protestava più da vicino, il padrone replicò che l’aveva trattato con giustizia, perché tanto avevano pattuito: Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? (13) e, perciò, lo invitò a prendere ciò che era suo diritto e andarsene (14). D’altronde se il padrone voleva dare a tutti quanto aveva dato a lui (14), era suo diritto usare i suoi beni come voleva (15); e il contestatore non aveva motivo di provare invidia a causa della bontà del padrone (15). In effetti il padrone si era mostrato giusto con i lavoratori della prima ora e generoso con gli altri, perché consentiva a tutti gli operai di mangiare loro e le famiglie. La parabola è per gli Ebrei: sono gli operai della prima ora, perché chiamati per primi nel Regno di Dio, ma non hanno diritto di protestare contro di Lui, che chiama a tutte le ore nel suo Regno, per offrire a tutti la salvezza. Entrati nel Regno, occorre perseverarvi, facendo la volontà di Dio. Ebrei e Pagani sono salvati allo stesso modo per la fede in Cristo e la carità, se vi perseverano; saranno lasciati fuori se si ribellano. Comunque Dio ha mostrato preferenza per gli Ebrei, chiamandoli 18 secoli prima degli altri. In realtà tutti sono salvati dalla misericordia di Dio, perché anche gli Ebrei avevano peccato, ribellandosi a Dio (Rm 11,32). In effetti tutti siamo peccatori e abbiamo bisogno della misericordia di Dio per essere salvati. Anche alcuni cristiani protestano come gli Ebrei: p. es., si lamentano che Dio esercita la misericordia coi grandi peccatori che si convertono o per quelli che si convertono all’ultima ora. Dobbiamo piuttosto gioire per la loro conversione come si gioisce in Cielo (Lc 15,7-10). In ogni caso dobbiamo noi adeguare il nostro modo di pensare a quello di Dio  (Is 55,8-9) e non viceversa, anche quando è incomprensibile e succede l’inatteso: Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi  (16).

III - Filippesi 1,20c-24-27 – (a) Paolo è certo: Cristo sarà glorificato dal Padre nel mio corpo, sia che io viva sia che io muoia (20), perché egli sa di essere unito a Gesù per fede, speranza e carità, e vive della stessa vita, che Egli gli comunica (Gal 2,20); perciò ogni sua azione è orientata dallo Spirito alla gloria di Cristo, a conoscerlo, amarlo e servirlo, e a farlo conoscere, amare e servire. Per Paolo è Cristo sorgente di vita (21 Per me infatti il vivere è Cristo) e perciò anche la morte si risolve in un vantaggio (21), perché gli consente di arrivare all'unione definitiva e perfetta con Cristo, per mezzo della visione facciale, che sostituisce la fede. Paolo sa che, se resta in questo mondo, fa cosa utile ai fedeli, perché li aiuta a essere salvati (22), col suo apostolato; e allora si sente diviso tra due desideri (23) e non sa che cosa scegliere (22): desidera di morire per andare a stare con Cristo nel paradiso (23 ho il desiderio di lasciare questa vita per essere con Cristo) - e ritiene: il che sarebbe assai meglio (23); ma avverte la necessità di restare qui e fare apostolato tra i fedeli (24), per conservarli a Cristo, e fra gli infedeli, per portarli a Lui. Frutto del suo apostolato è anche aiutarli a comportarsi secondo l'insegnamento del Vangelo (27). Se noi vivessimo, lasciandoci guidare dai pensieri di Paolo (la sua fede), e dal suo stile di vita (la sua carità), certamente godremmo la stessa effervescenza spirituale, saremmo più felici, e la nostra vita sarebbe più utile a noi e agli altri.

EUCARESTIA. Dio ci chiama con la sua Parola in tanti modi e in modo esplicito nella Parola dell’Eucarestia. Il primo invito che ci fa è alla conversione e perciò chiediamo perdono dei peccati all’inizio della celebrazione. E comunque il nostro orientamento verso Dio deve diventare sempre più profondo, proprio grazie a una risposta sempre più generosa agli inviti di Dio. Preghiamo la Madonna e S. Giuseppe, gli Angeli Custodi e i nostri Patroni, di ottenerci che camminiamo verso Dio senza tentennamenti. (mons. Francesco Spaduzzi)

Altri Temi: 1. Dio chiama ciascuno di noi fino all’ultimo momento della vita; se, però, prendiamo la cattiva abitudine di fare i sordi alla chiamata di Dio, rischiamo di rifiutarci anche all’ultima chiamata, oltre la quale non è possibile che ce ne sia un’altra per il semplice motivo che è finita la nostra vitaImpegniamo a risponderci alla prima chiamata, perché col Signore si sta bene

2. Dio resta liberamente sovrano nel chiamare e non chiamare, nel chiamare a un’ora piuttosto che un’altra, nella scelta dei modi per farci arrivare la sua chiamata... Altrettanto libero è nel premiare la nostra risposta positiva. Certo in tutto apparirà la sua potenza, sapienza, bontà infinite.

3. Esiste l’invidia del successo materiale degli altri e anche quella dei doni spirituali, che Dio dà ad alcuni piuttosto che ad altri. Impariamo a godere del bene degli altri. Dio è il primo a farlo.

4. Il Signore è sempre disposto a farsi trovare. Anzi è Lui che viene a cercarci. Certamente Lo troveremo quando ci impegniamo a fare la sua volontà, a osservare i comandamenti, i doveri, le ispirazioni, che ci suggerisce.

5. Chi conosce Dio e Lo ama ha un solo grande desiderio: andare da Lui per l’eternità e al più presto, perché è il Sommo Bene e sorgente di ogni bene e sta bene chi sta con Lui. Ma l’apostolato è il mezzo per “accrescere” la gloria di Dio, e allora si capisce perché un apostolo vero è anche  disposto a restare ancora sulla terra per farLo conoscere e amare.  (mons. Francesco Spaduzzi)  

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