Tempo Ordinario: Domenica XXII dell'Anno A (2022-23)
Nota introduttiva: L’omelia va preparata dal pastore dei fedeli, ai quali essa è rivolta, perché deve tener conto della Parola di Dio, del tempo liturgico e delle condizioni e bisogni dei fedeli; questa, che segue, potrebbe essere un’omelia rivolta a un uditorio di fedeli sconosciuti, perché tiene conto solo dei primi due elementi. Alla fine sono suggeriti altri temi possibili da sviluppare. Sono graditi suggerimenti per rendere più utili queste riflessioni (mons. Francesco Spaduzzi, francescospaduzzi@gmail.com)
Tempo Ordinario: Domenica XXII dell'Anno A (2022-23)
Introduzione. Geremia vede nella sua e in ogni vocazione l’intervento forte di Dio; Gesù rivela a Pietro la sua vocazione di “capo” nella Sua Chiesa; Paolo ci invita a vivere nella santità.
I - Geremia 2,7-9 - Dio chiama Geremia a essere suo profeta, ma si nega per la sua giovane età (Gr 2,4-8); Dio gli promette la sua presenza e assistenza e lui si lascia convincere. Ma in seguito Geremia ha la sensazione che Dio abbia usato con lui le maniere dolci – e perciò lo ha sedotto (7 Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre) – e quelle forti – perciò lo ha vinto (7 mi hai fatto violenza e hai prevalso); ma il risultato della sua missione gli pare negativo, perché la gente lo prende in giro (7): egli, a nome di Dio, annuncia al popolo infedele i Suoi castighi (8), che però non si verificano, perché Dio si fa prendere dalla compassione e li rinvia; così la Parola di Dio gli procura insulti, al punto che egli se Ne vergogna (8). Decide allora una cosa terribile: «Non penserò più a lui, non parlerò più nel suo nome!» (9); ma non resiste perché la chiamata di Dio si fa sentire più forte: Ma nel mio cuore c’era come un fuoco ardente, trattenuto nelle mie ossa; mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo (9); e allora egli riprende a profetizzare. Chi annuncia la Parola di Dio deve essere docile nell'ascoltarLa e fedele nel trasmetterLa, costi quel che costi. La sofferenza di Geremia sta ora nell’adeguarsi ai sentimenti e ai tempi di Dio. Questi resta sempre il padrone della Parola da comunicare e dei tempi per realizzarla, come di tutto e sempre. Chi è chiamato alla missione deve essere solo fedele amministratore senza volere imporre niente a Dio, proprio come fa Gesù, che sempre dice di sì al Padre, anche nei momenti più difficili.
II - Matteo 16,21-27 – (a) Pietro ha fatto la professione di fede in Gesù come Figlio di Dio e Messia (Mt 16,16). La capiva pienamente o no, non importa; neanche noi comprendiamo totalmente le formule che usiamo - e nessuna creatura lo può; solo Padre e Figlio e Spirito Santo capiscono chi sono Loro e possono esprimere in modo adeguato la loro realtà, e solo fra di loro. Noi crediamo… (b) Gesù incomincia, dopo questa professione di fede, a istruire gli Apostoli come e per quali vie egli salverà gli uomini. Egli preannuncia che dovrà necessariamente - perché così è nel piano di salvezza di Dio - andare a Gerusalemme (21) e lì dovrà soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi (21), che, invece di riconoscerlo come Messia, lo uccideranno (21 e venire ucciso); ma i discepoli stiano tranquilli perché risorgerà il terzo giorno (21). Per gli Apostoli è inconcepibile ciò che Gesù ha profetizzato: sarebbe il crollo di tutte le speranze di successo umano, che essi riponevano nel trionfo terreno di Gesù. Pietro, per l'amore che ha per Gesù, prende l'iniziativa di chiamarlo in disparte ed esprime l’auspicio: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai» (22). Ma Gesù, come prima gli ha detto che ha parlato per ispirazione del Padre (Mt 16,17), così ora, alla presenza degli altri (Mc 8,33), gli rimprovera di lasciarsi guidare da Satana; egli ora esprime il pensiero di Satana e degli uomini, ma non di Dio, e diventa un ostacolo per Gesù: Satana! Tu mi sei di scandalo (23); perciò Pietro deve stare dietro a Cristo e seguirlo come discepolo (23 Va’ dietro a me). e non pretendere di farGli da guida e maestro. Anche noi dobbiamo accettare senza riserve il piano di salvezza come Dio lo ha programmato, come l'ha accettato il Figlio e come Lui lo annuncia. Questo significa pensare come Dio, e non come Satana o come gli uomini; altrimenti diventiamo ostacolo per Gesù e impedimento alla salvezza dell'umanità e nostra.
2. Gesù ha difeso contro Pietro la sapienza del piano divino di salvezza, in cui è prevista la sofferenza del Messia, e ora parla ai suoi discepoli (24) - e alla folla (Mc 8,24; Lc 9,23) - e proclama che, per essere suo vero discepolo ed essere salvato (24 Se qualcuno vuole venire dietro a me), è necessario smettere di pensare a se stessi, come il centro di tutto, e andare contro le proprie tendenze cattive, che vogliono portare al male (24 rinneghi se stesso); inoltre occorre sopportare ogni sofferenza con pazienza e adesione alla volontà di Dio (24 prenda la sua croce): è così che si imita Gesù (e mi segua 24), condividendo la sua vita fino ad accettare di salire sulla croce con lui. Gesù va anche oltre e dice che perderà anche la vita fisica chi pensa di poterla conservare a scapito della salvezza eterna, mentre la salverà chi è disposto a rinunciare alla vita fisica per amore di Gesù (25). La salvezza eterna, cioè aprirsi a ricevere il dono della vita eterna, è l'impresa più importante che ci sia per noi; perciò vale la pena rinunciare al mondo intero per essa (26 Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita?): in effetti non c'è niente che ne pareggi il valore (26). C’è da aggiungere che dovremo presentarci al giudizio di Cristo, che verrà nella gloria a giudicare ogni uomo secondo le sue azioni (27 Perché il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni). Ognuno di noi deve accettare di portare la propria croce, piccola o grande che sia, tenendo conto che Dio con la croce dà anche la grazia di sopportarla con pazienza. Se contiamo sulle nostre forze, andiamo incontro alla rovina; se invece ci fondiamo sulla grazia di Dio, essa è capace di sostenerci fino al martirio. Meditare spesso sulla Passione di Gesù e pensare al premio eterno sono un aiuto ulteriore per accettare con rassegnazione la sofferenza, specie se li usiamo come mezzo di apostolato, per ottenere la conversione dei peccatori, come proposto dalla Madonna a Lourdes e a Fatima.
III - Romani 12,1-2 – (a) S. Paolo conclude sempre le sue lettere con esortazioni alla vita cristiana. Qui invita i Romani a offrire a Dio i loro corpi (1), se stessi - e non cibo -, come sacrificio vivente (1), - e non cose senza vita -, santo (1), perché tali sono nel battesimo, gradito a Dio (1); così Dio lo chiese nell’AT (Es 19,5-6): di esso Gesù ci ha dato l’esempio (Eb 10,5-10) e l’ha raccomandato. Paolo li esorta facendo appello alla misericordia di Dio (1), che solo può darci la grazia di offrirgli qualcosa che gli piace, e afferma: è questo il vostro culto spirituale (1), degno di coloro che hanno ricevuto lo Spirito Santo e si lasciano guidare da Lui. Il sacrificio spirituale consiste dunque nel seguire l’esempio di Gesù, che offrì se stessi a Dio, per fare la Sua volontà (Eb 10,5ss), e nel compierla (Gv 4,34; 5,30; 6,38.40...). In questo senso ha fatto di tutta la sua vita un sacrificio perfetto al Padre; dobbiamo anche noi vivere obbedienti a Dio e così tutta la nostra vita sarà un sacrificio gradito a Dio. Nella Messa noi offriamo il sacrificio di Gesù, che lo Spirito Santo rende presente nel pane e nel vino consacrati, ed esso diventa anche il nostro sacrificio, se ascoltiamo la Parola di Dio, che ci rivela la volontà di Dio, e gli diciamo: “Voglio fare la tua volontà”; se offriamo il pane e il vino come segno di questa nostra offerta; se ci nutriamo di questo pane e vino, trasformati nel Corpo e Sangue di Gesù, e accogliamo da essi la forza per vivere secondo l'impegno preso. (b) S. Paolo esorta i lettori a vivere il sacrificio, guardandosi dalla mentalità e dagli atteggiamenti mondani (2) e lasciandosi trasformare dall'attività dello Spirito, che mette fine al loro modo di pensare e di vivere peccaminoso del periodo precedente (2); agendo così anche noi, capiremo quel che Dio vuole da noi suoi figli (2) e perciò è buono e gradito a Lui, e ben fatto (2). La volontà di Dio deve essere il nostro punto di riferimento, il criterio per distinguere il bene dal male, il giusto dall’ingiusto, il perfetto dall’imperfetto. Se facciamo la volontà di Dio, faremo il bene (2) e diventeremo sacrificio vivente, santo, gradito a Dio (1).
EUCARESTIA. Nella Messa offriamo al Padre il sacrificio di Cristo, sempre graditissimo al Padre; ci uniamo a Gesù nella comunione eucaristica e da lui otteniamo la grazia di vivere la nostra vita nell’adesione piena alla volontà di Dio; così permettiamo a Dio di salvarci. Preghiamo la Vergine SS. e S. Giuseppe, gli Angeli Custodi e i Santi Patroni, perché ce ne ottengano la grazia, come l’hanno avuta loro. (mons. Francesco Spaduzzi)
Altri Temi: 1. La fede è un dono di Dio, che però non esclude la collaborazione umana. Dio ce la dona, ma noi dobbiamo accoglierla e impegnarci ad approfondire la persona di Gesù la sua dottrina e il suo insegnamento, per crescere nella fede fino ala sua maturazione.
2. La fede ci deve portare ad accettare tutto ciò che Gesù ha detto e fatto; ha organizzato fra l’altro la sua comunità in modo gerarchico, per cui la Chiesa ha Gesù come Capo invisibile e Pietro come capo visibile; i vescovi come successori degli Apostoli; i sacerdoti e diaconi come loro collaboratori; ci sono i fedeli con i carismi, che lo Spirito dona loro per il servizio della Chiesa.
3. Stare nella Chiesa, come l’ha voluta Gesù, significa essere sicuri di avere la retta fede e la morale secondo la volontà di Dio e di camminare sulla via della salvezza.
4. Una buona conoscenza dell’AT aiuta a capire anche il NT, perché questo affonda in esso le sue radici e anche il linguaggio ne risente moltissimo, senza nulla togliere alla novità del NT.
5. La potenza, la sapienza e la bontà di Dio sono infinite; possiamo pensare a esse, meditarle come appaiono dalla S. Scrittura, dalle sue Parole e dai fatti che vi si riportano, ma non riusciremo mai a capirle pienamente. Qualcosa capiremo e gusteremo, ma nessuna creatura intelligente potrà mai esaurire la conoscenza di Dio né in questo mondo né nell’eternità.