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Tempo Ordinario: Domenica VII dell’Anno A

Nota introduttiva: L’omelia va preparata dal pastore dei fedeli, ai quali essa è rivolta, perché deve tener conto della Parola di Dio, del tempo liturgico e delle condizioni e bisogni dei fedeli; questa, che segue, potrebbe essere un’omelia rivolta a un uditorio di fedeli sconosciuti, perché tiene conto solo dei primi due elementi. Alla fine sono suggeriti altri temi possibili da sviluppare. Sono graditi suggerimenti per rendere più utili queste riflessioni (mons. Francesco Spaduzzi, francescospaduzzi@gmail.com)   

Tempo Ordinario: Domenica VII  dell’Anno A

Introduzione. Nel Levitico Dio vuole la santità con la pratica dell’amore al prossimo; Gesù conferma e porta alla perfezione alcune indicazioni dell’AT sull’amore fraterno; Paolo ci avverte che siamo santi se Dio abita in noi e se evitiamo la sapienza mondana e seguiamo quella divina.

I - Levitico 29,1-2.17-18 - (a) Mosè (1) comunica agli Ebrei che Dio li vuole santi, perché è santo Lui, il loro Dio Yahweh: “Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo (2): così mostreranno il loro amore verso Dio. L'amore crea unione; ma l'unione non si realizza se Dio è santo e il popolo non lo è. Motivi per diventare santi: Dio ha creato l’uomo a sua somiglianza (Gn 1,26), e quindi vuole riprodurre in lui la Sua santità; Dio liberò gli Ebrei dall’Egitto per farlo suo popolo e proprietà. In Dio non c’è male ed Egli è il bene; così deve essere ogni uomo, che ama Dio. (b) E’ santo chi pratica l'amore verso il prossimo (18 ma amerai il tuo prossimo come te stesso); perciò occorre evitare odio (17) o rancore (18), che sono all'origine delle vendette (18), e anche rimproverare il fratello per i suoi peccati per non diventarne corresponsabile (17). Per fare bene la correzione fraterna, occorre avere sulla persona una certa autorità, almeno morale, e fondata speranza che l’accetterà e farla con garbo. “Amare il prossimo come se stessi” è definita la regola d’oro; si esprime in termini negativi: “Non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te” e in termini positivi: Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro (Mt 7,12; cfr. Lc 6,31). Ma Gesù ci invita ad andare ben oltre la regola d’oro, perché ci chiede di amare tutti - e anche i nemici – come Lui ha amato noi: Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati (Gv 15,12); questo criterio fa apparire subito come il desiderio di possesso e la gelosia sono segni di fragilità psicologica e di incapacità di amare.

II - Matteo 5,38-48  - 1. Gesù continua a sottolineare le differenze fra le leggi dell'AT e le sue. Nell'AT valeva il principio: Occhio per occhio dente per dente, la legge del taglione (39; cfr Es 21,24), che si trova anche nel Codice di Hammurabi (circa 1800 a.C.); già era un principio di equilibrio, perché imponeva che la riparazione coincidesse col danno arrecato, e non con l'ira o la prepotenza dell'offeso: Lamec pretendeva una riparazione 77 volte superiore (Gn 4,24)! Gesù la rifiuta e lo spiega con 4 esempi. Egli raccomanda (a) di non vendicarsi di chi ci fa del male (39) e di porgere la guancia sinistra a chi colpisce la destra (39); (b) di lasciare anche il mantello a chi ci vuol intentare causa per la camicia (40); (c) di accompagnare per 2 km chi ci vuole obbligare a farne uno (41); (d) di dare e prestare senza limiti a chi chiede (42). Certo Gesù parla con paradossi e non va preso alla lettera; ma il cristiano, leso nei suoi diritti, deve comportarsi in modo nuovo rispetto all'AT; Gesù vuol che non rispondiamo al male col male - cosa che creerebbe due cattivi invece di uno – e reagiamo col bene al male; certo neanche Gesù ha offerto l’altra guancia davanti ad Anna (Gv 18,22-23) e neanche Paolo davanti al Sinedrio (At 23,1-3). La carità può obbligare a subire un'ingiustizia senza protestare, ma non è la via normale; la legge evangelica non cancella i rapporti e neanche le leggi giuste dello Stato, che regolano i rapporti, però Gesù insegna qualcosa che è più alto della semplice giustizia. A volte è necessario rivendicare i propri diritti e sarebbe addirittura peccato non farlo; p. es. è sbagliato prestare e dare a tutti tutto quello che chiedono: a un alcolizzato o tossicodipendente bisogna rifiutare i soldi, perché se ne serve per la droga o l’alcool; se chiede soldi per mangiare, bisogna dargli il cibo. L’amore deve essere dato senza limiti a tutti, ma le espressioni dell’amore vanno regolate, tenendo conto delle situazioni concrete.

 2. Anche l’ultima antitesi riguarda l'amore al prossimo. Nell'AT era comandato l'amore al prossimo (43 Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimocfr. Lv 19,18), ma non l'odio dei nemici (43), anche se ci sono testi, che ordinano di tenersi lontano dagli altri popoli, perché potevano trascinare all'idolatria, e altri testi, che sono duri verso i nemici degli ebrei (Sal 137,8-9; 139,21-22); questi ritenevano “prossimo” solo quelli del proprio popolo. Gesù ordina invece l'amore e la preghiera per i nemici e i persecutori: Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano (44), e dà due motivazioni: (a) per poter essere veramente figli di Dio, Padre di tutti gli uomini, che dona sole e pioggia senza fare differenza fra amici e nemici (45); (b) per poter meritare la ricompensa dal Padre Celeste, che la rifiuta a chi si limita a ricambiare l’amore ricevuto e a salutare i fratelli carnali, come fanno i peccatori (46) e i pagani (47). Il nostro modello di comportamento deve essere il Padre Celeste, che è perfetto: Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste (48; cfr. Lc 6,36), e anche Gesù, che ha pregato per i persecutori sulla croce (Lc 23,34) e ha beneficato i nemici (Lc 22,49-51), morendo anche per loro. L'amore al prossimo, che Dio ci propone in Gesù, è veramente divino e ci solleva all'altezza della nostra dignità di Suoi figli: rendere male per bene è diabolico - e ogni peccato è rendere male a Dio che ci vuole bene e ci fa il bene -; rendere bene per bene è umano – è spontaneo in chi ha un minimo di equilibrio psicologico -; rendere bene per male è proprio di Dio: del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, come ci rivela la storia della salvezza. Con le nostre forze mai ci riusciremmo, ma tutto è possibile con la grazia di Dio.

III - 1Corinzi 3,16-23 – (a) Nell’AT Dio abita in mezzo al Popolo ebreo (Lv 26,12), già prima della costruzione del Tempio di Gerusalemme e dopo la sua distruzione. Il Popolo e il Tempio partecipano della santità di Dio e chi li profana attira la Sua ira e i castighi. Paolo ricorda ai fedeli di Corinto che essi sono il Tempio di Dio, dove abita lo Spirito (16 Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?); anche Gesù insegna che è presente in mezzo a coloro che sono riuniti nel suo nome (Mt 18,20). Chi profana tale Tempio di Dio (17) attira i castighi, fino alla propria distruzione (17). Dio già punisce i Corinzi per le loro divisioni e per i disordini nella celebrazione eucaristica (1Cor 11,20-34). Anche noi stiamo attenti a non seminare errori e divisioni nelle comunità e nella Chiesa e a tenere lontani chi li fomenta: il Signore se ne dispiace molto e punisce. (b) Paolo raccomanda anche di non insuperbirsi per la sapienza mondana (18), perché Dio la rifiuta (19). La cultura è buona ma la sapienza mondana è un modo di pensare e vivere, che esclude Dio e i suoi insegnamenti: per es. Gesù proclama beati i distaccati dai beni materiali; il mondo afferma l’opposto. Dio fa cadere i sapienti (mondani) nella trappola della loro astuzia (19cfr. Gb 5,13) e valuta zero i loro pensieri (20; cfr. Sal 94,11); perciò è preferibile apparire pazzi ai mondani, pur di condividere la mentalità di Dio (18), e non vantarsi di maestri umani (21), ma a solo di Dio, perché tutto Gli appartiene: Paolo, Apollo, Cefa, il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro (22); e quindi tutto appartiene ai Corinzi ed è al loro servizio: tutto è vostro!; (22; cfr. 21) ma essi appartengono a Cristo e Cristo al Padre (23). Stiamo attenti a non lasciarci guidare dalla mentalità mondana nella nostra vita e nelle nostre scelte: cresciamo nella fede e nella carità, che ci rendono partecipi del modo di pensare e di amare di Dio.

EUCARESTIAEssa è fatta dalla Chiesa e fa la Chiesa. Nella Messa ascoltiamo la Parola di Dio, che ci rende partecipi del modo di pensare di Dio, e ci uniamo a Gesù Eucarestia, che trasforma la nostra vita secondo il suo modo di vivere: non possiamo aspettarci di più e di meglio per pensare e vivere da sapienti secondo Dio. Preghiamo Maria, Sede della Sapienza, e S. Giuseppe, i nostri Angeli Custodi e i Santi Patroni e i Santi di oggi, che ci ottengano di essere sapienti in tutto come loro. (mons. Francesco Spaduzzi)

Altri Temi: 1. Noi siamo Tempio vivente di Dio. Dobbiamo rispettare la chiesa – edificio, ma molto di più il nostro corpo e la nostra anima, consacrati nel battesimo alla Trinità.

2. La santità è la vocazione di ogni uomo e specie di ogni battezzato. Quest’ultimo ha a disposizione un’infinità di mezzi per accogliere la santità, che Dio vuole comunicargli: essa consiste nel fare la volontà di Dio, che si esprime  nei due precetti dell’amore a Lui e al prossimo,

3. Grandissima insidia per la santità è la sapienza mondana, che esclude Dio e la sua Parola dalla vita quotidiana, e la sapienza “carnale”, che usa il piacere o l’egoismo come criterio per le scelte nella vita quotidiana: credo in chiesa, mi comporto da pagano nel resto della vita.

4. Amare il prossimo come ci ha amati Gesù, fino al dono della vita, è  il segno che siamo suoi veri discepoli: solo Lui può darci la forza di seguirne l’esempio.                          

 5.  Amare Dio e il prossimo è sorgente inesauribile di gioia, perché ci fa fare esperienza della vita stessa di Dio, Padre Figlio Spirito, che è Amore (1Gv 4,8.16), sempre impegnati ad amarsi fra di loro e ad amare le loro creature.  

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