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Il Duca e il Cortigiano di Luciana Benotto

Recensione a cura di Manuela Moschin

Esprimere la mia stima per la scrittrice Luciana Benotto risulta ogni volta un onore e un piacere. Avendo letto e recensito tutti i suoi libri, non mi rimane che confermare le sue doti di eccellente narratrice. Con il romanzo storico Il Duca e il Cortigiano ero certa di imbattermi in qualcosa di estremamente interessante e qualitativamente magistrale. D’altronde Luciana, laureata in lettere moderne, oltre ad aver insegnato materie come italiano e storia in una scuola superiore, dimostra sempre un’elevata formazione culturale, le cui ricerche storiche, artistiche, letterarie e l’uso di citazioni che declamano la letteratura del passato arricchiscono i suoi romanzi in modo lodevole. Per questo motivo la considero un’autrice completa dotata di competenze che abbracciano diverse discipline umanistiche. A tal proposito vi consiglio di leggere anche i due romanzi storici dedicati alla pittrice Sofonisba Anguissola, poiché li ritengo capolavori della letteratura, in quanto, assieme ai libri Il Duca e il Cortigiano e A bon droit, sono il frutto di lunghe ricerche e studi approfonditi, la cui ricostruzione storica è sempre fedele. Prima e durante la stesura di ogni romanzo, Luciana si reca di persona nei luoghi legati alle vicende raccontate, una strategia che accresce la veridicità storica e l’unicità del testo. Il lessico utilizzato nei dialoghi tra i protagonisti, gli ambienti, le movenze consone al periodo rinascimentale illustrato, hanno la capacità di riportare il lettore indietro nel tempo. Nei libri di Luciana si parla di arte, letteratura, mitologia, poesia, storia in una miscellanea di eventi ben coordinati tra loro: «Il minuscolo corteo, una volta entrato in città, seguì la strada che in discesa passava dinanzi la casa di Raffaello, un edificio a due piani in mattoni rossi poco otre il quale sorgeva la chiesa romanico-gotica di San Francesco con il suo svettante campanile a bifore. Lì Guidobaldo si girò vero la facciata e accennò un saluto ossequioso con il capo; vi riposavano le spoglie di Giovanni Santi, padre del geniale pittore, il quale quattordici anni prima aveva dedicato al giovanissimo duca e a Elisabetta Gonzaga, in occasione delle loro nozze, un’opera letteraria intitolata la Chronaca rimata, in cui esprimeva giudizi su artisti a lui contemporanei, tra cui il Perugino, per il quale aveva coniato l’appellativo di divin pittore».

Il romanzo è ambientato nel 1499 durante il periodo rinascimentale, dove i protagonisti sono il duca Guidobaldo da Montefeltro e don Ferrante d’Aragona, i quali a seguito delle invasioni di Cesare Borgia, detto il Valentino, figlio del pontefice Alessandro VI, furono costretti a fuggire chiedendo dapprima protezione alla ceramista Aura Middelburg che li ospitò nella sua casa. Non lascia indifferenti nemmeno la storia compassionevole di Penelope, una giovane che si ritrova vittima di una situazione tragica. Infine da veneziana ho apprezzato naturalmente anche la parte dove i protagonisti soggiornano a Venezia: «Mentre Aura e Ferrante trascorrevano un febbraio e un marzo meravigliosi, rendendo anche un po’ meno triste la vita veneziana dei Montefeltro con i quali passavano ore serene vivendo insieme a essi il fascinoso carnevale lagunare, Cesare Borgia, dopo essere guarito da un malanno che lo aveva messo a letto ad Acquapendente, una cittadina del viterbese, il 26 luglio di quel mese era tornato a Roma dove lo attendeva il papa suo padre».

Non manca mai nei suoi scritti una prosa poetica alquanto suggestiva, che invita a immergersi nel meraviglioso mondo della lettura. Complimenti Luciana, ti leggo sempre con tanto interesse e ammirazione.

 

 

 

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