Tempo Ordinario: Domenica 22.ma dell'Anno C
Nota introduttiva: Non si tratta di “omelia”, ma di riflessioni che vengono dalla meditazione della Parola di Dio e che possono offrire spunti per la preghiera personale e l’omelia. Sono graditi suggerimenti per rendere più utili queste riflessioni
mons. Francesco Spaduzzi
Tempo Ordinario: Domenica 22.ma dell'Anno C
I - Luca 14,1.7-14 - Un sabato Gesù è invitato a pranzo a casa di uno dei capi dei farisei (1 Un sabato si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare) e ce n'erano alcuni che lo osservavano (1 ed essi stavano a osservarlo) per poterlo attaccare. Gesù nota che tanti fanno a gara per occupare i primi posti (7 notando come sceglievano i primi posti), per apparire importanti, e racconta loro una parabola (7 Diceva agli invitati una parabola), nella quale si parla di una festa di nozze (8 Quando sei invitato a nozze da qualcuno); Gesù consiglia di non occupare il primo posto per evitare il rischio che arrivi qualcuno più importante (9 non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te) e il padrone gli ordini di cedergli il primo posto (9 e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cedigli il posto!”); ciò sarebbe un disonore per lui che dovrà cedere il posto e accontentarsi dell'ultimo libero (9 Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto). Gesù suggerisce di occupare l'ultimo posto e così, quando verrà il padrone, questi lo inviterà a occupare un posto più importante (10 Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”) e ne avrà onore davanti a tutti (10 Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali). Gesù non intende insegnare una regola del galateo o una furberia per ottenere la soddisfazione di essere innalzato davanti agli uomini; Egli vuole piuttosto insegnare che si va al banchetto per mangiare, per nutrire il proprio corpo, per socializzare con gli altri, e non per alimentare il proprio senso di superiorità, cosa che Dio condanna su tutta la linea e in tutte le sue manifestazioni. (b) Perciò Gesù conclude con l’affermazione sulla necessità di essere umili: Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato (11), cioè chi abbassa se stesso sarà innalzato da Dio e chi si eleva al di sopra degli altri (superbo da super) sarà umiliato (umile da humus, gettato a terra). Sono umile se riconosco che tutto il bene che ho viene da Dio e tutto il male che ho proviene dai miei difetti e peccati, e quindi viene da me. Perciò non posso farmi grande davanti a Dio né sentirmi superiore agli altri per i doni che Dio mi dà, perché sono Suoi e non miei: non vengono dalle mie capacità. Non posso considerare inferiore a me chi non ha i miei doni, perché ne ha sicuramente altri, che io non ho e che sono doni di Dio, che li distribuisce come vuole. Circa il male che io e gli altri facciamo, non posso sentirmi migliore o meno cattivo degli altri, perché io conosco il mio grado di responsabilità e colpevolezza e quindi giustamente devo attribuirlo a me stesso; ma non conosco il grado di coscienza e colpevolezza degli altri, che è noto solo a Dio, che mi proibisce di giudicare. Così, in sintesi, non posso giudicarmi e sentirmi superiore agli altri per il bene che Dio mette in me, perché è suo dono, e devo sentirmi e giudicarmi inferiore agli altri, per il male che faccio, nonostante il male che fanno anche loro, perché non ne conosco il grado di colpevolezza e quindi non ho diritto di giudicarlo. Quanto deve essere gradita a Dio l’umiltà, se persino Gesù e Maria si fecero umili!
2. Gesù raccomanda la carità nell'invitare ai banchetti. Egli esorta colui che l'ha invitato al banchetto a non invitare fratelli, parenti, amici, ricchi vicini, con la speranza di avere il ricambio (12 Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio); inviti invece (13 Al contrario, quando offri un banchetto, invita) poveri, storpi, zoppi, ciechi (13), che non possono dare il contraccambio (14 e sarai beato perché non hanno da ricambiarti). Così sarà beato presso Dio, che gli darà la Sua ricompensa, un ricambio molto migliore, che è la resurrezione gloriosa dei giusti (14 Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti) alla fine del mondo. Gesù non dice di non invitare mai i parenti e gli amici: egli raccomanda l'amore per tutti e anche per i nemici; certamente vuole che ci teniamo ai vincoli di parentela e all’amicizia e mostriamo loro con segni concreti il nostro amore. Ma Gesù vuole insegnarci a praticare la carità, le opere dei misericordia, per motivazioni soprannaturali esplicite. Alcuni soccorrono i bisognosi, perché vogliono farsi vedere: è una vergogna; altri li assistono, perché stanno male nel vedere soffrire gli altri e lo fanno per non sentirsi loro a disagio: è egoismo; altri aiutano perché provano compassione e vogliono alleggerire la sofferenza del prossimo: rivelano sensibilità umana; altri soccorrono perché vedono l'immagine di Dio e la presenza di Cristo nel bisognoso e vogliono amarlo come si sono sentiti amati da Gesù. La terza e la quarta motivazione sono buone ma solo l’ultima ottiene la ricompensa piena da Dio. Queste idee dobbiamo alimentare in noi.
II - Siracide 3,19-20.28-29 – (a) L’Autore ci parla del mite (17 Figlio, compi le tue opere con mitezza; 19 ma ai miti Dio rivela i suoi segreti) in parallelismo con l'umile (18 tanto più fatti umile; 20 e dagli umili egli è glorificato): questo rivela che i due concetti sono affini, se non proprio intercambiabili. Chi compie le opere con mitezza (17), cioè è mite di cuore e nel comportamento, e chi è umile di cuore (18) e nelle azioni, specie se è in posizione elevata (18 Quanto più sei grande), sarà amato dagli altri più di quanto lo sia un uomo generoso (17 e sarai amato più di un uomo generoso), e inoltre sarà gradito a Dio (18 e troverai grazia davanti al Signore) – ne godrà i favori - e darà gloria a Lui (20 e dagli umili egli è glorificato), che è l’onnipotente (20 Perché grande è la potenza del Signore); Dio lo renderà anche partecipe dei suoi segreti (19 ma ai miti Dio rivela i suoi segreti). Rovinosa invece è la condizione del superbo – e ce ne sono tanti (19 Molti sono gli uomini orgogliosi e superbi) -, perché è difficile trovare un rimedio a questa sua malattia spirituale e psicologica, in quanto il male è radicato nella sua mente e nel suo cuore (28 Per la misera condizione del superbo non c’è rimedio, perché in lui è radicata la pianta del male); ovviamente l'aiuto può venire da Dio, che lo offre a tutti per le vie che egli ritiene più utili, ma sempre il mezzo principale resta l'ascolto e la meditazione della sua Parola; utilissime sono le parabole, che illuminano con luce progressivamente più intensa e perciò fanno accettare più facilmente la verità rispetto alla luce totale, che potrebbe abbagliare. La Parola di Dio ci rende sapienti, perché ci fa partecipi della Sapienza infinita di Dio (29 Il cuore sapiente medita le parabole, un orecchio attento è quanto desidera il saggio). (b) Gesù si presenta come mite e umile di Cuore (Mt 11,29) e tanto povero da non avere dove posare il capo (Mt 8,20); egli proclama la beatitudine della povertà (Mt 5,3) e della mitezza (Mt 5,5) e invita a imparare da lui quest’ultima virtù (Mt 11,29) e l’umiltà e tutte le altre. In ebraico anaw (=povero), e ‘anì (=mite), si assomigliano nel suono e si avvicinano nell’idea e la cosiddetta Bibbia dei 70 traduce anawim (=poveri) con praeis (=miti), quasi che i due termini siano scambiabili; inoltre “il concetto biblico di povertà è affine a quello di umiltà” (A. Poppi). La conclusione è che solo il povero di spirito è anche mite e umile e viceversa. In Gesù e in Maria si trovano in pienezza tutte le virtù e anche queste, che dobbiamo contemplare e imitare.
III - Ebrei 12,18-19.22-24a - Gli Ebrei usciti dall'Egitto si avvicinarono a un monte visibile e tangibile, sul quale c'era fuoco ardente e oscurità, tenebre e tempesta (cfr.18 Voi infatti non vi siete avvicinati a qualcosa di tangibile né a un fuoco ardente né a oscurità, tenebra e tempesta); c'erano suoni e rumori che atterrivano: squilli rimbombanti di tromba e suoni fortissimi di parole che fecero chiedere ai presenti che Dio rivolgesse loro la sua Parola solo attraverso Mosè (cfr. 19 né a squillo di tromba e a suono di parole, mentre quelli che lo udivano scongiuravano Dio di non rivolgere più a loro la parola),. L'Antica Alleanza fu realizzata in questo modo per affermare l'infinità grandezza di Dio, cosa che doveva aiutare gli Ebrei a impegnarsi nella fedeltà, che purtroppo non avvenne. (b) Opposto è il clima della nuova Alleanza: ci si accosta al monte Sion (22 Voi invece vi siete accostati al monte Sion), e non al Sinai, ma neanche alla Gerusalemme terrena, bensì a quella celeste, che è la città di Dio vivente (22 alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste), all’assemblea festosa del Paradiso, che è costituita dagli Angeli (22 e a migliaia di angeli, all’adunanza festosa) e dai primogeniti, i cui nomi sono già scritti in Cielo (23 e all’assemblea dei primogeniti i cui nomi sono scritti nei cieli), e dagli spiriti dei giusti, resi perfetti da Dio (23 e agli spiriti dei giusti resi perfetti); ci si accosta a Dio, giudice universale (23 al Dio giudice di tutti) e a Gesù, mediatore della nuova ed eterna Alleanza (24 a Gesù, mediatore dell’alleanza nuova), il cui sangue chiede e ottiene il perdono e la purificazione, a differenza di quello di Abele, che invocava vendetta (24 e al sangue purificatore, che è più eloquente di quello di Abele). Non tutte le singole espressioni sono chiare e non vengono interpretate allo stesso modo; comunque è certo che l'antica Alleanza rivelava la grandezza di Dio e la sua infinità superiorità sugli uomini, pur richiamando il suo amore per l’uomo; invece la nuova Alleanza ci presenta un Dio vicino e amante e amabile, ma afferma anche che egli è giudice, e quindi escluderà dalla salvezza coloro che rifiutano di credere in Gesù, mediatore di questa nuova Alleanza, realizzata nel Sangue di Cristo e rinnovata in ogni Eucaristia. E noi, la viviamo questa alleanza?
EUCARISTIA. Dio istituì la nuova ed eterna alleanza col sacrificio di Gesù, che dura tutta la sua vita e trova il suo vertice nell’obbedienza di Gesù fino alla morte di croce; così Dio offre a tutti gli uomini la salvezza, ma ne “approfittano” solo quelli che aderiscono a Cristo con fede e carità. Raccomandiamoci alla Vergine SS. e a S. Giuseppe, agli Angeli Custodi e ai Santi Patroni, perché ci ottengano fra quelli vivono uniti a Cristo e muoiono nel suo amore.