Pandemia ed economia in rima.
Al suo esordio ci siamo sentiti tutti eguali di fronte alla minaccia, l’unica possibilità di resistere era ubbidendo all’imperativo “stare a casa”. Di colpo bloccati, messi al palo, nel senso di non avere la possibilità di andare avanti, ma neanche di tornare indietro. Ci siamo ritrovati con più o meno piacere, a vivere forzatamente secondo i cluster familiari. Di fatto, alla cultura imperante della efficienza e giovinezza del periodo pre covid si è imposta la consapevolezza che siamo mortali. Persino Il valore delle cose ha subito un mutamento inaspettato. Questa situazione straordinaria vissuta e sentita nei modi più svariati, prigionia o solitudine, ritorno al passato, vita surreale, a seconda degli stati d’animo, ha messo in standby le annose faccende italiane. “Il fuoco sotto la cenere”. Per circa tre mesi non si è parlato d'altro, covid19, bollettini dei contagi, pareri dei virologi. Abbiamo familiarizzato con la terminologia del campo medico scientifico, virus, tamponi, contagio, diffusione, sintomi, cura, dispositivi sanitari, distanziamento sociale, e se da un lato si è pensato di arginare la diffusione del virus, in campo economico, sono state messe in atto delle misure urgenti per tamponare la ridotta produttività del sistema Italia. Tutti abbiamo familiarizzato con cassa integrazione, bonus, congedi parentali, sostegni alle famiglie ed imprese, liquidità, reddito d’emergenza. Un gran lavoro per i governanti, una grande aspettativa per gli italiani, un enorme lavoro di mediazione dei professionisti. Ed eccoci nella fase di riapertura, in prima battuta tutti moralmente giù, poi subito alle prese con la sanificazione e adeguandoci per il rispetto delle misure di sicurezza. Ad ogni tempesta che attraversiamo nella nostra fragile vita, ci giochiamo la speranza di uscirne migliori, rinnovati, come da buona tradizione per un paese cattolico come il nostro, ed è con questo spirito che stiamo affrontando tutti la ripartenza. E’ bastato tirare un breve sospiro di sollievo, che è coinciso con la fine del lockdown, che i mali atavici, sembrano tornare tutti a galla. Gli anticorpi contro questi mali probabilmente ancora non li abbiamo sviluppati. E mentre il Governo sta facendo il mea culpa per i ritardi e le inefficienze della macchina statale, nelle more del rilancio e ripartenza, in queste insolite ore, individua i punti strategici per RISANARE IL PAESE! Tutte le annose questioni troveranno la cura con l’immissione di Euro a pioggia e avremo così: investimenti pubblici, grandi infrastrutture, sburocratizzazione, riforma fiscale, digitalizzazione, persino un approccio diverso delle responsabilità dei funzionari pubblici. Dopo aver portato sul tavolo tutte le problematiche che da anni tartassano le nostre orecchie, si accenna alla riforma del Codice civile e al potenziamento dei controlli. C’è già sentore di affari! Dietro i fondi a pioggia già chissà chi, pronto ad impastarsi le mani! D’altronde chi conserva un tantino di memoria potrebbe facilmente capire che dietro ogni finanziamento pubblico si cela spesso il malaffare e l’impunibilità di chi lo compie. Non sarà la carenza di giustizia, il grosso buco nero della nostra cara e bella Italia? Chi ricorda gli effetti della famosa Legge 219/80 post terremoto irpino, o le 488 degli anni 90 che elargivano contributi a fondo perduto! Dopo i provvedimenti normativi, le elargizioni a destra e a manca, avremo i giusti controllori, o semplicemente ci sarà più giustizia collettiva? Il futuro del paese, di cui Conte parla, dipenderà da quanto il governo sarà in grado di garantire concretamente l’efficienza della giustizia. La certezza del diritto passa non solo attraverso un corpo di leggi rinnovato, ma tramite la sanificazione della magistratura e dei suoi meccanismi di autonomia, la eliminazione dell’ingerenza della politica e delle criminalità. In breve, sanare l’Italia dal vizio atavico della corruzione! Riusciremo insieme a debellare questo virus o resterà una malattia endemica?
MDR