LUSTRI Cultura in dies, eventi culturali a Solofra
Sabato 11 febbraio, auditorium Asi di Solofra, “Polvere”, di e con Saverio La Ruina
A Lustri Cultura in Dies, eventi culturali a Solofra organizzati dal Comune e dall’Accademia Teatro Città di Solofra con Hypokritès Teatro Studio e la direzione artistica di Enzo Marangelo, arriva uno dei testi drammaturgici più forti e sconvolgenti delle ultime due stagioni teatrali. Uno spettacolo che ha fatto il giro dei maggiori teatri italiani, riscuotendo ovunque consensi unanimi di critica e di pubblico. Sabato 11 febbraio, alle 21, presso l’auditorium del Centro Asi di Solofra, sarà rappresentato “Polvere”, dell’attore, regista e drammaturgo calabrese Saverio La Ruina. Un testo duro, che scava impietosamente nelle pieghe della violenza quotidiana che caratterizza il rapporto di coppia, violenza che sconfina spesso nell’uccisione della donna. Sul palco, lo stesso La Ruina e Cecilia Foti, protagonisti di superbe prove attoriali, che hanno attirato su “Polvere” una gran messe di riconoscimenti: Premio Lo Straniero 2015; Premio Enriquez 2015 alla Drammaturgia; Premio Enriquez 2015 Miglior Attore; Premio Annibale Ruccello 2015 alla drammaturgia.
“Polvere” è una produzione di “Scena Verticale”, la compagnia di La Ruina, in collaborazione con il Comune di Castrovillari, in provincia di Cosenza. Alla drammaturgia ha collaborato Jo Lattari, nella prima edizione dello spettacolo anche coprotagonista. Le musiche originali sono di Gianfranco De Franco, il disegno luci di Dario De Luca, che ha contribuito anche alla messinscena, l’audio e le luci sono curati da Mario Giordano, la realizzazione del quadro da Ivan Donato. Cecilia Foti, oltre a svolgere il ruolo di coprotagonista, assiste anche La Ruina nella regia teatrale.
“Le botte sono la parte più fisica del rapporto violento di coppia; l’uccisione della donna la parte conclusiva – scrive La Ruina nelle note di regia, riprendendo le parole di una operatrice di un centro antiviolenza. – Ma c’è un prima, immateriale, impalpabile, polvere evanescente che si solleva piano intorno alla donna, la circonda, la avvolge, ne mina le certezze, ne annienta la forza, il coraggio, spegne il sorriso e la capacità di sognare. Una polvere opaca che confonde, fatta di parole che umiliano e feriscono, di piccoli sgarbi, di riconoscimenti mancati, di affetto sbrigativo, talvolta brusco”.
Di Polvere hanno scritto i maggiori critici teatrali italiani. Per Masolino D’Amico, “sono 70’ in un crescendo di angoscia, con la terrificante interpretazione di La Ruina ben sostenuta dai silenzi di Cecilia Foti”. Per Enrico Fiore, “uno spettacolo ad un tempo intelligente, illuminante e coinvolgente”. “Una drammaturgia intensa, dialoghi spietati e reali, parole che feriscono apposta per aiutarci a comprendere che anche la “polvere”, benché immateriale e impalpabile, uccide” secondo Fulvio Fulvi. Una “gran botta allo stomaco, forse anche alle gonadi” per Roberto Barbolini. Ha scritto Renato Palazzi: “Fa un certo effetto vedere Saverio La Ruina non più nei panni dimessi della donna calabrese vittima di retrive sopraffazioni maschiliste – il ruolo che in questi anni gli ha fruttato premi e consensi – ma inopinatamente passato al fronte opposto, quello del maschio che tormenta e opprime. Fa un certo effetto che un uomo ritenuto fra i più dolci e gentili del teatro italiano riesca a esprimere una ferocia interiore da mettere i brividi. Fa parte del mestiere, si dirà: ma la discesa nei recessi di una mente disturbata che compie in questo caso sembra andare ben oltre il suo notevole exploit interpretativo. Se all’attore-autore poteva essere imputata la scelta di non deviare da una sua strada ormai sicura lui stavolta ribalta ogni prospettiva: aveva portato a perfezione le tecniche del monologo? Ora punta su un dialogo scarno, serrato, in cui lascia ampio spazio alla sua compagna di scena. Aveva creato dei testi di forte spessore emotivo? Ora ha composto una partitura di stati d’animo che ha la gelida oggettività di un referto psichiatrico. Aveva usato l’arcaica potenza del dialetto? Ora si serve di un italiano secco, eco di un contesto asetticamente borghese. Polvere non vuole rappresentare una storia dotata di senso compiuto. Anzi, questa storia per certi versi la azzera, la scavalca per porre in luce un puro schema comportamentale, una sorta di gelido diagramma dei rapporti di potere all’interno della coppia, analizzato come in vitro, e quasi con distacco scientifico”.
Ufficio Stampa
Piera Carlomagno