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Calcio, società e danaro ... Napoli ... tifosi delusi.

Ogni estate trascorre con il refrain del calciomercato, per cui i tifosi di tutte le squadre italiane passano intere ore delle loro giornate di vacanza per conoscere informazioni in merito all’acquisto della punta piuttosto che del centrocampista o del centrale di difesa. 
Quello del calciomercato è divenuto uno sport nello sport, per cui tutte le televisioni, sia pubbliche che private, dedicano molti momenti della programmazione estiva ad un simile evento, che catalizza gli interessi di sportivi, grandi e piccoli. 
Dai flussi del calciomercato si intuisce, in primis, la forza economica del nostro principale sport, visto che le cifre, che ballano sui tavoli del calciomercato, sono spesso nell’ordine di svariati milioni di euro, in particolare se si parla dei più importanti sodalizi della Serie A. 
Peraltro, questo è danaro destinato a finanziare l’intero movimento sportivo non solo calcistico, ma anche il gettito fiscale, visto che i sodalizi devono ingenti percentuali allo Stato sul plusvalore, che realizzano vendendo il campione di turno. 
È noto che lo sport principale degli Italiani, attraverso il sistema perequativo del CONI, finanzia tutti gli altri sport, per cui, se si dovesse fermare il calcio, si fermerebbero di conseguenza anche quelle discipline povere, che sono protagoniste, ad esempio, nei Giochi Olimpionici in pieno svolgimento in Brasile. 
È, altrettanto, vero però che, sovente, le cifre, che vengono riportate dai giornali, sono virtuali, dal momento che la valutazione data ad un calciatore viene corrisposta anche con lo scambio di atleti, per cui le società fissano un valore teorico di scambio, che non corrisponde all’effettiva transazione monetaria. 
Comunque, non si può negare che immaginare come possa giocare il proprio club nel successivo campionato accende le passioni dei tifosi, che – in funzione degli esiti del calciomercato – decidono di fare l’abbonamento o di realizzare altri piccoli investimenti intorno alla loro passione calcistica. 
Peraltro, non possiamo dimenticare che il mercato dei calciatori tiene in piede la stampa: di cosa parlerebbero i giornali, se non ci fosse da commentare, per intere settimane, la cessione di questo o di quel top player? 
È evidente che un gioco tira l’altro: non si può negare che gli stessi sodalizi sportivi alimentano il calciomercato dei giornali e delle televisioni, visto che ineluttabilmente il passaggio mediatico fa lievitare il prezzo di un calciatore, per cui i giornali – scientemente – partecipano alle sorti finanziarie di questo o quel club. 
Inoltre, non si può non ricordare come il calcio, fenomeno sociale di rilevantissima importanza, muove le passioni di milioni di Italiani, per cui le dimissioni di un Premier o di un Ministro non agitano intere piazze come può farlo la cessione di un beniamino della curva. 
Abbiamo dimenticato, forse, quando Roma venne bloccata perché la società Lazio vendette Signori? 
O, ancora, è notizia di questi giorni la cessione del leader dello spogliatoio del Napoli, che ha determinato le ire dei tifosi partenopei contro il loro Presidente. 
Sono questi fatti importanti, che meritano di essere studiati con gli strumenti della scienza sociologica: si rischia di mettere a soqquadro una città per un campione dello sport e non per una giusta causa politica o sindacale. 
Qualcuno potrebbe dire che gli Italiani sono fatti male, ma – indipendentemente dalle valutazioni soggettive – non si può non prendere atto che, oggi, un calciatore vale molto di più di un artista del passato, nell’immaginario collettivo, e che un Presidente di una società di calcio è in grado di muovere più interessi e passioni di uno statista o di un leader partitico. 
È, proprio, questa l’Italia che vogliamo lasciare in eredità ai nostri figli? 



Rosario Pesce

 

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