G7 a Mirabella, Repubblica inchioda l’Irpinia. E ha ragione
Un articolo pubblicato l’altro ieri dal quotidiano la Repubblica, a firma della giornalista Alessandra Ziniti, ha posto l’accento sui limiti e le contraddizioni delle terre d’Irpinia, che faranno da cornice al prestigioso vertice dei ministri dell’Interno del G7, in programma, come noto, dal 2 al 4 del prossimo ottobre a Mirabella Eclano. Luoghi, sostanzialmente, descritti dalla Ziniti come abbandonati e senza servizi: come darle torto? Non sono tardate ad arrivare le dichiarazioni piccate degli amministratori locali. Polemiche inutili e sterili perché i dati – accessibili a chiunque abbia la buona volontà di informarsi – parlano chiaro.
La provincia di Avellino è il fanalino di coda in Italia per offerta culturale e possibilità di vivere il tempo libero. La sanità pubblica è allo sfascio: chi può permetterselo sceglie di curarsi lontano da casa, al Nord. I trasporti pubblici risultano inadeguati: provare per credere, a raggiungere il capoluogo campano partendo dai borghi dell’entroterra ad esempio. La viabilità è spesso disagevole: l’Ofantina, principale strada di collegamento tra Avellino e i territori dell’Alta Irpinia, è un cantiere infinito. Il lavoro scarseggia e la meritocrazia non esiste. Come accorgersene? Basta inviare un curriculum. A queste latitudini le tutele nel lavoro diventano un optional. Di conseguenza i giovani cercano altrove migliori opportunità.
Sul fronte ambientale, non va meglio. Montagne e natura sono terra di nessuno: le motoseghe “abusive” in aree protette non fanno più rumore; anche il turismo senza regole passa ormai sottotraccia. La qualità dell’aria è tra le peggiori del Centro-Sud per livelli di polveri sottili: c’è un motivo se nella “verde Irpinia” tumori e malattie respiratorie sono in costante aumento? Per non parlare dei servizi di approvvigionamento idrico: nella terra dell’acqua ogni estate manca l’acqua. Oltre il danno la beffa: gli impianti di depurazione della provincia di Avellino presentano croniche criticità che impattano sull’inquinamento dell’ambiente, dei fiumi in particolare.
Ecco un elenco di problemi irrisolti noti da tempo che il presidente della Provincia e i sindaci dei comuni irpini dovrebbero conoscere. Tutti proclamano di voler cambiare tutto, ma concretamente non cambia mai nulla. E i cittadini pagano per servizi inadeguati. Ben venga l’allestimento della vetrina scintillante dei sette grandi della Terra in un contesto sfruttato e spolpato da decenni di malapolitica – basti pensare alla recente inchiesta per corruzione al comune di Avellino –, a patto che non si perda di vista il senso del reale.
Poste alcune premesse per tentare di aprire gli occhi di chi ha gridato allo scandalo leggendo Repubblica, la narrazione del territorio può essere condivisibile o meno. Non v’è dubbio però che nella comunicazione il rispetto reciproco è essenziale. Senza entrare nel merito delle critiche rivolte a Repubblica e alla giornalista Ziniti, “colpevole” di aver fatto il suo lavoro nel rispetto della dignità altrui, è doveroso sottolineare che la libertà di manifestare le proprie idee non include quella di offendere. Gli insulti comparsi sotto i vari post sui social non possono trovare giustificazione.
Ancora più sconcertante è constatare che attraverso il portale istituzionale della Provincia di Avellino sia stato diffuso un comunicato del presidente Rizieri Buonopane in relazione all’articolo di Repubblica. La (buona) comunicazione istituzionale è fondamentale perché riflette l’immagine dell’ente pubblico verso la comunità: la nota, dal sapore pretestuoso e infantile dal punto di vista lessicale, del presidente Buonopane, esprime una cultura patriarcale e sessista. Che ironia sentir dire “asina” (al fine di sminuire l’altra). Naturalmente a perderci è l’intera collettività. Non è accettabile che un ente pubblico contribuisca a sdoganare certi messaggi. Questo modo di amministrare la dice lunga sulle capacità e moralità della classe politica locale. Fare politica è anche dare il buon esempio su come comportarsi in una società civile.
Carmine Pascale