I conciatori ci spiegano perché sono tra l’incudine e il martello
La pandemia e la guerra hanno messo in crisi l’efficienza della logistica globale. La logica del just-in-time si è trasformata in un incubo. E i conciatori si ritrovano tra l’incudine e il martello. Perché, come ci spiegano sul numero 9 de La Conceria (“Il Tempo che Vorremmo Avere”, in distribuzione tra gli abbonati), sta a loro trovare la formula per soddisfare le esigenze dei clienti a valle. E far quadrare difficoltà, lungaggini e aumenti dei costi a monte.
Tra l’incudine e il martello
“Nessuno vuole fare magazzino, nessuno vuole rimanenze, tantomeno anticipare i soldi: tutti aspettano l’ultimo secondo, gli ordini arrivano sempre più tardi”, ci racconta Diodato De Maio (DMD Solofra). Ma registriamo le testimonianze sulla (antipatica) situazione di mercato anche di Franco Dalle Mese (conceria Montebello) e di Gianni Lotta (che dopo una lunga esperienza da manager di un’azienda specializzata nelle pelli esotiche ha lanciato Glam Leather). Non solo. Per fare un passo in più a monte della filiera, abbiamo parlato anche con Livio Pellini della svizzera Ryffel Pelli e con Michele Gallucci di A.M2 Leather.
Un numero su una congiuntura difficile
Lo ha detto anche John Idol, CEO di Capri Holdings. La situazione della supply chain è talmente complessa che i brand hanno dovuto riprogettare tutta la fase di disegno e assortimento dei prodotti. Oltre ai conciatori, su La Conceria n. 9 abbiamo interpellato capitani di imprese che si occupano di prodotto finito (calzaturifici e pelletterie). Abbiamo esplorato, inoltre, la prospettiva dei marchi con Ferrero Rosati, CEO di Factory, Giulio Felloni, presidente di Federmoda Italia Confcommercio, e Thomas Chauvet, analista del settore dei beni di lusso per Citi Investment Research.
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