Baronissi. Dall’acqua in Casa alla casa dell’Acqua
Nel libro della Genesi è scritto: “La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque”. Poi Dio creò l’uomo, il quale creò case, entro le quali furono confinati Dio e pure la Sua acqua.
Sono stato generato, fasciato dalle acque e da esse sono stato nutrito: dal liquido amniotico all’acquasanta, su un flusso continuo di acqua potabile. E tutte avevano una casa: dall’utero alla casa del Signore, tutto il resto era h2o, libera e pura in Natura. Motivo per cui, ringraziare l’Iddio era un atto doveroso, facendo propri i versi francescani: “Laudato si', mi Signore, per sor'acqua, la quale è molto utile et hùmile et pretiosa et casta”. Solo che Dio aveva poi creato l’uomo, il quale aveva un’altra idea di “utile” e “pretiosa”, da non poterla lasciare “humile” e “casta” la nostra “sor’acqua”. E così la sua naturale purezza fu contaminata e umiliata da generazione in generazione. A quel punto, per preservarla e proteggerla, si pensò di costruire scrigni che potessero custodirne la sua castità: e dalle anfore di terracotta alle bottiglie di plastica, dagli acquedotti alle attuali reti idriche il passo fu breve. Fu giocoforza dare all’acqua naturale una casa, o meglio fu portata dentro le case. Ricordo che quando ero ragazzo l’acqua ce l’avevamo in cucina a portata di rubinetto per dissetare le nostre quotidianità. Poi, lentamente s’iniziò a mettere in discussione la sua purezza, a causa dell’abuso di cloro o della presenza di altre sostanze nocive per la salute dell’uomo. Così iniziammo a riempire damigiane direttamente da qualche fonte o fontana pubblica che poteva ancora vantare di essere “humile et casta”. Ma in seguito, anche lì, s’infiltrò qualche diceria dell’untore, e allora fummo indotti a comprarla imbottigliata: quella sì che era “humile” e “casta”!
Una volta maturo e costretto all’indipendenza, mi trasferii nelle valli comasche per lavoro. Fu in quelle lande esotiche che scoprii che l’uomo aveva creato delle case anche per l’acqua potabile. Iniziai, in tal modo, a onorare quel luogo sacro: prima di tutto perché volevo disintossicarmi da quell’overdose di plastica che la mia generazione stava subendo e poi per far quadrare i conti, visto che l’acqua, quella naturale, non si pagava e con cinque centesimi di Euro mi portavo a casa pure un litro di bollicine. Una prassi che continuò fino a quando arrivò il giorno della fine dell’esilio e mi fu concesso di ritornare nella mia amata Valle dell’Irno. Una volta riallacciate le originarie relazioni con la mia terra e la mia gente, appurai che erano state edificate anche ivi case dell’Acqua. Subito ne approfittai, spinto dalle medesime motivazioni. Ma dovetti subito costatare che l’acqua dell’Irno era stata prezzata: cinque centesimi a litro la frizzante, dai tre ai cinque quella liscia.
Tutto era compiuto! Si era passati dall’acqua in casa alla casa dell’acqua: ora anch’essa aveva la sua dimora, come il liquido amniotico e come l’acquasanta, con la sola differenza di pochi spicci.
In fondo, aveva ragione il filosofo greco Talete: “L’acqua è il principio di tutte le cose [che] non sono che acqua condensata” nella sua casa: all’origine Dio era ovunque e “aleggiava sulle acque”, ora Lo abbiamo “condensato” nella dimora del Signore, così “sor’acqua” finirà rinchiusa in una casa tutta per sé, con dei sacerdoti a filtrarla “casta” per noi.
di Gerardo Magliacano