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Tempo Ordinario: Domenica VIII dell'Anno C (2024-25)

  Nota introduttiva: L’omelia va preparata dal pastore dei fedeli, ai quali essa è rivolta, perché deve tener conto della Parola di Dio, del tempo liturgico e delle condizioni e bisogni dei fedeli; questa, che segue, potrebbe essere un’omelia rivolta a un uditorio di fedeli sconosciuti, perché tiene conto solo dei primi due elementi. Alla fine sono suggeriti altri temi possibili da sviluppare. Sono graditi suggerimenti per rendere più utili queste riflessioni (mons. Francesco Spaduzzi, francescospaduzzi@gmail.com)  

Tempo Ordinario: Domenica VIII dell'Anno C (2024-25)

Introduzione. Secondo il Siracide l’uomo si conosce dalle sue parole e opere; Gesù conferma e approfondisce il concetto; Paolo ci ricorda che la nostra vittoria sulla morte è dovuta all’opera redentrice di Cristo e a quella santificatrice dello Spirito.

I -  Siracide 27,4-7 - L'uomo si fa conoscere dalle sue parole; i paragoni che seguono ribadiscono questo concetto:  la parola rivela i pensieri del cuore e i sentimenti alla maniera in cui Il frutto dimostra come è coltivato l’albero (6), se bene o male; ugualmente, quando e dal modo in cui un uomo discute, ne appaiono i difetti e carenze proprio come Quando si scuote un setaccio restano i rifiuti (4), separando i vari elementi del contenuto; parimenti il modo di ragionare manifesta un uomo  proprio come I vasi del ceramista li mette a prova la fornace (5). La conclusione è che dalla parola si vede se una persona vale ed è da stimare e lodare (7) oppure no. Gesù con le sue parole conferma quanto detto due secoli prima dal Siracide, cioè che la bocca esprime ciò che c'è nel cuore della persona (Lc 6,45). Chi ha responsabilità educative (genitori, educatori, insegnanti, pastori, ecc.) anzitutto si concentri sulle proprie parole e azioni per conoscersi, allo scopo di correggere le proprie mancanze e migliorare i propri lati positivi, e poi anche rifletta sulle parole degli altri per conoscerli e aiutarli a correggersi.

II - Luca 6,39-45 - 1. Gesù si rivolge ai suoi discepoli, futuri trasmettitori della Parola e suoi testimoni, che ora Lo ascoltano e Gli credono, e poi manifesteranno in sé gli effetti della sua opera di salvezza e il suo stile di vita. (a) Gesù raccomanda loro anzitutto di diventare competenti nella materia; una volta i libri erano rari e quindi studiare consisteva nell’ascolto e memorizzazione. Chi non poteva fare questo era come un cieco, che guidava un altro cieco. Non cadranno tutti e due in un fosso? (39). Dal Un discepolo ci si aspettava che non fosse più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro (40). Noi, come discepoli di Gesù, abbiamo la Parola di Dio, che assimiliamo in un clima di ascolto, studio e meditazione e pratica di essa. Perdiamo tanto tempo in chiacchiere e cose inutili e ne diamo poco al Signore e alla sua Parola. Se non ce la rendiamo familiare, corriamo il rischio di non capirla e non gustarla, di avere fede debole e pratica scadente per carenza di motivazioni forti; e infine di non siamo validi testimoni della Parola con la vita e la parola coi familiari, parenti, amici, colleghi di lavoro, gli estranei, ecc. I Padri della Chiesa era convinti che la Parola è sorgente di luce e di forza, perché è potenza di Dio e sapienza di Dio. (b) Gesù raccomanda la pratica della Parola per poterla insegnare con efficacia agli altri. Chi guarda la pagliuzza, che è nell’occhio del… fratello, cioè ne nota un difetto (41), e non si accorge della trave che è nel suo occhio (41) non può dire…:: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio…” . La soluzione é: Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello (42); prima correggersi e poi correggere. Sarebbe ipocrisia fingere di essere convinto che qualcosa è sbagliato e pretendere di correggerlo negli altri, senza prima correggerlo in sé; anzitutto abbiamo l'umiltà di riconoscerlo in noi stessi e lottare per eliminarlo. L’autentico maestro è anche testimone: pratica e insegna come facevano Gesù e i Santi. Ovviamente non è esonerato dal retto insegnamento chi ha il dovere di insegnare agli altri, anche se è tutt’altro che santo.

2. Chi è autentico discepolo di Gesù, Parola e Modello di vita, può a sua volta diventare maestro: egli lotta già contro le sue miserie morali, sa per esperienza come ci si corregge con l’aiuto di Dio e ne conosce le difficoltà; egli saprà usare la sua esperienza con gli altri con dolcezza e fortezza. Egli non è più l'albero cattivo, che dà frutti cattivi, ma è diventato l'albero buono, che dà frutti buoni (43 Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono); Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo (44). Così L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene, mentre l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il malela sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda (45); le parole, che l'uomo dice, sono l'espressione del modo di pensare e di sentire, che si porta dentro. L’uomo buono, sotto l’influsso dello Spirito, esprime pensieri, che spingono al bene e creano benessere psicologico e spirituale nel prossimo, ispirando serenità; il contrario fa un uomo cattivo, perché sta sotto l’influsso del diavolo o del mondo o della carne e risente di tale guida. Riflettiamo sul nostro modo di parlare e di agire e domandiamoci: che cosa dobbiamo pensare di noi e che cosa possono pensare gli altri di noi. Siamo sotto l’influsso di Dio o del diavolo? Esaminiamoci e correggiamoci.

III - 1Corinzi 15,54-58 - La nostra situazione attuale è che abbiamo un corpo corruttibile (54; cfr. 1Cor 15,42) e mortale (54) ed è anche ignominioso (1Cor 15,43), debole (1Cor 15,43), animale (1Cor 15,44); ciò è dovuto al peccato dei nostri progenitori (Rm 5,12), che hanno introdotto la malattia e la morte nel mondo degli uomini. E Paolo si domanda: Dov’è, o morte, il tuo pungiglione? (55); e risponde: Il pungiglione della morte è il peccato (56) e purtroppo la Legge dell'AT intensificava la forza del peccato (56). Da questa situazione di peccato e morte spirituale e fisica ci ha liberati Dio, che ci dà la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo! (57), perché ci ha riscattati dalla schiavitù del peccato e della Legge e inoltre dalla morte spirituale già da adesso e dalla morte fisica in futuro con la resurrezione dei corpi nella sua seconda venuta, alla fine del mondo, Quando poi questo corpo corruttibile si sarà vestito d’incorruttibilità e questo corpo mortale d’immortalità (54); allora Cristo risusciterà il nostro corpo morto e lo farà immortale e incorruttibile e anche glorioso (1Cor 15,43), forte (1Cor 15,43) e spirituale (1Cor 15,44). La morte perderà il suo pungiglione (55), e con Paolo esclameremo: Dov’è, o morte, la tua vittoria? (55): essa non vincerà più e sarà ingoiata dal Cristo, vincitore universale, e allora si compirà la parola della Sacra Scrittura: La morte è stata inghiottita nella vittoria (54). Paolo canta di gioia: Siano rese lode e grazie a Dio Padre (57). Ringraziamo anche noi il Padre per averci amati al punto da mandare suo Figlio come liberatore universale; ringraziamo Gesù per averci redenti; ringraziamo lo Spirito Santo, che per volontà del Padre ha collaborato con Cristo per liberarci e ora lavora in noi per applicarci la redenzione; ringraziamo la Vergine per aver cooperato all’opera redentrice dell’umanità. Impegniamoci a crescere nella fede e nella carità per non rendere inutile per noi l'opera della salvezza e diamo una mano perché altri l’accettino. (b) S. Paolo ci esorta proprio a questo: Perciò, fratelli miei carissimi, rimanete saldi e irremovibili (58) nella fede e nella carità, progredendo sempre più nell’opera del Signore, lavorando nella santificazione personale e nella diffusione del Vangelo, sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore (58) e sarà con generosità premiata da Lui. Dobbiamo crescere nella pratica delle virtù teologali e nel diffondere la fede.

EUCARESTIA. Gesù ci parla nella prima parte della Messa e ci unisce a sé nella seconda per comunicarci la forza di mettere in pratica la sua Parola. Chiediamo  per intercessione della Vergine Maria e di S. Giuseppe, dei nostri Angeli Custodi e Santi Patroni, la grazia di corrispondere a così prezioso dono da parte di Dio. (mons. Francesco Spaduzzi)

Altri Temi: 1. Un discepolo non è più del maestro (40). Il maestro deve essere ben preparato per essere valido; e, poiché i tempi cambiano e la scienza progredisce, deve anche tenersi aggiornato per evitare di essere inadeguato di fronte ai bisogni degli allievi; si pensi alla grave responsabilità dei genitori, degli amministratori, dei medici, ecc. di mantenersi all’altezza della loro missione.

2. Correggere il prossimo (41) è uno dei compiti più delicati. Bisogna avere autorevolezza più che autorità, che pure è obbligata a intervenire; ed è necessario avere molto tatto e delicatezza in modo da rendere quanto più indolore possibile la correzione e anzi addirittura gradevole, così che possa essere accettata e messa in pratica. Bisogna mostrare molto amore nel correggere.

3. Alcuni, che hanno autorità e sono in dovere di correggere, si autoesonerano da questo compito, abbastanza ingrato, con la scusa che è tempo perso e che la correzione sarà rifiutata, ecc. E’ un atteggiamento sbagliato; anche se il correttore non fosse uno stinco di santo, deve fare la correzione necessaria per aiutare il prossimo, specie chi è affidato da Dio alle sue cure.

4. Non lodare nessuno prima che abbia parlato (7). Alimentiamo nella nostra mente pensieri corrispondenti alla verità e alla bontà e le nostre parole e azioni facilmente risentiranno di questa nostra igiene mentale, e anche noi saremo più sereni e più calmi e più agganciati alla realtà. E diventeremo più gradevoli alle persone che ci circondano.

5. Progredendo sempre più nell’opera del Signore (58). Nella nostra vita la crescita fisica ha un limite in giovane età e comunque occorre aver cura del corpo per non deteriorarlo; il progresso psicologico e spirituale dura fino alla morte perché dobbiamo sempre crescere nella conoscenza e nell’amore umano e divino.  (mons. Francesco Spaduzzi)

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