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Straordinari svolti e non pagati alle Poste nell’indifferenza del sindacato.

Ecco come richiederli

Lavorare fino a dodici ore al giorno e vedersene pagare la metà nella speranza di ottenere il posto fisso. La sorte atroce dei portalettere precari di Poste Italiane nell’indifferenza del sindacato maggioritario Slp Cisl

 

Nonostante sia trascorso oltre un anno da quando le lavoratrici e i lavoratori precari di Poste Italiane, riuniti nel movimento Lottiamo Insieme, portavano a conoscenza delle competenti autorità, nonché della direzione aziendale e dell’opinione pubblica, la diffusa pratica tra i portalettere assunti con contratto a tempo determinato di lavorare, sotto il ricatto di una mancata riconferma, molte più ore di quanto previsto dal CCNL e dalla legge senza ricevere alcun compenso come “straordinario”, né l’azienda né il sindacato maggioritario Slp Cisl hanno proferito una sola parola a riguardo.

«Entravo alle 7.30 e andavo via alle 18.00, accumulando almeno due ore di straordinario al giorno per quattro mesi, non pagate», «Dovevo consegnare tutto altrimenti non mi avrebbero prorogato il contratto, va da sé che era impossibile rispettare l’orario pattuito e, talvolta, le regole di sicurezza», «Il sindacato, lo stesso a cui apparteneva il direttore dell’ufficio, si ricordava di noi solo quando venivano assunti nuovi precari a cui affibbiare la tessera», «Sto pensando alle dimissioni perché mi risulta difficile far combaciare le esigenze di una vita da giovane mamma con gli orari di lavoro che sono sempre ben oltre quelli stabiliti da contratto».

Centinaia le testimonianze raccolte da Lottiamo Insieme divulgate attraverso i social media e la stampa locale. Slp Cisl, sindacato di categoria con la maggioranza assoluta in Poste Italiane, se da un lato, sul palco o davanti ai riflettori, asserisce la necessità di battersi per la dignità del lavoro, sembra fare orecchie da mercante nei confronti dei problemi sollevati dai portalettere precari. Dimostrare il mancato pagamento delle ore prestate in più sarebbe anche relativamente facile dal momento che la presenza dei lavoratori viene registrata tramite la timbratura in entrata e in uscita con badge, eppure nessuno ha mosso un dito per scardinare la cattiva condotta aziendale.

Vogliamo ricordare che il pagamento dello straordinario, anche se sprovvisto di autorizzazione formale, è un obbligo per l’azienda. Nell’ipotesi di straordinari non pagati è possibile recuperare il credito spettante sempre entro cinque anni dalla cessazione del rapporto di lavoro. Il termine di prescrizione quinquennale non decorre più in costanza di rapporto (Cass. Sent. n. 26246/2022). Non è necessario “fare causa” al datore e provare le ore per testimoni. Le eventuali eccedenze risulteranno, infatti, sul cartellino mensile delle proprie timbrature, cumulate alla voce “Eccedenza non autorizzata”. La richiesta dovrà essere formulata per iscritto (preferibilmente via PEC o raccomandata A/R) alle risorse umane competenti.

Poste Italiane è tenuta a rispondere entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta di accesso ai dati da parte dell’interessato. Il lavoratore, nella necessità di tutelare i propri interessi, ha diritto a consultare e ottenere copia dei cartellini orari per il periodo lavorato oggetto di accertamento, conformemente alle disposizioni dell’art. 7 del Codice della Privacy e dell’art. 15 del Regolamento Europeo n. 679 del 2016 relativo alla protezione dei dati personali. Qualora la busta paga non rispecchi le ore effettivamente lavorate si consiglia di invitare amichevolmente l’azienda a conteggiare e saldare le somme spettanti per il lavoro straordinario svolto.

Se ciò non producesse risultati soddisfacenti sarebbe opportuno rivolgersi direttamente all’Ispettorato del lavoro competente, corrispondente a quello della provincia in cui si trova il luogo di lavoro, attraverso apposita istanza (Modulo “INL 31 - Richiesta di intervento ispettivo”) debitamente compilata e trasmessa, via PEC o anche con semplice e-mail, allo specifico indirizzo di posta elettronica messo a disposizione di ciascun Ispettorato territoriale. Solitamente, in questi casi, si propone alle parti di risolvere la controversia con una soluzione conciliativa, in cui è consentito, ma non obbligatorio, farsi assistere da un difensore.

La legge consente di ricorrere allo straordinario per far fronte a esigenze non programmabili, aventi carattere di eccezionalità. Negli uffici di recapito postale lo straordinario diventa ordinario: chi ha un contratto stabile accetta volentieri di fare qualche ora in più per arrotondare stipendi ritenuti bassi, ma nel caso dei precari “strafare” costituisce il requisito principale che sottende la possibilità di continuare a lavorare. Posti in una condizione di maggiore ricattabilità si ritrovano costretti ad allungare la giornata lavorativa senza vedersi corrispondere nulla in cambio. Eppure, tutti i lavoratori – fissi o precari – che svolgono attività uguali hanno lo stesso contratto. Anche se, a conti fatti, diritti diversi!

«Lavoravo fino a dodici ore al giorno rispetto alle sei giornaliere previste. Mi dicevano che era “normale” perché dovevo “imparare il mestiere”», «È uno scandalo che la più grande azienda italiana per numero di dipendenti adotti modalità di lavoro da bracciantato», «Ferie? Non sapevo neppure cosa fossero!», «Trattati come schiavi per 1.300 euro al mese, e poi scaricati», «Si accetta veramente di subire di tutto pur di avere la possibilità di giocarsi il posto fisso. Ma è una speranza appannaggio di pochi fortunati». C’è amarezza e delusione nelle parole che le precarie e i precari di Poste Italiane, perlopiù giovani, affidano ai social per dare voce al disagio provato durante l’esperienza lavorativa.

Sorprende che un sindacato grande e blasonato, attento al mondo giovanile, come Slp Cisl, nonostante il clamore mediatico suscitato dalla vicenda, finora non abbia mostrato alcuna forma di solidarietà nei confronti delle lavoratrici e dei lavoratori coinvolti. Un silenzio imbarazzante che nessuno accenna a riempire. Quasi come se si volesse proteggere l’azienda. Intanto, decine e decine di precari che hanno prestato servizio alle dipendenze delle Poste, dalle più disparate province d’Italia (Pistoia, Nuoro, Milano, Venezia, Catanzaro, Roma, Foggia, Trapani, Napoli, per citarne alcune) si sono dovuti rivolgere a uno studio legale per la tutela dei propri interessi.

Rivendicare il diritto dei lavoratori a una giusta retribuzione prima di tutto è una battaglia di civiltà. Pertanto, a prescindere dalla cifra in ballo, l’invito rivolto a tutti è quello di recuperare, senza paura di ritorsioni, fino all’ultimo sudato centesimo. Allo scopo, si propone un modello di richiesta per l’accertamento dell’orario di lavoro realizzato dal movimento Lottiamo Insieme. Se il sindacato non interviene a fare chiarezza su un tema così cruciale, come può realmente garantire il rispetto delle libertà fondamentali e della dignità della persona all’interno del luogo di lavoro? Parola al “sindacato”.

Firma la petizione se anche tu sei d’accordo con noi: https://www.change.org/p/poste-italiane-chiediamo-un-lavoro-dignitoso-per-un-servizio-efficiente

 

 

Carmine Pascale

Movimento Lottiamo Insieme

 

 

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