L U S T R ITEATRO, dialoghi con Vincenzo De Luca su “Caravaggio a Napoli. La misericordia secondo un assassino”
“Caravaggio a Napoli. La misericordia secondo un assassino” dialoghi con lo storico dell’arte Vincenzo De Luca, si terrà DOMANI domenica 24 aprile, alle 17,30, nel complesso di Santa Chiara a Solofra (Avellino), nell’ambito della sezione Letteratura di L U S T R ITEATRO, un anno di eventi culturali organizzati da Hypokritès Teatro Studio, con la direzione artistica di Enzo Marangelo. La sezione Letteratura è curata da Renato Siniscalchi.
Si immagini il cuore urbanistico di Napoli a inizio Seicento; città di contraddizioni, enormi miserie e grandi progetti. Per lenire la povertà di buona parte della popolazione si istituivano enti di beneficenza, tra cui il Pio Monte della Misericordia. Per l’altare maggiore della chiesa appena edificata del Pio Monte si chiedeva al maggiore pittore vivente un dipinto che ne spiegasse le attività a favore dei bisognosi. La chiesa era alquanto piccola e affacciava sulla rumorosa arteria che scendeva verso i tribunali. Negli stessi anni, a breve distanza, era all’opera il cantiere del nuovo palazzo vicereale (l’attuale Palazzo Reale di piazza Plebiscito). Quel pittore, Michelangelo Merisi da Caravaggio, giungeva a Napoli con la macchia di assassino. Pochi mesi prima, a fine maggio dell’anno 1606, aveva infatti ucciso a Roma, in duello, un tale Ranuccio Tomassoni. Da quel momento non si diede più pace. Il suo percorso a venire, profondamente condizionato dall’omicidio, fu ricco di episodi di altissimo livello artistico ed ebbe in suo culmine sicuramente a Napoli. Qui i nobili governatori del Pio Monte della Misericordia gli commissionarono il dipinto delle Sette Opere di Misericordia, per il quale riceveva come compenso l’eccezionale cifra di quattrocento ducati. La tela di Caravaggio è per la storia dell’arte un unicum. È come un testamento di coscienza di un assassino che cerca di redimersi. Racconta le sette opere di misericordia corporale tutte insieme, senza dividerle in riquadri (che era invece l’abitudine iconografica dell’epoca), invitando lo spettatore a un’indagine investigativa per cercare tra i dodici personaggi del registro inferiore il riferimento simbolico di ogni opera, dar da bere agli assetati, dar da mangiare agli affamati, ospitare i pellegrini, visitare i carcerati, seppellire i morti, soccorrere gli infermi, vestire gli ignudi, ma chiedendo soprattutto di riflettere sull’idea unica di solidarietà e di perdono. E racconta lo stesso Caravaggio nascosto in quei personaggi dipinti. Lo scenario è un intreccio di vicoli e un brulicare di persone (allora come oggi), luoghi che il pittore conosceva bene e frequentava nei mesi di permanenza nella città vicereale. L’opera si presenta pertanto come un documento intenso della vita a Napoli in quel tempo. Sulla base di informazioni storiche accertate, il capolavoro delle Sette Opere di Misericordia si presta a essere lo sfondo dei ragionamenti sull’esistenza di Caravaggio nel momento più intenso della sua vita, quando a Napoli è ricercato come assassino ma al tempo stesso accreditato come il massimo dei pittori viventi. Non è un caso che questo dipinto ebbe la forza di risvegliare un ambiente artistico, quello napoletano e meridionale, ancorato a stili altrove superati da tempo.
L’autore
Critico e storico dell’arte, docente di Lettere, giornalista. Collabora con alcuni Comuni della Regione Marche come relatore in convegni di storia dell’arte, come curatore di spazi museali ed organizzatore di mostre, nonché come direttore artistico di festival di arte e teatro (ad esempio la rassegna dedicata a Vittorio Gassman). Come giornalista si occupa di arte e di recensioni delle “prime” teatrali.