Il calcio e quel bisogno di fare pulizia…
Le inchieste sul calcioscommesse, portate avanti contestualmente dalle Procure di Cremona e di Catanzaro, nei prossimi giorni - quando i tornei saranno terminati - ci riserveranno delle sorprese molto importanti, perché il numero e la qualità degli indagati fanno presagire l’esistenza di un sistema diffuso, volto alla frode sportiva, che di fatto inquinava il calcio italiano, determinando a monte i risultati e, dunque, le fortune non solo economiche di questa o quella squadra, di questo o quel calciatore o dirigente.
È evidente che siamo in presenza, solamente, dell’ennesima indagine penale sul calcio, visto che si parla del radicamento del fenomeno del calcioscommesse sin dagli anni ’70, quando a pagare il fio più alto furono finanche calciatori, che di lì a poco sarebbero divenuti campioni del mondo in Spagna.
In tal caso, però la situazione è ben peggiore, perché, come si apprende dalle fonti di agenzia, il marcio non si limiterebbe esclusivamente alle scommesse, ma riguarderebbe anche altri aspetti, strettamente finanziari.
Infatti, molte norme del Codice Sportivo verrebbero facilmente aggirate, per cui, ad esempio, taluni Presidenti potrebbero (usiamo il condizionale, fino a prova contraria) contare sul possesso di quote societarie (poco importa se di maggioranza o di minoranza) in diversi sodalizi sportivi, iscritti al medesimo torneo, cosa che è, espressamente, vietata dal diritto vigente.
Già nella scorsa estate, quando venne eletto il Presidente Tavecchio al vertice della Federcalcio, la grande stampa nazionale mise in evidenza l’inopportunità di quella nomina, non tanto per le dichiarazioni di matrice xenofoba, che lo stesso aveva pronunciato, in modo assai infelice, in piena campagna elettorale, quanto per il fatto che egli appariva a molti la longa manus di altri poteri oscuri, che meritavano di essere pienamente disvelati.
Oggi, quegli stessi giornali sono i medesimi che spingono la Magistratura cremonese e catanzerese a fare pulizia in modo radicale, non limitandosi semplicemente a colpire il singolo calciatore, che dovesse essere colpevole di frode sportiva.
Infatti, questo reato, per quanto inviso alla pubblica opinione, è pur sempre minore e nasconderebbe ben altre forme criminali, afferenti soprattutto alla dimensione meramente finanziaria, che è ovviamente quella che porta avanti il calcio, facendolo diventare la principale azienda del nostro Paese.
Il calcio è un fenomeno fin troppo importante nella nostra società odierna, perché esso possa essere segnato da dubbi così rilevanti, per cui noi stessi non possiamo non fare nostra la campagna di stampa di Repubblica e della Gazzetta, volta a favorire un rinnovamento profondo della governance calcistica.
Anche, la politica deve intervenire, in modo serio, in un tale ginepraio: ci saremmo aspettati che, già la scorsa estate, il Coni, dopo l’elezione dei nuovi vertici della Federcalcio, avesse fatto percepire concretamente la propria presenza, procedendo al commissariamento degli organismi di gestione del principale sport italiano.
Invece, non se ne fece nulla, benché il Presidente del Comitato Olimpico venisse compulsato, in tal senso, dalla stampa nazionale e da ambienti importanti della Confindustria calcistica.
Ora, non se ne può più fare a meno, per cui appare ovvio che, in caso di sviluppi clamorosi delle indagini penali in corso, l’intero mondo del calcio venga sottoposto a controlli qualificati da parte di chi ha competenza, in quanto organo amministrativo gerarchicamente superiore.
L’appello dell’altro giiorno del Presidente del Consiglio Renzi, che va nella medesima direzione da noi indicata, ci è piaciuto moltissimo, visto che il Governo, pur rispettando la formale autonomia dello sport dall’Esecutivo, deve pur fornire un orientamento preciso, quando si verificano fatti gravissimi, che rischiano di minare la credibilità di un settore essenziale dell’industria nazionale.
Naturalmente, non possiamo non auspicare che l’intervento, voluto anche dai vertici politici, non agisca solo in superficie, ma provveda finalmente a rimuovere le cause qualificanti del progressivo e manifesto malessere del sistema calcio del nostro Paese, che lo hanno portato ad essere un fenomeno sempre più marginale nel dinamico contesto europeo, se lo si paragona, in particolare, a quello spagnolo o inglese o tedesco, sia per volume d’affari dichiarato, che per risultati tecnici prodotti.
Rosario Pesce