PD: la farsa delle primarie campane
L’ennesima farsa della politica italiana si sta consumando in Campania: infatti, dopo aver ufficializzato tre date diverse per lo svolgimento delle primarie, il PD ha deciso di rinviare ulteriormente il voto, utile per la designazione del candidato alla Presidenza della Campania.
Sebbene formalmente si tratti di primarie di coalizione, aperte anche ai Socialisti e ad Italia dei Valori, è evidente che la vera partita si giochi in casa democratica, dove i candidati, disposti a correre per Palazzo Santa Lucia, sono ben tre: l’ex-Sindaco di Salerno, Vincenzo De Luca, prima sospeso e poi decaduto dalla funzione di primo cittadino del capoluogo della provincia più vasta della Campania; l’onorevole Gennaro Migliore, fortemente voluto dall’area renziana, ed il deputato europeo Andrea Cozzolino, espressione di ambienti molto forti e trasversali alle correnti tradizionali del PD e portatore di un consenso personale, davvero, significativo.
Orbene, appare evidente che la Segreteria Nazionale, ormai da molto tempo, ha deciso che le primarie non si devono svolgere. Il motivo di una decisione, così scellerata, sarebbe da individuare nel rischio di infiltrazione camorristica, che potrebbe inquinare il voto degli iscritti e dei simpatizzanti.
È ovvio che una siffatta motivazione è estremamente debole, visto che – da anni – il PD celebra le primarie e, tranne che in rarissimi casi, l’esito non è stato mai messo in discussione e, comunque, anche dopo i ricorsi, esso è stato ratificato dagli organi di garanzia del partito stesso.
Pertanto, la ragione di tanti rinvii, che preludono alla cancellazione, è da ricercare altrove: Renzi ed il gruppo dirigente nazionale del PD (Guerini e Serracchiani) intendono scegliere direttamente il candidato alla Presidenza della Regione Campania, avocando a sé una decisione che, a norma di Statuto, dovrebbe invece essere affidata alla libera manifestazione dell’orientamento dei cittadini autoctoni attraverso, appunto, la partecipazione alla tornata delle primarie.
La designazione del candidato Presidente è, infatti, merce di scambio per una partita politica di livello nazionale ben più importante di quella che può fare riferimento alla sola dimensione campana.
È noto a tutti che, dopo l’elezione del nuovo Capo di Stato, il Premier avverte la forte necessità di rinsaldare i rapporti con l’UDC e, soprattutto, con il NCD di Alfano, visto che le due forze centriste sono essenziali per portare a termine, in Parlamento, l’iter riformatore sia della legge elettorale, sia della Costituzione del 1948.
Pertanto, è ineluttabile che i due partiti, alleati a Roma del PD, debbano rientrare nei giochi delle alleanze nelle varie Regioni, dove si andrà al voto nel prossimo mese di maggio: quindi, in Campania, il candidato o sarà centrista o, comunque, qualora sia un esponente del PD, il suo nominativo dovrà essere concordato con l’UDC ed il NCD, che, negli ultimi cinque anni, hanno fatto parte integrante della coalizione di Centro-Destra, che ha governato la Regione più rilevante, da un punto di vista demografico, dell’intero Mezzogiorno.
È evidente che, per motivi diversi, nessuno dei tre candidati oggi in corsa – Cozzolino, De Luca, Migliore – possa essere funzionale ad un progetto simile, per cui appare sempre più probabile l’esito della vicenda, che sarebbe il più tragico, purtroppo, per il PD: la cancellazione delle primarie e l’individuazione di un candidato da parte dei vertici romani, esattamente come avveniva ai tempi della Prima Repubblica, quando ai simpatizzanti ed agli iscritti dei partiti non era riconosciuta la possibilità di scegliere, con le opportune modalità democratiche, il proprio leader o, comunque, chi doveva competere per un incarico prestigioso, come può essere la Presidenza della Campania.
Se le primarie non si svolgessero e dovesse concretizzarsi ciò che, oggi, appare come la probabilità più verosimile, è ovvio che si creerebbe un vulnus molto grave, perché verrebbe meno il rapporto di fiducia fra moltissimi elettori del PD ed i gruppi dirigenti nazionali, che si assumerebbero, di fatto, la responsabilità di aver commissariato la Federazione Regionale Campana e di aver rinunciato, a-priori, ad un candidato espressione di un larghissimo corpo elettorale, quale quello (Cozzolino? Migliore? De Luca?) che può ricevere l'investitura attraverso il ricorso alle primarie.
Il ceto dirigente romano può essere così poco illuminato, tanto da assumere una decisione, che danneggia il PD in Campania in modo irreversibile e, soprattutto, rischia di regalare al Centro-Destra altri cinque anni di conduzione di Palazzo Santa Lucia, nonostante i demeriti del Governatore Caldoro e della Giunta uscente?
Si può, forse, sacrificare Napoli e la Campania, in nome di oscuri calcoli romani?
Attendiamo, con trepidazione, l’ufficializzazione di una nuova data, auspicando che, alla fine, prevalgano il buon senso e la ragionevolezza fra quanti hanno responsabilità determinanti per il futuro sia di una Regione, centrale negli equilibri politici del Sud, sia del Paese intero.
Rosario Pesce