Una vittoria non solo calcistica
Il successo di ieri sera del Napoli contro la Juve ha un profumo non solo calcistico: si sfidavano, infatti, due società del calcio italiano, che hanno un blasone diverso e, soprattutto, vantano budget ben differenti, dal momento che le ricchezze a disposizione della società torinese, sia da un punto di vista immobiliare, che strettamente contabile, ammontano ad una cifra almeno doppia rispetto alla diretta concorrente.
Peraltro, benché si trattasse di un trofeo di secondaria importanza, la Supercoppa di Lega, la gara si svolgeva fuori dai confini nazionali, negli Emirati, a dimostrazione che il nostro calcio - benché non più ricco come un tempo - fa comunque gola agli sceicchi, che hanno interesse allo sfruttamento dei diritti sportivi ed economici di eventi rilevanti, allo scopo di preparare, nel migliore modo possibile, il Campionato Mondiale del 2022, che si svolgerà - appunto - in terra araba.
La rivalità fra la squadra torinese e quella partenopea ha origini antichissime, visto che, sin dagli anni Settanta, le due società hanno potuto vantare, all’interno delle rispettive rose, delle prestazioni di calciatori di straordinaria importanza, ma – come si può ben immaginare – la competizione fra la principale squadra del Nord e quella più importante del Sud affonda la sua ragion d’essere in fattori della nostra storia nazionale.
Nel 1861, quando i Piemontesi crearono lo Stato italiano, il Regno di Napoli era il più florido dell’intera penisola: il livello di sviluppo tecnologico ed economico del Regno Borbonico faceva invidia a molti altri Stati europei, mentre il Regno Sabaudo, benché modernizzatosi nel corso degli anni Cinquanta dell’Ottocento, rimaneva pur sempre una mera realtà di provincia nello scacchiere continentale, nonostante Cavour avesse avuto il grande merito di fare dell’Unità italiana una questione europea e di lanciare il suo Stato in una dimensione, che fino ad allora esso non aveva affatto conosciuto.
Da quel momento in poi, sappiamo bene come la storia sia proceduta: Napoli ed il Sud sono diventati progressivamente la periferia italiana per antonomasia, mentre la civilissima Torino è divenuta il motore dello sviluppo industriale della penisola, identificandosi a pieno con la famiglia - gli Agnelli - i cui eredi sono, tuttora, i proprietari del sodalizio bianconero.
Orbene, benché lo sport non si possa confondere con la politica, né possa sopperire alle differenze economiche, ancora vistose, esistenti fra le due aree italiane, la vittoria di ieri sera del Napoli, per una volta almeno, ha consentito che i valori ed i rapporti di forza tradizionali venissero rovesciati, per cui chi, purtroppo, ha perso in tante, troppe occasioni, ha avuto modo di realizzare un successo sportivo, che ha mosso l’entusiasmo di migliaia di tifosi e sportivi meridionali - non solo napoletani - che hanno gioito perché, per una notte, il Sud ha dimostrato di poter competere alla pari con il Nord e di vincere con merito una partita.
I dati tecnici del match sono, pertanto, la proiezione di fattori extrasportivi, ben più reconditi, che ancora si fanno sentire a danno di chi - fino ad un secolo e mezzo fa - si trovava a vivere nella parte più ricca d’Italia, impoveritasi poi per le scelte, a dir poco scellerate, compiute da coloro che avevano interesse a portare la ricchezza ed i centri autentici di potere nella Pianura Padana e nelle vallate al di sotto della catena subalpina.
Pertanto, il trionfo calcistico dei calciatori argentini e spagnoli del Napoli, per una volta, ha fatto sentire Re chi, invece, è stato suddito per troppi decenni, capovolgendo così una visione stantìa, che vuole il Nord sempre più avanzato, progredito e vincente del Sud.
Basterà un goal di Higuain o la prodezza di uno sconosciuto portiere brasiliano a riscattare secoli di sudditanza e di debolezza politica?
La risposta non può che essere negativa, ma sappiamo bene come le illusioni - finanche quelle generate da uno sport estremamente popolare - possono aiutare a vivere meglio.
D’altronde, nella contingenza attuale, le differenze fra il Settentrione ed il Meridione sono molto più sfumate di un tempo, visto che la crisi è diffusa ovunque e produce danni sia al di sopra, che al di sotto della Linea Gotica.
In attesa che, dunque, la situazione italiana migliori per gli abitanti dell’intera penisola, non possiamo non confidare nel prossimo rigore, tirato con successo da Albiol o Gargano, sapendo che l’effimero può – talora – prendere, con efficacia, il posto dell’essenziale.
Rosario Pesce