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Solofra piange “Il Centurione” Franchino Gentilucci.

Parlare di un amico che ci lascia è molto difficile. Devi accettare l’idea del distacco. Il fatto di non poterlo più incontrare, è disarmante. Per consolarci ci abbracciamo ai ricordi, alla stima, all’ammirazione. Ho sempre avuto immensa stima ed ammirazione per questo grande uomo.

Un uomo tutto d’un pezzo, un gran pezzo d’uomo, sia nei valori che nel fisico: non per niente gli amici più intimi lo chiamavano “il Centurione”.

Sempre in prima fila a tutela dei deboli e dei bisognosi. Nei cortei la sua presenza era più che imponente, ma mai ingombrante: restituiva sicurezza a chi, angosciato dal bisogno, aveva timore di manifestare per far valere i propri diritti.

Se nelle alte sfere della politica, l’on. Michele D’Ambrosio è stato “il Vescovo Rosso” del PCI, Franchino Gentilucci era “il Parroco Rosso” che, in periferia, quotidianamente assisteva deboli e bisognosi abbandonati dalle istituzioni. Franchino sapeva di essere nel giusto. Camminava a testa alta e non si faceva mettere i piedi in testa da nessuno.  

Ha fatto tanto per la C.G.I.L. e per il P.C.I. e non si è mai vantato di nulla.

Non ha mai chiesto niente per sé: né al sindacato né alla politica. Si faceva carico dei problemi degli “ultimi”, quelli che la società finge di non vedere. In questi anni di migranti è stato un punto di riferimento sociale anche per i tanti indiani che vivono nella nostra comunità.

Nella C.G.I.L. e nel P.C.I. vedeva straordinari strumenti democratici per scardinare diseguaglianze e ingiustizie sociali. Deluso, spesso, dall’azione dell’una e dell’altro, aveva un modo tutto suo di rapportarsi con la controparte sindacale o politica. Parlava a tu per tu con i “padroni” richiamandoli al rispetto non solo dei contratti ma dei lavoratori come persone. Ai politici è spesso risultato indigesto per i suoi modi espliciti di non accettare soprusi e di dire pane al pane e vino al vino.

È strano, Franchino, da cinquant’anni, ha quotidianamente predicato le stesse cose (giustizia sociale, uguaglianza, solidarietà, fraternità e soprattutto umano rispetto), però, solo oggi, politica e sindacato scoprono il valore delle sue azioni e dichiarano di volerle perpetuare.

Non che ne avesse bisogno, ma, sindacato e politica, hanno sottovalutato (quasi sempre ignorato?) il valore del suo impegno sociale e civile, negandogli ogni riconoscimento.

Avrebbe certamente meritato la presidenza del Comitato di Gestione del Centro Sociale Sindacale di via Melito, Lui che si era speso tanto per realizzare questa struttura a Solofra, difendendola persino con i denti quando a Roma tramavano per realizzarla altrove, arrivando addirittura a prendere “per il cravattino” un funzionario della sede romana della C.G.I.L. per poter parlare con il segretario Luciano Lama, affinchè mantenesse gli impegni presi con il sindacato solofrano.

Da sempre uomo del fare, sul finire degli anni ’70, per salvaguardare il potere di acquisto dei lavoratori aveva dato vita alla Coop Guido Rossa. Con la Mostra per i 120 anni della bandiera della Lega Pellettieri (2023) aveva risvegliato l’orgoglio del movimento operaio solofrano.

Per far conoscere ai giovani la nostra storia conciaria, aveva dato vita, insieme all’amico Felicino Giliberti, al Museo della Concia (2023) con reperti tutti privati, ubicato al piano terra della sede municipale. Per volere della stessa Amministrazione - che ora lo piange (!) - è stato, poi, brutalmente sfrattato da palazzo Orsini. E, oggi, del Museo della Concia non c’è più traccia!

Grande Centurione, lo so che non hai bisogno di essere difeso: siamo noi che abbiamo ancora tanto bisogno di te per combattere l’ipocrisia del sindacato e della politica che, dopo aver scientemente ignorato la tua storia, cerca di appropriarsene.

Ciao compagno Centurione, sarai nel cuore di quelli che, sempre, ti hanno voluto bene e stimato...

 

mariomartucci

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