Logo

INCONTRI TRA MUSICA E LETTERATURA ARMONIE GIOVANILI DI UN GENIO

Un libro edito dalla Rusconi mi ha colpito per il titolo che suonava così: “il dio Wagner e gli altri dei”;

Suddetto titolo mi ha fatto riflettere a lungo e giammai oserei profanare il mondo wagneriano, senz’altro privilegio di una divinità comunque possa operare nelle umane creature nell’elargire doni sublimi ed imprevedibili.

Wagner è uno di quegli spiriti là dove l’abisso della grazia divina non ha limiti, dove il genio ha toccato le vette più alte dell’ispirazione.

E basterebbe immergersi soltanto nell’ “incantesimo del Venerdì Santo” del Parsifal per avvertire l’estasi della trascendenza, l’inimitabile fraseggio musicale che appartiene alle folgorazioni di un cristianesimo paganeggiante o di un paganesimo cristianeggiante.

L’anima è rapita e si adopera nello sforzo di penetrare il Grande Mistero del San Graal e dell’umana redenzione.

Estasi, mistero nel mistero dell’ispirazione!

Anche la morte improvvisa del cantore di Tristano ci riporta alla visione del biblico Elia, rapito su di un carro di fuoco divino.

Benedetto Croce ha considerato Wagner “al di fuori della grande tradizione idealistica tedesca di Beethoven e Schiller, e vide in lui piuttosto una singolare sopravvivenza di una precedente e più volente età, come quella di Cellini”.

Con tale premessa non mi permetto assolutamente avanzare o formulare giudizi critici sugli anni giovanili del sommo musicista, ma solo amo ricordare, per chi ne fosse profano o non ne avesse conoscenza, le prime esperienze wagneriane nel mondo delle armonie.

L’arco di tempo che va dal 1831 al 1836 segna il periodo della produzione giovanile di Riccardo Wagner.

Anni di intensa attività musicale che “porta il segno -come dirà Italo Maione- dell’educazione artistica dell’autore, delle sue preferenze, con appena il suggello personale, qualche elemento che fa pensare al futuro Wagner”.

Mozart e Beethoven sono i modelli che il giovane musicista segue in merito alla musica sinfonica, quella orchestrale o da camera, invece nella produzione operistica egli subisce l’influenza di Weber, ancora di Beethoven, di Marschner e di Spontini.

Da sottolineare la molteplice produzione di suddetto periodo purtroppo in parte è andata perduta e cioè col riferimento alla musica vocale, orchestrale, a molti testi di opera, a saggi, ad appunti, tutti raccolti nel volume “DER JUNGE WAGNER”.

Di questi anni ancora più interessante è la musica operistica, ma della prima opera “LE NOZZE” (DIE HOCHZATT) rimane soltanto un frammento. Il giovane Wagner aveva letto il libro di Busching “sulla cavalleria”, di cui era stato affascinato dei suoi amori, come si rivela dal libretto da lui composto.

“Dopo aver abbandonato le NOZZE –dice Robert W. Gutman- Richard si volse all’opera d’argomento magico, di cui erano a disposizione gli esempi di Mozart, di Weber e di Marschner. Ma non doveva continuare in questa direzione nella terra natia”.

Wagner, nei primi anni della sua attività musicale, dovette molto a Marschner da parecchi punti di vista in quanto quest’ultimo fu uno dei fondatori dell’opera nazionale tedesca.

Per tanto Adolf Wagner, lo zio del musicista, noto per le sue traduzione di Gozzi, fu lui ad introdurre il nipote alle opere dello scrittore veneziano.

“Egli indulgeva –sempre in Gutman- nella consueta dispersività dell’adolescenza, ma dedicava molte ore a visite e passeggiate con lo zio Adolf, che sapeva parlare di letteratura, filologia e filosofia, nonché degli uomini che toccavano la sua esistenza, come Schiller, Goethe, Fichte, Tieck, Jean Paul e August Apel, il poeta del Franco Cacciatore, il cui figlio era diventato amico di Richard”.

Carlo Gozzi che, con le sue fiabe –come evidenzia Natalino Sapegno- “reagì” alla fortuna del naturalismo goldoniano”, fu la fonte da cui Wagner attinse dalla DONNA SERPENTE l’argomento per le sue Fate (feen). Le Fate fu la prima opera completa del musicista, ma soltanto cinque anni dopo la sua morte che Die Feen ebbe la sua prima rappresentazione al National Theater di Monaco. (Tentò di farla rappresentare a Lipsia e che ripose nel cassetto da cui verrà tolta dopo la sua morte).

Italo Maione, autore del dramma di Wagner, pone in risalto che il motivo della redenzione attraverso l’amore già si rivela nell’opera le Fate ed anche Gutman ribadisce osservando che il motivo della redenzione è uno degli argomenti letterari prediletti da Wagner con il quale già si era trastullato appunto nelle fate; prenderà poi chiara forma nel DIVIETO D’AMARE. Siamo nel 1834, allorquando Wagner trasse in libretto di Das Lieberverbot da Measure for Measure di Shakespeare.

Soltanto nel 1836 riuscì a mettere in scena la sua opera, essendo direttore musicale a Magdeburgo.

Le Fate abbondano di giri melodici e di colori armonici che anticipano L’Olandese Volante, il Tannhauser e il Lohengrin.

Nell’anno 1834, Wagner aveva conosciuto Minna Planer. Nello stesso anno decide di sposarla, cui fa seguito il concepimento di un’opera di mezzo carattere in due atti, specie di operetta dal titolo LA FAMIGLIA DEGLI ORSI FELICI e tratta da un racconto delle MILLE E UNA NOTTE, da collocarsi eventualmente nei teatri ove il Maestro fosse scritturato direttore d’orchestra.

L’opera di mezzo carattere resterà allo stato di frammento intanto Wagner nel 1836 e precisamente il 24 novembre legalizza il suo amore nella chiesa di Tropheim.

Con Minna Planer vive a Konigsberg per circa un anno e vi compone le Overtures Rule Brittania e Polonia, e quando poi quel teatro d’opera a sua volta fallisce si reca a Berlino, vi conclude una scrittura per il teatro di Riga e di là passa a Dresda dove era già stato in precedenza alla ricerca della moglie fuggiasca e dove abita la sorella Ottilia sposata Bnockhaus.

Da Dresda il Maestro cerca di entrare in relazione con Eugene Scribe a Parigi per un argomento da trarsi da un romanzo LA NOBILE SPOSA DI H. KONIG; non se ne fa nulla e allora sotto l’impressione degli eroici melodrammi spontiniani concepisce di trasformare in un poema epico-mistico lo storico romanzo RIENZI dello scrittore inglese Edward George Bulwer Lytton.

Da tener conto che Wagner non nascondeva affatto il proprio disprezzo per la tradizione del tenebroso romanticismo tedesco sulla cui traccia si erano poste le Fate.

Egli aveva già ascoltato a Wurburg i semplici mezzi lirici di cui si giovava l’opera dei paesi latini ed aveva considerato a Lipsia l’impronta elegiaca dei Capuleti e Montecchi di Bellini, allontanandosi così dai suoi compatrioti e biasimando gli obbligati strumentali del vecchio Bach per la pratica tedesca di sommergere e limitare il cantante in un oceano sonoro.

Richard così abbraccia la cantilena, la sensualità e la semplicità degli italiani.

Lo stesso Wagner ci dice che si rifugiò nell’opera italiana per uscire dalla confusione delle costruzioni del periodo e delle modulazione romantiche.

La melodia si colloca tra Bellini e i Romantici.

Infatti Wagner nel 1839 in un Saggio dedicato a Vincenzo Bellini augura a tutti i compositori tedeschi che venga loro in mente di trattare il canto in quel modo.

Ed infine lo stesso Wagner dirà: “Canto, canto, ed ancora una volta canto , miei tedeschi”.

 

 

Lorenzo Vessichelli

Condividi quest'articolo

Altri articoli di Musica


“Voice of Heritage”

La tradizione dei canti beneventani arriva per la prima volta a New York con una due giorni organizzata dal Conservatorio di Musica "Nicola Sala" (Benevento), oggi e domani, 19 e 20 novembre, 2024. Il progetto si intitola “Voices of [...]

Contattaci

  • Telefono: 347/ 5355964

  • Email: solofraoggi@libero.it

  • Email: ilcomprensorio@libero.it

Seguici