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Precari delle Poste e l'appello al Segretario Generale CGIL Landini

"Tra centinaia di parlamentari della Repubblica italiana, la stragrande maggioranza di loro preferisce voltarsi dall’altra parte"

Spett.le Maurizio Landini,

Le scrivo in qualità di rappresentante del Movimento Lottiamo Insieme. Il nostro è un movimento sociale nato dal basso, nella primavera del 2023, costituito da centinaia di lavoratrici e lavoratori precari di Poste Italiane provenienti da tutta Italia, riunitisi per protestare contro il largo (e cattivo) uso di contratti a tempo determinato in azienda, nonché per dare voce e visibilità al disagio, vissuto sulla propria pelle, derivante da condizioni lavorative spesso irregolari e degradanti.

La società, Primo datore di lavoro del Paese con 120 mila dipendenti, è controllata dallo Stato attraverso il Ministero dell’economia e delle finanze che detiene una quota del 29,6% e di Cassa depositi e prestiti titolare del 35%. Tuttavia, nonostante la sua vocazione pubblica e l’evidente utilità sociale, nel corso degli anni ha sviluppato un modello di gestione del servizio postale incentrato sul lavoro povero e precario. A fronte delle 90 mila lavoratrici e lavoratori precari, principalmente giovani, che hanno prestato servizio dal 2017 al 2023, Poste Italiane ha provveduto a stabilizzarne a malapena 12.500. Un dato sconcertante, se si considera che in media solo un giovane su sette riesce a ottenere l’assunzione a tempo indeterminato; restano invisibilizzati in un limbo di incertezza tutti gli altri.

In contemporanea, l’azienda continua a reclutare nuovi precari, ai quali viene prospettata la possibilità di conquistare un “posto fisso” dopo un anno di servizio. Ma i contratti a tempo determinato, di solito della durata di due o tre mesi, vengono prorogati preferibilmente a chi non rivendica il rispetto dei propri diritti. Un “sistema”, che si avvale di graduatoria – frutto di accordi con le Organizzazioni Sindacali –, che ben si presta a discriminazioni e favoritismi, funzionale a spremere i lavoratori piuttosto che ad agevolarne la stabilizzazione.

Così, tra l’incudine del ricatto occupazionale e il martello del guadagnarsi da vivere, in Poste Italiane, azienda fiore all’occhiello dell’economia nazionale, ritroviamo, sistematicamente, precari che lavorano molte più ore del previsto senza percepire nulla in cambio (in danno anche all’Erario!); precari immessi in servizio con formazione carente o inadeguata, perlopiù demandata ai colleghi; precari che operano in condizioni di scarsa sicurezza e con mezzi non sempre idonei; precari sottoposti a turni massacranti, esposti alle alte temperature, al freddo e alle intemperie. C’è un esercito di lavoratori-fantasma costretti a vedersi calpestare quotidianamente i propri diritti, ma quasi nessuno ne parla.

Il Movimento Lottiamo Insieme da oltre un anno si batte per spezzare questo circolo vizioso di precariato e sfruttamento. A tale proposito abbiamo organizzato numerosi incontri di dibattito e confronto, in Parlamento e nelle piazze, con i vari soggetti direttamente coinvolti, come le parti sociali, rappresentanti politici e associazioni di categoria. In verità, a eccezione dei sindacati di base come Cobas Poste, Slg Cub Poste, Clap (Camere del lavoro autonomo e precario) che hanno fin da principio condiviso le nostre iniziative, Slc Cgil Veneto e singoli esponenti delle Organizzazioni firmatarie che si sono mostrati molto solidali con noi, abbiamo riscontrato totale indifferenza proprio da parte di chi dovrebbe essere in prima linea nella difesa dei diritti dei lavoratori.

Infatti, ancorché avessimo tentato numerose volte di interloquire con i tre principali sindacati Cgil, Cisl e Uil – scrivendo alle competenti segreterie delle sedi di Roma – mai c’è stato alcun riscontro. Trapela, tutt’al più, una malcelata insofferenza rispetto a quanto pubblicamente da noi denunciato. Pertanto, ipotizziamo che vi sia una precisa scelta sindacale di sostenere la crescita dell’azienda indipendentemente dagli interessi delle lavoratrici e dei lavoratori. Ciò desta notevoli preoccupazioni, e nel caso specifico della Cgil anche una certa perplessità: com’è possibile promuovere un referendum sul lavoro e allo stesso tempo fare “spallucce” dinanzi a un disastro occupazionale di tale portata?

Sul punto, emerge una evidente responsabilità politica. Ci preme, infatti, evidenziare che, tra centinaia di parlamentari della Repubblica italiana, la stragrande maggioranza di loro preferisce voltarsi dall’altra parte. Eccezion fatta per l’On. Aboubakar Soumahoro, fin dagli inizi al fianco del Movimento Lottiamo Insieme. E i deputati Antonino Iaria e Andrea Casu, rispettivamente del M5s e Pd, coinvolti nell’ambito del convegno «Essere precari stanca», tenutosi nei giorni scorsi in Parlamento, in cui è stata rimarcata la necessità di dotarsi di un quadro giuridico-normativo per affrontare la precarietà nel lavoro.

In attesa di un gentile riscontro, porgiamo i nostri più cordiali saluti.

 

 

Carmine Pascale

Movimento Lottiamo Insieme

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