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Tempo Ordinario: Domenica 29.ma dell'Anno B (2023-24)

Nota introduttiva: L’omelia va preparata dal pastore dei fedeli, ai quali essa è rivolta, perché deve tener conto della Parola di Dio, del tempo liturgico e delle condizioni e bisogni dei fedeli; questa, che segue, potrebbe essere un’omelia rivolta a un uditorio di fedeli sconosciuti, perché tiene conto solo dei primi due elementi. Alla fine sono suggeriti altri temi possibili da sviluppare. Sono graditi suggerimenti per rendere più utili queste riflessioni (mons. Francesco Spaduzzi, francescospaduzzi@gmail.com)  

Tempo Ordinario: Domenica 29.ma dell'Anno B (2023-24)

Introduzione. Isaia preannunzia la sofferenza del Servo di Yahweh e la sua gloria; anche Gesù fa lo stesso nella totale incomprensione da parte degli Apostoli; Ebrei ci parla di Gesù come sommo sacerdote, che ci sta vicino e ci comprende e ci aiuta con compassione.

I - Isaia 53,10-11 – Isaia parla del Servo di Yahweh. Di lui si dice: al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori (10), farlo soffrire molto, e si compirà per mezzo suo la volontà del Signore (10), perché obbedirà con fedeltà piena a Dio. Fare la volontà di Dio è l’unico sacrificio che Egli gradisce (Eb 10,5-10; Salmo 40,8ss), ed è anche espiatorio; e perciò il Servo offrirà se stesso a Dio in sacrificio di riparazione (10) delle ribellioni degli uomini. Egliil giusto mio servosi addosserà le loro iniquità. Egli affronterà con pazienza grande il suo intimo tormento (11), ma anche esteriore. Grazie al suo sacrificio espiatorio, che si concluderà con la sua morte (Is 53,12: perché ha spogliato se stesso fino alla morte), egli vivrà a lungo (10), per sempre, e vedrà la luce, che è Dio stesso: si sazierà della sua conoscenza, di Dio (11), e vedrà una discendenza (10) numerosa: sono i molti che egli, il giusto mio servo, giustificherà (11), perdonando i loro peccati e rendendoli giusti col suo sacrificio. Isaia preannuncia quello che poi ha fatto Gesù. Nel piano della salvezza, come voluto dal Padre, era previsto che il Figlio fatto uomo con la sua ubbidienza offrisse il sacrificio di espiazione: col suo amore obbediente doveva distruggere le nostre mancanze di amore, che si concretizzano nelle nostre disobbedienze. Gesù dovrà patire molto nell'anima e nel corpo, ma risusciterà e andrà a condividere la gloria del Padre; così realizzerà la giustificazione delle moltitudini, che saranno la sua discendenza. Rinnoviamo la nostra fede in Gesù Dio e Salvatore, che è venuto a dare la vita per noi per renderci giusti e salvarci. E seguendo Gesù, impegniamoci anche noi per la salvezza degli altri con la preghiera e i sacrifici.

II - Marco 10,35-45 – (a) Gesù, durante il viaggio verso Gerusalemme (Mc 10,32-34), fa la terza profezia della sua Passione: Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani,  lo derideranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e lo uccideranno, e dopo tre giorni risorgerà (Mc 10,33-34). Pietro e gli Apostoli rifiutano di accettare per Gesù la sofferenza e morte; ne è prova che Giacomo e Giovanni, pur vicini a Gesù, Gli esprimono un desiderio generico (35), che Egli fa precisare (36) - lui lo conosce già, ma gli altri Apostoli no -: essi chiedono di occupare, dopo Pietro, i posti più importanti presso di Lui: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra» (37). La richiesta non è di condividere con Gesù la buona e cattiva sorte, ma solo avere i posti importanti nella Sua “gloria” terrena: è la totale incomprensione della sua missione e delle profezie della Passione. Pensano al potere e alla gloria mondana mentre Gesù ha parlato dell’opposto. Chiediamo la grazia di accettare la croce nella vita di Gesù e nella nostra. (b) Con chiarezza Gesù disse loro: Voi non sapete quello che chiedete (38); li avverte: se vogliono condividere la sua sorte gloriosa devono prima partecipare alla sua morte ignominiosa, che Gesù presenta con l'immagine del suo calice della sofferenza da bere e del suo battesimo da ricevere, cioè affogare nell’acqua fino a morire. E ora i due aggiungono la presunzione e rispondono: «Lo possiamo» (38). Gesù, con pazienza e senza ulteriori precisazioni, conclude che parteciperanno alla sua sofferenza (39), ma che condividano la sua gloria dipende dalla decisione di Dio Padre (40). In effetti, gli Apostoli abbandoneranno tutti Gesù nell’Orto degli Ulivi; troviamo Giovanni sul Calvario per accompagnare Maria e le pie donne. Senza l’aiuto dello Spirito, nessuno può capire e condividere le sofferenze Gesù; con la venuta dello Spirito tutto questo sarà possibile, come vediamo che nella vita successiva degli Apostoli e dei tanti Martiri. Anche noi teniamo sempre presente questa verità.

2. Gli altri dieci Apostoli, che non erano molto migliori, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni (41). Allora Gesù li chiamò e li raccolse a sé e ricordò loro: Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono (42) e le sfruttano, senza preoccuparsi del bene dei sudditi. A questi Gesù contrappone lo stile diverso, che si userà nella sua comunità: Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande, importante, tra voi sarà vostro servitore (42) e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti (43), servirà tutti e senza essere ricompensato per il servizio. Essi dovranno seguire l'esempio di Gesù, che, nonostante sia il Figlio dell’uomo, il sovrano universale del libro di Daniele (7,14), non è venuto dal Cielo sulla terra per farsi servire - come sarebbe stato suo diritto -, ma per servire tutti e dare la propria vita in riscatto per molti (45), per salvare le moltitudini. E’ un modo totalmente nuovo di concepire l'autorità: essa è presentata come servizio, che gli Apostoli capiranno e praticheranno solo dopo la venuta dello Spirito Santo. Chi ha responsabilità nella Chiesa, deve molto pregare per capire e praticare, e chi non ha responsabilità, preghi per chi ce l’ha.

III - Ebrei 4,14-16 – La Lettera agli Ebrei dà alcune indicazioni sulla persona di Gesù per guidare alla giusta relazione con lui. (a) Gli Ebrei avevano sulla terra un sommo sacerdote, che però era ben piccolo rispetto a Gesù; egli serviva nel tempio di Gerusalemme, semplice copia del Tempio perfetto, che è in Cielo; egli, nella festa dell'Espiazione, vi entrava una volta all’anno nella parte più sacra e vi portava il sangue degli animali, per ottenere il perdono dei peccati di tutto il popolo; e così consolava il popolo. Noi invece abbiamo in Gesù il Figlio di Dio un sommo sacerdote grande; con l'ascensione è passato attraverso i cieli (14) inferiori ed è entrato in Cielo e vi ha portato il Suo Sangue preziosissimo per ottenerci il perdono dei peccati; ivi siede per sempre alla destra del Padre e intercede per noi (Eb 7,25). Adoriamo il nostro sommo Sacerdote e apprezziamo la sua opera redentrice. (b) Egli è il Sommo Sacerdote ma è uomo come noi; non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia prendere parte alle nostre debolezze, anzi per esperienza le comprende e le compatisce;  egli stesso è stato persino messo alla prova in ogni cosa come noi, come ogni uomo di questo mondo. Con la differenza che in Lui è escluso il peccato (15), perché sempre fedele al Padre, mentre noi tante volte siamo caduti nel peccato. Proprio perché è vissuto da uomo come noi, è compassionevole, è pronto a esercitare con noi la sua misericordia; perciò Ebrei ci invita: Accostiamoci dunque al trono della grazia, a Gesù, seduto in trono alla destra del Padre, per ricevere misericordia e trovare la grazia e le Sue grazie, così da essere aiutati al momento opportuno (16), secondo i nostri bisogno; Gesù è la sorgente di ogni grazia, alla quale ci dobbiamo avvicinare. E’ necessario che manteniamo ferma la professione della fede (14) in Lui, che perseveriamo in essa e la alimentiamo, e con piena fiducia (16), cioè con speranza. In sostanza dobbiamo praticare la fede, speranza e carità, per avere le grazie.

EUCARESTIA. Essa è il memoriale della Passione del Signore ed è anche la sorgente di forza per imitare la pazienza e l’amore del Signore nelle sue sofferenze, che è una delle cose più difficili alla nostra natura umana, che è attratta dal piacere e rifugge da ogni sofferenza. Preghiamo la Vergine SS. Addolorata e S. Giuseppe, gli Angeli Custodi e i Santi Patroni, perché ci ottengano la grazia di portare la nostra croce con amore e pazienza. (mons. Francesco Spaduzzi)

Altri Temi: 1. La difficoltà che gli Apostoli hanno di comprendere  e accettare l’annunzio della passione e morte di Gesù è comune ai Suoi contemporanei e a noi: la sofferenza e l’umiliazione sono per la nostra natura umana qualcosa di estremamente indigesto e la reazione spontanea è il rifiuto. Solo la grazia di Dio ci può aiutare ad accettare per fede questo modo di pensare di Gesù.

2. Portare la croce con pazienza e continuando ad amare Dio e il prossimo è possibile solo con la grazia di Dio. Soprattutto poi se si tratta di affrontare il martirio per Cristo, quali che siano le sofferenze che dovessero precedere la morte. Perciò nella preghiera dobbiamo sempre chiedere la grazia di essere fedeli al Signore fino all’estremo in qualsiasi situazione ci troveremo.

3. Il fatto che gli altri Apostoli protestano rivela che l’attaccamento al potere e agli onori non ce l’hanno solo Giovanni e Giacomo, ma sono generosamente condivisi da tutti; in effetti anche da ciascuno di noi. Dobbiamo stare attenti a “mortificare” questa parte di noi che appartiene alla terra e lottare per resistere a queste tendenze così fortemente radicate dentro di noi.

4. Il sacrificio è l’offerta di sé a Dio per fare la Sua volontà, riconoscendo che riceviamo tutto da Lui e che siamo totalmente suoi e perciò vogliamo ciò che Lui vuole. Questo sacrificio esprime la nostra adorazione a Dio, la nostra benedizione e ringraziamento a Lui, la nostra volontà di pentimento e di espiazione dei nostri peccati, la nostra supplica  a Lui per essere aiutati.

5. Gesù con la sua vita, passione e morte, ha offerto al Padre il sacrificio perfetto, e ci ha meritato tutte le grazie, di cui abbiamo bisogno, ha espiato tutti i nostri peccati, ha prestato al Padre tutta la benedizione e il ringraziamento e tutta l’adorazione che l’umanità Gli deve. Se possiamo accostarci a Dio con le virtù teologali, lo dobbiamo solo a Gesù. (mons. Francesco Spaduzzi)

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