Tempo Pasquale: Domenica II dell'anno B (2023-24)
Nota introduttiva: L’omelia va preparata dal pastore dei fedeli, ai quali essa è rivolta, perché deve tener conto della Parola di Dio, del tempo liturgico e delle condizioni e bisogni dei fedeli; questa, che segue, potrebbe essere un’omelia rivolta a un uditorio di fedeli sconosciuti, perché tiene conto solo dei primi due elementi. Alla fine sono suggeriti altri temi possibili da sviluppare. Sono graditi suggerimenti per rendere più utili queste riflessioni (mons. Francesco Spaduzzi, francescospaduzzi@gmail.com)
Tempo Pasquale: Domenica II dell'anno B (2023-24)
Introduzione. Nel Vangelo appare l’infinita pazienza e misericordia di Gesù per gli Apostoli; negli Atti uno spaccato della vita della primitiva comunità cristiana, che era alimentata dalla presenza di Gesù e dello Spirito, come ci suggerisce Giovanni nella sua Lettera.
I - Giovanni 20,19-31 – 1. A. (a) La sera di quel giorno, il primo della settimana, il giorno dopo il sabato, erano chiuse le porte del luogo, forse il Cenacolo, dove si trovavano i discepoli, gli Apostoli e altri, per timore dei Giudei (19). Bene facevano i discepoli a stare insieme, perché questo rende presente Gesù in mezzo a loro (Mt 18,20). (b) E difatti Venne Gesù, stette in mezzo e tolse ai discepoli il timore; augurò loro: «Pace a voi!» e la donò loro (19), e anche la gioia (20 E i discepoli gioirono al vedere il Signore). Gesù, Dio e uomo risuscitato, è onnipotente; la sua natura umana è glorificata ed emana energia: nell’incontro con lui, specie nei sacramenti, partecipiamo di questa vitalità, grazie alla dynamis, la forza, che usciva da Gesù e guariva tutti (Mc 5,30; Lc 5,17; 6,19; 8,46), sia il corpo dalle malattie sia l’anima dal peccato: essa ancora investe e trasforma chi ha fede. (c) Gesù diede anche la certezza che era risorto, perché mostrò loro le mani e il fianco (20), con i segni delle piaghe: il morto in croce era risorto e vivo sotto i loro occhi. Gesù è fonte di gioia con la sua presenza per il credente, che passava da ciò che vedeva (Gesù uomo risorto) a ciò che non vedeva (la sua divinità). Gesù consolò con la sua misericordia i discepoli, perché mostrò loro che aveva perdonato tutto. Così Gesù fa sempre anche con noi. (B) Gesù disse loro di nuovo: Pace a voi! (21) e partecipò loro la missione, ricevuta dal Padre: Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi (21). Gesù annunziava la salvezza e la dava; gli Apostoli la proclameranno e la renderanno accessibile, rendendo Gesù presente per mezzo della Parola e dei sacramenti e della loro persona. Per abilitarli a ciò, Gesù soffiò e disse loro: Ricevete lo Spirito Santo (22). Tra i poteri, conferiti loro, Gesù sottolinea quello di perdonare tutti i peccati, potere riservato a Dio (Mc 2,7): A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati (23); in effetti gli Apostoli agiscono in nome di Gesù. Grande è l’amore e la misericordia di Dio per l'umanità per aver dato questi poteri agli Apostoli e ai loro successori per offrire a tutti nei secoli la possibilità di salvezza. Crediamo, ringraziamo, rallegriamoci, supplichiamo di valorizzarli.
2. (a) Tommaso non era con gli altri Apostoli, quando Gesù apparve loro (24) ed essi gli ripetevano: «Abbiamo visto il Signore!» (25), risorto e vivo; ma il suo ritornello era: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo» (25), voleva vedere e toccare le piaghe. Grande la sofferenza dei condiscepoli di fronte a tanta testardaggine, durata una settimana. Nessuno lo convinse: né Giovanni, né Pietro, e neanche la Madre di Gesù. Stiamo attenti a non essere creduloni, ma evitiamo la cocciutaggine di Tommaso, dannosa a lui, ma utile a noi, perché, grazie a essa, la nostra fede è anche meglio fondata. (b) Otto giorni dopo ai discepoli, riuniti con Tommaso, apparve di nuovo Gesù e diede a tutti la pace del cuore (26-27). Si rivolse a Tommaso e lo invitò a fare con la vista e il tatto ciò che desiderava (27); lo esortò anche non fare l'incredulo ma a credere alla testimonianza di quelli che avevano visto (27). Non sappiamo se Tommaso toccò le piaghe gloriose di Gesù, ma certamente fece la più alta professione di fede del N.T in Gesù: «Mio Signore e mio Dio!», cioè “Tu per me sei Yahweh dell'AT, l'unico vero Dio” (28). Gesù lo avvertì: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!» (29), cioè noi. Giovanni conclude, richiamando la necessità della fede in Gesù come Figlio di Dio e Messia e Salvatore: Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro (30); Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome (31). Ciò vale per tutti: senza fede è impossibile piacere a Dio e non c'è salvezza; anche Tommaso crede in ciò che non vede, cioè che Gesù è Dio e Salvatore. Crediamo, adoriamo, ringraziamo, lodiamo la Misericordia di Gesù verso Tommaso e verso di noi: porta lui alla fede e a noi la facilità di credere.
II - Atti 4,32-35 - I primi cristiani partecipavano uniti all'insegnamento degli Apostoli, alle preghiere e all'Eucaristia (At 2,42); sapevano che Gesù era con loro (Mt 28,20) e che lo Spirito Santo guidava i singoli e la comunità (At 2,1-11) con l’unica fede, speranza e carità, che versava nei loro cuori (Rm 5,5). La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola (32): avevano in comune i beni spirituali e condividevano i beni materiali (32), al punto che i proprietari li vendevano (34) e mettevano il ricavato a disposizione, degli Apostoli (35), perché fosse distribuito a ciascuno secondo il suo bisogno (35). Così nella comunità non c’erano poveri, perché ognuno aveva il sufficiente per vivere (34); questo suscitava il grande favore (33) di quelli che ne venivano a conoscenza, che concludevano: “Vedete come si amano!”, come racconta Tertulliano. E’ ovvio che questo creava un terreno favorevole all’accoglimento della predicazione degli Apostoli circa la risurrezione del Signore Gesù (33). Anche noi, se vogliamo vivere bene la vita cristiana, dobbiamo attingere aiuto dall’annuncio della Parola di Dio, preghiera ed Eucaristia, e alimentare la nostra comunione con Dio e con i fratelli, praticando la fede, speranza e la carità; così arriveremo a esercitare col prossimo, anche con atti eroici, quella misericordia, che il Signore ha avuto con noi. Allora anche la nostra testimonianza sarà accettata con più facilità.
III - 1Giovanni 5,1-6 – (a) Giovanni ci avverte che Chiunque crede che Gesù è il Cristo (1) ed è il Figlio di Dio (5) è stato generato da Dio (1), perché ha la vita eterna di Dio (Gv 3,36; 6,47) ed è sulla via della salvezza, purché riceva anche il battesimo (Mc 16,16). Bisogna anche che amiamo Dio (2- 3) e ne diamo la prova sia amando i figli di Dio (2), perché chi ama colui che ha generato – Dio -, ama anche chi da lui è stato generato (1), sia nell’osservare i suoi comandamenti (3; cfr. 2); questi non sono gravosi (3) e difficili da osservare, perché l’amore rende tutto facile. In effetti Dio ci dà per mezzo dei sacramenti e della preghiera la forza per osservarli (Fil 4,13). In sintesi dobbiamo credere in Gesù come Figlio di Dio e Cristo Salvatore e amare Dio e ogni uomo. La prova del nostro amore a Dio e al prossimo sta nell'osservare i comandamenti: i primi tre esprimono il nostro amore verso Dio e gli altri verso il prossimo. (b) Chi crede che Gesù è il Figlio di Dio (5) ed è stato generato da Dio per la fede e carità vince il mondo (4-5) come lo ha vinto Gesù (Gv 16,33); unito a Gesù e come Lui (Gv 12,31; 14,30; 16,11), vince anche la carne e Satana. (c) E’ venuto con acqua e sangue, Gesù Cristo (6): l'acqua del Suo battesimo e il sangue della redenzione, ma anche con lo Spirito della Pentecoste, che è Spirito di verità e illumina i credenti su chi è Gesù (6); Gesù comunica lo Spirito agli Apostoli nel giorno della resurrezione (Gv 20,19-31). Crediamo alla testimonianza su Gesù, pratichiamo l’amore verso Dio e verso il prossimo. La misericordia, che esercitiamo col prossimo, sorge spontaneamente dalla misericordia, che Dio ha per noi, e ci ottiene ulteriore misericordia.
EUCARESTIA. Frutto della Messa è l’unione con Gesù e con i fratelli, e quindi intensifica l’amore per Dio e per il prossimo, sull’esempio di Gesù e per la grazia dello Spirito. Preghiamo la Madre di misericordia e S. Giuseppe suo sposo, gli Angeli Custodi e i Santi Patroni, di ottenerci di gustare la misericordia di Dio e di praticarla col prossimo. (mons. Francesco Spaduzzi)
Altri Temi: 1. Gesù augura la pace e la dà effettivamente; con la pace dà anche la gioia: quando Gesù ci rivela qualche verità, ci attrae anche a crederla e, quando ci dà un comandamento, ci dà anche la forza e la grazia per tradurlo nella pratica della vita quotidiana. .
2. Il potere di perdonare i peccati, che Gesù dà agli Apostoli, è universale, proprio come Gesù perdonava tutti i peccati; la non remissione dei peccati non dipende dalla loro particolare cattiveria, ma dalle cattive disposizioni di chi confessa i propri peccati: per avere il perdono, occorre riconoscere i peccati, pentirsene, chiederne perdono, fare il proposito di non più peccare, riparare.
3. Tommaso trova tanta difficoltà a credere alla testimonianza degli altri Apostoli perché è animato da molta superbia: ritiene di essere il solo veramente intelligente e capace di capire le situazioni e di distinguere il vero dal falso. Ma Gesù è misericordioso e usa la sua cattiveria per correggerlo ma anche per rafforzare la fede degli altri. E anche la nostra.
4. Atti dà altre descrizioni delle comunità cristiana primitive; le caratteristiche comuni sono la fede nella resurrezione di Gesù e la carità verso Dio e reciproca con la condivisione dei beni. Non soltanto bisognava rispettare il 7° e il 10° comandamento, ma era necessario anche aprire il cuore ai bisogni dei materiali dei fratelli, che appartenevano alle classi meno abbienti.
5. La fede e la carità riempiono il Vangelo di Giovanni e le sue Lettere. Sono due virtù teologali, ma anche le caratteristiche che distinguono il cristiano dal non cristiano. Non si è mai perfetti nella pratica di queste virtù e bisogna costantemente crescere in esse. La preghiera e i sacramenti con la grazia di Dio ci aiutano. (mons. Francesco Spaduzzi)