Tempo di Quaresima: Domenica IV dell'Anno B (2023-24)
Nota introduttiva: L’omelia va preparata dal pastore dei fedeli, ai quali essa è rivolta, perché deve tener conto della Parola di Dio, del tempo liturgico e delle condizioni e bisogni dei fedeli; questa, che segue, potrebbe essere un’omelia rivolta a un uditorio di fedeli sconosciuti, perché tiene conto solo dei primi due elementi. Alla fine sono suggeriti altri temi possibili da sviluppare. Sono graditi suggerimenti per rendere più utili queste riflessioni (mons. Francesco Spaduzzi, francescospaduzzi@gmail.com)
Tempo di Quaresima: Domenica IV dell'Anno B (2023-24)
Introduzione. In Cronache Dio mostra la sua giustizia e la sua misericordia; nel Vangelo la misericordia è per chi crede in Gesù; Paolo sottolinea che siamo salvati gratis per la fede.
I - 2Cronache 36,14-16.19-23 – I capi religiosi e civili ebrei e il popolo di Dio peccarono gravemente contro di Lui come i pagani e profanarono il Tempio, che il Signore si era consacrato a Gerusalemme (14). Il Signore, Dio dei loro padri, loro protettore e benefattore, mandò premurosamente e incessantemente i suoi messaggeri, i profeti, ad ammonirli, perché aveva compassione del suo popolo e della sua dimora e voleva evitare di castigarli (15). Ma essi si beffarono dei messaggeri di Dio e li schernirono, disprezzarono le sue parole al punto che l’ira del Signore contro il suo popolo raggiunse il culmine, senza più rimedio (16). Geremia per anni invitò invano il popolo alla conversione e preannunciò con la parola del Signore la durata del castigo: «settanta anni» (21). I Babilonesi assediarono la città e la presero prima nel 597 a.C., e poi 10 o 11 anni dopo: incendiarono il tempio del Signore, demolirono le mura di Gerusalemme e diedero alle fiamme tutti i suoi palazzi (19), e deportarono a Babilonia gli scampati alla spada, che divennero schiavi (20). Ma Nell’anno primo di Ciro, re di Persia, perché si adempisse la parola del Signore pronunciata per bocca di Geremia, il Signore suscitò lo spirito di Ciro (22), che dichiarò: “Il Signore, Dio del cielo, mi ha concesso tutti i regni della terra. Egli mi ha incaricato di costruirgli un tempio a Gerusalemme. Chiunque di voi appartiene al suo popolo, il Signore, suo Dio, sia con lui e salga!” (22-23; cfr. 20-21). Dio pazientò 7 secoli, prima di punire gli Ebrei coi castighi, sempre rimandati, perché, ricco di misericordia, voleva correggere e salvare; ama anche se castiga. Ma se non ci serviamo di più preghiera e penitenza, Egli, nel rispetto della nostra libertà, ci abbandona alla rottura definitiva con Lui Suo sommo dolore, perché alla morte ha consegnato il Figlio per salvarci. Se rifiutiamo l'amore di Dio, sperimenteremo la sua giustizia.
II – Giovanni 3,14-21 – 1. Gesù dialoga con Nicodemo e gli ricorda che nel deserto gli Ebrei si ribellarono a Dio, che mandò serpenti velenosi a farne strage; essi capirono la gravità del peccato e chiesero a Mosè di pregare Dio, che per misericordia ordinò di fare serpenti di bronzo e di metterli su pali nell'accampamento: chi guardava il serpente veniva guarito dal veleno se credeva alla Parola di Dio, comunicata da Mosè, e sperava nell'onnipotenza e bontà di Dio e nella Sua promessa di guarigione. Mosè innalzò il serpente nel deserto (14; cfr. Nm 21,4-9): credettero, sperarono e furono salvati. Gesù afferma che così bisogna che sia innalzato sulla croce il Figlio dell’uomo (14), perché chiunque lo guarda e crede in lui abbia la vita eterna (15). In sostanza bisogna credere in Gesù come il Figlio unigenito di Dio, fatto uomo (Gv 1,14) e dato (16 da dare il Figlio) e mandato… nel mondo (17), e sperare nella bontà e nell'amore di Dio, (che) ha tanto amato il mondo (16 ), e del Figlio (Ef 5,1-2.25) e nelle loro promesse, e così essere salvati: perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna (16). Dio Padre, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui (17). Crediamo nel Padre, Figlio e Spirito Santo; speriamo nelle loro promesse e nella loro potenza e bontà infinite; rispondiamo all'amore di Dio col nostro amore; pentiamoci dei peccati e facciamo il proposito di evitarli e Dio ci donerà la salvezza. A Gesù costa molto liberarci dai peccati e salvarci; a noi ben poco; è la bontà infinita di Dio che ci dà anche la forza per morire al peccato e risuscitare a vita nuova.
2. (a) Non è condannato e, quindi, è salvo Chi crede in Gesù (18), cioè chi sa e professa che è il Figlio unico di Dio fatto uomo e ci ha salvati con la sua obbedienza amorosa al Padre, durante la sua vita, specie nella sua Passione e Morte. Occorre credere la verità, ma anche fare la verità (21), cioè vivere secondo la verità, che è evitare il male e fare il bene, come proposto da Gesù, che è la verità (Gv 14,6). Chi non crede, - si rifiuta -, si autocondanna alla perdita della salvezza, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio (18); alcuni fanno questa scelta scriteriata, perché le loro opere sono malvagie (19). In effetti in Gesù la luce è venuta nel mondo (19) e questo già provoca il giudizio (19), la distinzione tra le persone, che amano le tenebre, perché sono sotto il dominio di Satana, e quelle che amano la luce, che è il Cristo. Chiunque infatti fa il male odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate (20): la luce di Cristo fa apparire la cattiveria dalle sue opere e la riprovazione che meritano. Invece chi fa la verità, viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio, cioè corrispondono alla volontà di Dio (21). Teniamo insieme la fede e la carità, cioè la fede in Dio, nelle verità che ci propone, e la carità, cioè l’amore a Dio e all’immagine di Dio; così camminiamo nella luce e andiamo incontro a Dio, che è luce, e siamo immersi nella luce in questo mondo e nell’eternità. (b) Se le loro opere sono malvagie, per gli uomini la fede diventa più difficile (19), perché devono superare due ostacoli: accettare la verità di Dio, che è al di sopra della conoscenza razionale e della sensibile, e rinunciare alle opere cattive, che piacciono. Chi invece è docile alla luce, proveniente dalla Parola di Dio, e col Suo aiuto si sforza di praticarla, sperimenta già una connaturalità con la fede e con le opere della fede. Di qui la necessità di fare il bene e di pentirci, se facciamo il male. Il giudizio, qui, non è il particolare o universale, ma la decisione di accettare la verità e di fare il bene o la rinuncia a essi.
III - Efesini 2,4-10 – (a) La nostra situazione era di morti spiritualmente per le nostre colpe (5); ma Dio ci ha fatto rivivere con Cristo (5); insieme Con lui ci ha anche risuscitato, cioè ci ha ridato la vita divina, e ci ha fatto sedere nei cieli, sempre in Cristo Gesù (6), alla sua destra, perché membra del Suo Corpo mistico. Dio, ricco di misericordia (4), ci dà tutto mediante la sua bontà infinita verso di noi in Cristo Gesù (7), per i suoi meriti, per il grande amore con il quale ci ha amato (4), e per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia, la sua gratuita benevolenza per gli uomini (7). Siamo passati dalla morte spirituale alla vita divina, perché Dio, bontà infinita, ci ama di amore infinito ed esercita una misericordia infinita con noi, grazie a quello che Gesù ha operato per noi. Gustiamoci questo amore, riflettiamoci spesso e cerchiamo di scoprirlo in tutto ciò che ci circonda, perché Dio l’ha diffuso in noi e intorno a noi, per la nostra gioia e il nostro sostegno. (b) Da questo sappiamo che Dio per grazia ci ha salvati (5; cfr. 8), mediante la fede in Gesù (8), salvezza-fede, che è dono di Dio e non viene né da noi (8), né viene dalle nostre opere, perché nessuno possa vantarsene (9) come frutto degli sforzi umani. Sul piano soprannaturale, Siamo infatti opera sua, di Dio, creati in Cristo Gesù (10), in vista delle opere buone, che Dio stesso ha preparato perché le facessimo (10). Siamo quindi salvati solo per misericordia di Dio, per i meriti di Gesù e per la fede, che lo Spirito ci dona: per opera dello stesso Spirito, ricevuto nel battesimo, diventiamo nuova creatura, capaci di fare le opere buone. Dobbiamo riconoscere che la salvezza e i mezzi per arrivarci sono dono di Dio e che noi dobbiamo solo aprirci ad accoglierlo; dobbiamo dire di sì a Dio con la fede, speranza e carità, che lo Spirito Santo infonde nei nostri cuori (Rm 5,5).
EUCARESTIA. Nella Messa noi esercitiamo le virtù teologali e con la comunione realizziamo la massima unione con Dio, possibile su questa terra; di più avremo solo in Cielo. Preghiamo la Vergine SS. e S. Giuseppe, gli Angeli Custodi e i santi Patroni, di ottenerci di giungere dove essi ci hanno preceduti, sostenendoci per la loro stessa via. (mons. Francesco Spaduzzi)
Altri Temi: 1. S. Paolo e S. Giovanni sono quelli che più insistono sull’importanza della fede nel NT, non si entra e non si vive nel mondo soprannaturale senza la fede esplicita o implicita in Dio e Uno e Trino e in Gesù Cristo vero Dio e vero uomo, che è vissuto e ha patito ed è morto e risorto per liberarci dal peccato e comunicarci la vita nuova, divina ed eterna.
2. Dio ci ama e ci dona suo Figlio (Gv 3,16); Gesù ci ama e si dona per noi (Ef 5, 2.25; Gal 2,20). All’amore di Dio Padre Figlio e Spirito per noi dobbiamo rispondere con l’amore che lo Spirito effonde nei nostri cuori (Rm 5,5), amore verso Dio e verso l’immagine di Dio, l’uomo. Dio è amore e noi dobbiamo diventare altrettanto con il suo aiuto, non certo con le nostre forze.
3. Dio è Luce (Sal 27,1); Gesù è luce del mondo (Gv 8,12; 13,36.46); gli Apostoli sono invitati da Gesù a essere luce del mondo (Mt 5,12; Gv 12,35-36) e figli del giorno e della luce, a rivestirsi delle armi della luce nella lotta contro Satana e a trasmettere questa luce agli altri. La Parola di Dio e di Gesù sono il veicolo principale della luce di Dio, che vuole arrivare a noi.
4. La storia della salvezza dell’AT e del NT è la storia dell’amore di Dio per l’uomo e dell’infedeltà dell’uomo a Dio, alla quale Egli risponde con la sua misericordia paterna, che perdona e cerca di ottenere la correzione dell’uomo dai suoi peccati per arrivare all’unione con Lui. Se ci lasciassimo penetrare profondamente dalla convinzione che Dio ci ama veramente!
5. La salvezza soprannaturale, proprio perché è tale, è totalmente dono di Dio, e i doni si possono accettare o rifiutare, ovviamente con la conseguenza di avere o non avere i vantaggi che vengono dall’accettazione o dal rifiuto del dono. In questo caso il vantaggio è la felicità eterna e la piena realizzazione dell’uomo; lo svantaggio è la dannazione eterna (mons. Francesco Spaduzzi)