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Tempo Ordinario: Domenica 28.ma dell'anno A (2022-23)

Nota introduttiva: L’omelia va preparata dal pastore dei fedeli, ai quali essa è rivolta, perché deve tener conto della Parola di Dio, del tempo liturgico e delle condizioni e bisogni dei fedeli; questa, che segue, potrebbe essere un’omelia rivolta a un uditorio di fedeli sconosciuti, perché tiene conto solo dei primi due elementi. Alla fine sono suggeriti altri temi possibili da sviluppare. Sono graditi suggerimenti per rendere più utili queste riflessioni (mons. Francesco Spaduzzi, francescospaduzzi@gmail.com)  

Tempo Ordinario: Domenica 28.ma dell'anno A (2022-23)

Introduzione. Isaia ci avverte che Dio chiama tutti i popoli alla salvezza; anche Gesù conferma questo insegnamento, e S. Paolo ci mostra come lui ha predicato il Vangelo con tanti sacrifici.

I - Isaia 25,6-10 – (a) Il profeta spinge lo sguardo a un futuro lontano, quando, secondo la Sua promessa, il Signore degli eserciti verrà e raccoglierà tutti i popoli a Gerusalemme e Preparerà per loro su questo monte, un banchetto di grasse vivande, …, di cibi succulenti, (6). Il banchetto è il simbolo della felicità vissuta insieme fra Dio e gli uomini. Teniamoci in condizioni di parteciparvi. (b) In Gerusalemme Dio eliminerà l'ignoranza, che impedisce la Sua conoscenza, perché si rivelerà con chiarezza a tutti gli uomini (7); inoltre Egli farà scomparire per sempre la vergogna, che consiste nella schiavitù del peccato (8), e la morte (8); anzi Il Signore Dio interverrà e asciugherà le lacrime su ogni volto (8), perché eliminerà la sofferenza stessa. Allora, dalle grandi opere di Dio si capirà qualcosa della Sua infinita grandezza: Ecco il nostro Dio (9). Egli è Yahweh, nel quale gli ebrei e l'umanità ripongono la speranza: Questi è il Signore in cui abbiamo sperato… perché ci salvasse (9); rallegriamoci quindi per la salvezza, che Egli offre (9). Tutto sarà realizzato dalla Parola di Yahweh (8), il Dio onnipotente nella creazione e nella storia: Egli verrà sul monte di Gerusalemme (10) e farà grandi cose. Il profeta guarda nel futuro e – come spesso capita ai profeti – non percepisce la distanza fra gli avvenimenti che prevede; così qui egli vede come contemporanee la predicazione di Gesù, che ha eliminato l'ignoranza a incominciare da 20 secoli fa, e l’eliminazione della morte, che si realizzerà solo alla fine del mondo alla seconda venuta di Gesù; anche il banchetto è per l’eternità, ma in qualche modo già è anticipato nell’Eucarestia, che porta all’unione con Gesù e per mezzo di Lui con la Trinità, oltre che coi fratelli. Le lacrime sono asciugate adesso ma lo saranno perfettamente solo in paradiso, perché solo lì scomparirà la sofferenza. Gustiamoci le promesse di Dio per la realizzazione piena di questa profezia, ma non lasciamoci sfuggire la gioia del suo compimento parziale, già ora con la prima venuta di Cristo. 

II- Matteo 22,1-14  1. (a) Gesù con la parabola (1) ci ricorda che Dio chiama gli uomini a entrare nel suo Regno e lo fa anzitutto con gli Ebrei; la partecipazione al Regno di Dio dà grande gioia, come stare a un banchetto con persone importanti, invitati alla festa delle nozze del figlio del re (2). L'invito veniva fatto per tempo e poi ripetuto quando tutto era pronto; e così fece il re (3), ma con sua amara sorpresa gli invitati rifiutarono il secondo invito (3). Il re lo ripetette: Ecco, ho preparato il mio pranzo; … tutto è pronto; venite alle nozze! (4). La risposta degli invitati fu da pazzi: Ma quelli… andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero (5-6)La reazione: Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città (7). Dio ci ama e ci invita a entrare nel suo Regno per arrivare alla salvezza e felicità eterna. Egli ci ripete l’invito varie volte, fino all’ultimo istante della nostra vita. Gravissimo è il nostro danno se rinunciamo all’invito; ma è anche somma ingratitudine al suo amore, degnazione e condiscendenza per noi. Saremo puniti con l'esclusione dall’intimità con Lui, che è la felicità del paradiso e quindi faremo il massimo danno a noi stessi. (b) La parabola prosegue raccontando che comunque si tenne la festa per le nozze del figlio del re (8). Al posto degli invitati, che non erano degni (8), furono invitate le persone comuni (9)E i servi andarono per le strade e invitarono tutti, senza distinzione fra buoni e cattivi; tutti accettarono ed ebbero la gioia di partecipare al banchetto nuziale (10). Noi siamo gli invitati della seconda ondata, quella venuta dopo gli ebrei, che come popolo hanno rifiutato l’invito a entrare nel Regno. Ma non dimentichiamo che erano ebrei Maria, gli Apostoli e i primi cristiani; S. Paolo in qualsiasi città sempre predicava prima agli ebrei. Non ringrazieremo mai abbastanza il Signore per questo grandissimo dono. Ma Egli desidera che tutti entrino nel suo Regno e chiede la nostra collaborazione. Accettiamo noi l'invito alla conversione per entrare nel Regno; chiediamo perdono per il ritardo e proponiamo agli altri di entrare nella gioia di Dio.

2. Entrò il re nella sala del festino e la vide piena con sua grande gioia; ma vi scorse uno senza la veste adatta (11), che secondo l’uso veniva offerta a chi partecipava al banchetto. Gli altri l'avevano accettata e lui no. Il re gli chiese spiegazioni: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?” (12), che l’uomo non poté dare (12); allora lo fece legare e cacciare dalla sala in un luogo, dove non c'erano le luminarie della festa (13) ma solo grande sofferenza (13) per l’esclusione dalla festa. Chi partecipava al banchetto doveva esserne degno o diventarlo. La veste è simbolo della persona e della sua condizione, p. es. l’uniforme per il soldato; chi è ammesso al Regno di Dio deve avere la grazia santificante e perseverarvi; altrimenti, al momento del giudizio sarà escluso dalla salvezza: non basta essere nella moltitudine dei chiamati (14 Perché molti sono chiamati)ma bisogna anche restare nel numero di quelli che corrispondono all'amore verso Dio e vi perseverano (14 ma pochi eletti)Occorre mantenersi nell’amicizia col Signore con l’osservanza dei comandamenti e la lotta contro le tendenze cattive o la mentalità mondana, che vogliono  trascinarci in direzione opposta. Chiediamo la grazia della perseveranza.

III - Filippesi 4.12-14.19-20 – (a) S. Paolo ha ricevuto aiuti dalla comunità cristiana di Filippi in Macedonia per mezzo di Epafrodito; li ha accettati con gioia, mentre altrove egli ha provveduto a se, dedicandosi all'apostolato e al lavoro. Egli dichiara che è abituato a vivere nella mancanza di beni necessari e nell’abbondanza: So vivere nella povertà come so vivere nell’abbondanzasono allenato all'abbondanza o all’indigenzaalla sazietà e alla famea tutto e per tutto (12). Sorgente di questa forza è Cristo, che è onnipotente (13 Tutto posso in colui che mi dà la forza). Paolo rivela così la sua solida costituzione fisica e il suo allenamento psicologico a una vita sacrificata, e quindi la sua forza morale e spirituale, che gli viene da Dio. Anche noi cerchiamo la forza in Cristo nell’affrontare tutte le difficoltà, lasciandoci guidare dalla fede e dalla carità. (b) I Filippesi hanno fatto bene ad alleviare a Paolo le sofferenze dell'apostolato e del carcere (14). Adesso ha anche il superfluo, grazie ai doni, portatigli da Epafrodito (18). La loro è un’opera buona, voluta da Dio, gradita a lui come un vero sacrificio (18 che sono un piacevole profumo, un sacrificio gradito, che piace a Dio): Dio li ricompenserà già qui coi suoi beni, con la Sua generosità (19), ma soprattutto nell’altro mondo, perché Cristo lo considera fatto a Se stesso (Mt 25,31-45); questa promessa vale per il bene fatto al prossimo, tanto più se fatto agli apostoli. Paolo conclude con una dossologia, con la quale dà gloria a Dio, che è il Padre di Gesù ma anche nostro: Al Dio e Padre nostro sia gloria nei secoli dei secoli. Amen (20). Facciamo il bene al prossimo e Dio non farà mancare il suo aiuto materiale e spirituale a noi: Gli faremo cosa gradita, specie quando aiutiamo chi lavora per la salvezza del prossimo.

EUCARESTIA. La Messa è l’anticipo del banchetto del cielo: già ora ci uniamo a Cristo e per mezzo di Lui alla Trinità, in preparazione a quando contempleremo Dio in paradiso; adesso la comunione con Dio si realizza per mezzo della fede e della carità, allora per la visione diretta, faccia a faccia. Chiediamo alla Vergine SS. e a S. Giuseppe, agli Angeli Custodi e Santi Patroni di accompagnarci qui in terra, aiutandoci a non perdere la strada per andare a stare con Dio e con loro nell’eternità. (Mons. Francesco Spaduzzi)

Altri Temi: 1. Gli invitati alle nozze, che si rifiutano di partecipare, sono inescusabili, perché furono avvertiti molto tempo prima e avevano accettato. Anche noi, se rifiutiamo la chiamata di Dio, siamo inescusabili, perché Egli ci dà tutti gli aiuti di cui abbiamo bisogno per rispondere di sì ai suoi inviti a pensare e a vivere in modo da poter essere salvati.

2. Chi rifiuta il dono di Dio, danneggia solo se stesso; Dio sarà glorificato comunque sia che eserciti la misericordia, donando la salvezza, sia che eserciti la giustizia, condannando chi la rifiuta. Ma la situazione del salvato e del dannato sono totalmente diverse. E in ogni caso Dio preferisce salvare e non condannare: c’è più gioia in cielo…

3. In Paradiso si entra solo con la grazia santificante, cioè se si vive, o almeno si muore, nell’amicizia col Signore, senza peccati gravi sulla coscienza. Errore gravissimo è rimandare il pentimento dei peccati e la confessione; a furia di rinviare si finisce per non farla prima della morte.

4. Il banchetto è uno dei segni più belli del paradiso; si sta tutti insieme: Dio con noi e noi con lui, e noi insieme con gli altri. Le celebrazioni della Chiesa, specie l’Eucarestia, sono simbolo, anticipo e caparra della gioia del paradiso.

5. Le sofferenze presenti, specie se sopportate per amore di Cristo, portano il fedele a una rassomiglianza sempre più viva con Gesù e ovviamente rendono più gioioso il paradiso, per quelli che corrispondono alla grazia di Dio.  Comunque non ci mancheranno mai sofferenze; vale la pena che ce ne serviamo per migliorare la nostra conformazione a Gesù. (mons. Francesco Spaduzzi)  

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