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Tempo ordinario: Domenica 26.ma dell'Anno A (2022-23)

Nota introduttiva: L’omelia va preparata dal pastore dei fedeli, ai quali essa è rivolta, perché deve tener conto della Parola di Dio, del tempo liturgico e delle condizioni e bisogni dei fedeli; questa, che segue, potrebbe essere un’omelia rivolta a un uditorio di fedeli sconosciuti, perché tiene conto solo dei primi due elementi. Alla fine sono suggeriti altri temi possibili da sviluppare. Sono graditi suggerimenti per rendere più utili queste riflessioni (mons. Francesco Spaduzzi, francescospaduzzi@gmail.com)  

Tempo ordinario: Domenica 26.ma dell'Anno A (2022-23)

Introduzione. Ezechiele ricorda che il convertito viene salvato e chi si perverte si perde; Gesù approfondisce questa verità; Paolo esorta a guardare a Cristo come modello di vita cristiana.

I - Ezechiele 18,25 28 - Gli ebrei rimproverano a Dio: “Non è retto il modo di agire del Signore” (25). Ma Dio li invita a riflettere se non è piuttosto sbagliato il loro modo di agire (25). E Dio con pazienza spiega: se chi osservava la legge - e quindi era giusto -, smette di osservarla e diventa ingiusto, ed è punito con la morte, questo gli avviene per aver commesso il male (26). D'altra parte il malvagio, che non rispettava la legge nel passato ma si pente al presente e si mette sul retto cammino, vivrà per il bene che sta facendo (27); egli ha considerato con attenzione la sua vita, si è pentito, ha smesso di fare il male (28); di conseguenza sfuggirà al castigo della morte, che meritava per i suoi peccati, e continuerà a vivere (28 egli certo vivrà e non morirà). In sostanza viene salvato da Dio solo chi fa il bene, cioè la volontà di Dio, espressa nella Legge di Dio, condensata nei dieci comandamenti e sintetizzata nei 2 precetti dell'amore, e persevera nel compimento del bene. Chi fa il male, non si pente e non si mette sulla via del bene, o chi faceva il bene e si mette sulla via del male, rischia di perdersi per sempre; costoro mostrano di non apprezzare tutto il bene che Dio ha dato loro durante la loro vita; rifiutano di riflettere sulla morte di Gesù per loro e non valorizzano quanto Egli, il Dio fatto uomo, ha fatto e patito per la loro salvezza; per loro non conta niente che Dio li ami fino a sacrificare il Figlio per loro. E’ cosa molto triste.

II - Matteo 21,28-32 -1. Gesù raccontò la parabola ai capi religiosi e civili del suo popolo, i membri del Sinedrio e i sacerdoti; egli chiese il loro parere sul comportamento di due figli (28); il padre disse al primo: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna” (28); e questi rispose seccamente: “Non ne ho voglia” (29), Ma poi ci ripensò, si pentì della sua risposta sgarbata e del suo rifiuto e vi andò a lavorare (29). Il padre Si rivolse anche al secondo figlio e gli disse di andare a lavorare nella vigna (30) e questi rispose cerimoniosamente: “Sì, signore”Ma non vi andò (30). Gesù chiese agli ascoltatori: Chi dei due ha compiuto la volontà del padre? ed essi risposero giustamente: «Il primo» (31).Ovviamente nella parabola di Gesù il padre è Dio, che invita noi suoi figli a compiere la sua volontà, a osservare i suoi comandamenti. Non basta ascoltare la Parola di Dio e rispondere generosamente che vogliamo obbedire; è necessario effettivamente metterla in pratica. Tanti buoni propositi abbiamo fatti in vita e non li abbiamo mantenuti; altri li abbiamo mantenuti in parte. “La via dell’inferno è lastricata di buoni propositi, mai mantenuti”, dice un proverbio. Con tutta la fede e l'amore, di cui siamo capaci, pentiamoci del male fatto, del bene non fatto e del bene fatto male. Affidiamoci alla misericordia di Dio per avere il perdono e per riparare il male fatto.

2.  Gesù applicò la parabola ai suoi ascoltatori. Egli fece notare che Giovanni aveva predicato la necessità del pentimento e della conversione per incamminare gli ascoltatori nella via della giustizia (32), per guidarli alla salvezza, ma i capi ebrei non gli credettero (32 e non gli avete creduto); invece i pubblicani e le prostitute credettero alla sua Parola (30 i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto), si pentirono e si convertirono. I capi videro la conversione di costoro, ma continuarono a non credere a Giovanni e a non pentirsi (32). Il risultato fu che le prostitute e i pubblicani, giustamente considerati peccatori prima della loro conversione, entrarono nel Regno di Dio dopo che si erano ricreduti; i capi ebrei, invece, restano fuori, perché peccatori non convertiti (31 E Gesù disse loro: In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio). L'invito a convertirci resta sempre attuale anche per noi, finché siamo in questo mondo, giacché sempre – purtroppo - pecchiamo. La penitenza è sempre di attualità per noi. La nostra morte al peccato o morte mistica è sempre necessaria fino a quando non ci raggiunge la morte fisica; dopo questa non c’è più cambiamento. La preghiera e la penitenza aiutano con la grazia di Dio questa conversione.

III - Filippesi 2,1-11 – (a) S. Paolo scrive ai Filippesi una lettera, nella quale esprime tutto il suo affetto tenerissimo per loro, a cui aveva predicato la salvezza per mezzo della fede in Cristo; ma c’erano storture nella comunità. Perciò esorta a evitare rivalità e vanagloria (3) e l’egoismo nella ricerca del proprio interesse (4); piuttosto pratichino l'umiltà, fondamento della vita cristiana personale e comunitaria: ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso (3), e la ricerca del giusto interesse degli altri (4). Paolo li supplica e li scongiura per tutto quello che noi abbiamo ricevuto per mezzo di Cristo e troviamo in lui (1 in Cristo): la consolazione (1), l'incoraggiamento frutto della carità (1), la comunione degli animi (1), i sentimenti di amore e compassione (1); li prega di rendere perfetta la sua gioia (2) in carcere, realizzando l'unione dei pensieri nella fede (2) e dei cuori nella carità (2). Tale unità è possibile solo grazie all'umiltà (3), che ci fa accettare come discutibile il nostro modo di pensare, che tendiamo a ritenere sempre il migliore, e il nostro modo di amare, che tende all’egoismo. (b) Il modello delle virtù, che Paolo propone alla loro imitazione, è proprio Gesù, sorgente di grazia per praticarle; perciò li esorta: Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù (5), i suoi pensieri, sentimenti e affetti. In particolare guardino all’umiltà, che Gesù ha praticata: pur essendo Dio (6), non ritenne un privilegio/ da difendere l’essere come Dio (6), ma assunse la natura di creatura umana, che è serva del Creatore, e nascose la sua divinità (7). Visse nell’umiltà per tutta la vita (7), ma accettò un’umiliazione più grande: umiliò se stesso/ facendosi obbediente al Padre fino alla morte/ e a una morte di croce (8). Venne subito la risposta del Padre: Per questo Dio lo esaltò (9) al di sopra di tutto; elevò la sua natura umana a una dignità divina: gli donò il nome/ che è al di sopra di ogni nome (10), che era riconosciuto dagli Ebrei a Dio – Yahweh nell’AT: «Gesù Cristo è Signore!» (10); per questa dignità Gesù risorto ha diritto all’omaggio di ogni creatura, anche in quanto uomo glorificato (10 perché nel nome di Gesù/ ogni ginocchio si pieghi/ nei cieli, sulla terra e sotto terra): è la gloria e il riconoscimento di Gesù come uguale a Dio, comunque e sempre per la gloria di Dio Padre (11 e ogni lingua proclami:/ «Gesù Cristo è Signore!»,/ a gloria di Dio Padre). Il Figlio è Dio e si umilia, diventando uomo e nascondendo la sua divinità e affrontando la morte di croce; e noi non accetteremo di farci umili, riconoscendo davanti a Dio e agli uomini che tutto abbiamo ricevuto da Dio e niente abbiamo di nostro? E, come riconosciamo noi questo, dobbiamo essere contenti che lo dicano anche gli altri di noi. Chiediamo la grazia dell’umiltà, che è il fondamento della vita cristiana personale e comunitaria, ma si può sviluppare solo in chi accetta di crescere nella fede, come unità di pensieri in Cristo, e nella carità, come unità di cuori in Cristo.

EUCARESTIA. Nell’Eucarestia Gesù prosegue anche ora col suo stile di vita umile perché nasconde divinità e umanità e si mette a disposizione e al servizio di tutti. Ricevendolo nella comunione, non possiamo negargli la nostra disponibilità a seguirlo nella via di tutte le virtù e in particolare dell’umiltà. Chiediamo alla Vergine SS. e a S. Giuseppe, ai nostri Angeli Custodi e Santi Patroni di ottenerci la grazia di imitare Gesù in tutto. (mons. Francesco Spaduzzi)

Altri Temi: 1. Gesù parla in modo esplicito al popolo, perché esso accoglie la Sua parola con semplicità di cuore, mentre ai capi ebrei insegna solitamente con parabole, perché, a causa delle loro cattive disposizioni interiori, rifiuterebbero la luce intensa, che viene dalle Sue parole, mentre potrebbero – almeno alcuni – accettare una luce meno intensa e diretta che viene dalle parabole.

2. Quello che conta davanti a Dio è fare la sua volontà. A volte la volontà di Dio ci sembra difficile da compiere, ma quello che è impossibile o difficile alle forze umane si può realizzare con la grazia di Dio, che ci viene dalla preghiera.

3. Stiamo attenti non assolvere generosamente noi stessi, mentre siamo severi giudici del prossimo. Siamo tutti peccatori e abbiamo bisogno della misericordia di Dio: abbiamo generosa comprensione per la miseria degli altri, come la desideriamo per noi.

4. L’errore più grave che possiamo fare è di accusare Dio di incompetenza, di ignoranza, di ingiustizia, di non vedere le situazioni, di non punire i colpevoli, ecc. In realtà Dio fa sempre tutto con potenza, sapienza e bontà infinita. Stiamo attenti ad adeguarci noi a Lui e non pretendere il contrario.

5. Per Paolo Gesù è al di sopra degli Angeli e degli uomini e il centro dell’universo, e tutto il creato deve stare sottomesso a Lui. Per ogni uomo egli deve essere Dio e uomo, Cristo e Salvatore, Maestro e Modello, vita e sorgente di vita. Lo era sulla terra, lo è molto di più dopo che è risorto e salito al cielo e si è seduto alla destra del Padre. (mons. Francesco Spaduzzi)  

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