Tempo Ordinario: Domenica III dell’Anno A (2022-23)
Nota introduttiva: L’omelia va preparata dal pastore dei fedeli, ai quali essa è rivolta, perché deve tener conto della Parola di Dio, del tempo liturgico e delle condizioni e bisogni dei fedeli; questa, che segue, potrebbe essere un’omelia rivolta a un uditorio di fedeli sconosciuti, perché tiene conto solo dei primi due elementi. Alla fine sono suggeriti altri temi possibili da sviluppare. Sono graditi suggerimenti per rendere più utili queste riflessioni
mons. Francesco Spaduzzi
Tempo Ordinario: Domenica III dell’Anno A (2022-23)
Introduzione. Isaia preannuncia la luce e la gioia della predicazione di Cristo in Galilea; Il Vangelo ci mostra realizzata la profezia e ci presenta Gesù, che sceglie i suoi futuri collaboratori; Paolo esprime la sua preoccupazione per le divozioni nella comunità di Cristo a Corinto.
I - Isaia 8,23-9,3 - Dio in passato nella sua giustizia castigò per i loro peccati le tribù di Zabulon e di Neftali con la schiavitù, ma in futuro le esalterà per la sua misericordia (23) e si chiameranno Galilea delle genti (23). Il popolo ebreo, che con tutti i popoli era nelle tenebre dell'ignoranza religiosa e del peccato, è sarà illuminato dalla grande luce, che esso vedrà (1 Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse). E’ il Signore che darà loro questa grande gioia (2 Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia), come quella del mietitore del grano o del vittorioso, che partecipa alla divisione della preda (2); è la stessa gioia che si prova quando Dio libera dai nemici e distrugge i loro strumenti di tortura e di oppressione, come nella sconfitta dei Madianiti (3; cfr. Gdc 7). Questa glorificazione ed effusione di gioia per la Galilea, Dio la realizzerà in pieno con la venuta di Gesù, che porta con sé grazie materiali e spirituali, che comunicano felicità (Mt 3,23).
II - Matteo 4,12-23 – 1. Gesù si sposta subito dalla Giudea alla Galilea (12), per sottrarsi al controllo dei Farisei, ormai totalmente concentrati su di Lui dopo l'arresto di Giovanni Battista, e trasferisce la sua dimora da Nazaret a Cafarnao, sulla riva del Lago di Tiberiade, nell’antico territorio delle tribù di Zabulon e di Neftali (13); la città si trovava in posizione più centrale per la predicazione. Così Gesù realizza la profezia di Isaia (8,23-9,3; cfr. 14), che aveva annunciato la trasformazione di questo territorio, che ormai si chiamava Galilea (15): ai tempi di Isaia esso era precipitato nelle tenebre dell'idolatria e della schiavitù sotto il dominio degli Assiri (16), ma viene illuminato dalla grande luce che è Gesù (16). E’ Lui che dà luce (Gv 9,3) con la sua presenza e la sua Parola, che invita alla conversione, cioè a lasciare la vita di peccato per vivere una vita nuova nell’obbedienza a Dio. Motivo che rende urgente e necessaria la conversione è che il Regno dei cieli è vicino, cioè la salvezza viene ormai offerta da Gesù agli uomini (17 Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino»). Gesù è il sole che dà luce e calore: da lui ci aspettiamo che grazie alla fede e alla carità, doni del suo Spirito, siamo trasformati in Lui e, come Lui, diventiamo luce e calore per il prossimo.
2. Lungo le rive del Lago di Tiberiade, Gesù vede i due fratelli pescatori, Simone e Andrea, mentre gettano le reti (18) e li invita a seguirlo per diventare suoi collaboratori: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini» (19), nel senso che porteranno gli uomini alla fede in Cristo e alla salvezza; essi subito lasciano le reti e si mettono al suo seguito (20). Poco più avanti Gesù trova altri due fratelli Giacomo e Giovanni, che stanno in barca col padre a riparare le reti, e li chiama allo stesso modo (21); anch’essi lasciano subito la barca - e in più il padre - per seguire Gesù (22). Essi d’ora in poi accompagnano Gesù (, che) percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo (23). (a) La risposta di questi quattro è pronta e generosa e sembra miracolosa; in realtà sono passati circa 5 mesi dal il battesimo di Gesù, quando alcuni di questi discepoli di Giovanni incontrano Gesù la prima volta e incominciano a frequentarlo; nel frattempo essi hanno diviso il loro tempo fra Gesù e la vita di lavoro e famiglia, e hanno consolidato il rapporto con Lui, assistendo ai suoi miracoli e ascoltando la sua Parola. Perciò aderiscono alla chiamata subito e con generosità e lasciano tutto per lui: non importa che sia poco o molto; quel che conta è che si distacchino effettivamente da tutto per aderire a Lui. Ogni discepolo, in qualsiasi situazione si trovi, è chiamato a fare questo atto di generosità nei confronti di Gesù; Gesù per lui deve diventare il centro di tutto: deve essere creduto e amato e obbedito in tutto; così si sperimenta che nella vita soprannaturale è totale la nostra dipendenza da Lui e dall'attività dello Spirito Santo. Siamo generosi con Gesù in questo modo? Chiediamo questa generosità nel seguirLo. (b) I discepoli di Gesù devono condividere i pensieri e sentimenti del suo Cuore per poter perpetuare le Sue parole e azioni; poiché Gesù è luce per noi, Egli lo vuole diventare anche per gli altri attraverso di noi. E’ questa la ragione per cui Gesù incomincia a raccogliere intorno a sé alcuni discepoli, che poi diverranno i responsabili della sua comunità e continuatori della sua opera.
III - 1Corinzi 1,10-13.17 – La Chiesa, fondata da Gesù, ha un unico capo invisibile Cristo, e da Lui solo riceve la vita divina; ha un solo Capo visibile, Pietro e i suoi successori; ha un solo Collegio Apostolico, formato all’origine dagli Apostoli e adesso dai Vescovi; ha una sola fede, speranza e carità. Le divisioni tra i discepoli di Cristo a Corinto amareggiano il cuore di Paolo, che esorta i cristiani, interponendo l'autorità di Cristo (10 per il nome del Signore nostro Gesù Cristo), per quello che il suo nome rappresenta, significa ed esige dai suoi. Egli li sollecita ad alimentare in sé gli stessi pensieri, sentimenti e affetti, per avere comuni le parole e le azioni, evitando divisioni (10) e discordie (11). Con grande dolore Paolo ha saputo dai familiari di Cloe, una discepola importante, che nella comunità di Corinto ci sono contrasti (11) a causa della divisione dei fedeli in quattro partiti, quelli di Paolo, Apollo, Pietro e Cristo (12). Paolo vi aveva predicato per circa 18 mesi e aveva fondato la chiesa; Apollo vi aveva evangelizzato e si era distinto per il suo linguaggio elegante; Pietro è il capo degli Apostoli e forse era stato a Corinto; infine Cristo, al quale i tre precedenti si appellano. Ora Cristo non può essere diviso (13) e diventare principio di frammentazione invece che di unione. Tutti devono sentirsi discepoli dell’unico Cristo, perché Lui è stato crocifisso per loro - e non Paolo (13) o altri -, e nel nome di Cristo - non di Paolo o di altri - essi sono stati battezzati (13) e consacrati alla Trinità. Paolo ricorda che a Corinto ha battezzato pochissime persone (1Cor 3,14), perché egli sa che la sua missione principale non è battezzare - ministero che possono svolgere anche altri - ma di annunziare il Vangelo (17 Cristo infatti non mi ha mandato a battezzare, ma ad annunciare il Vangelo), per suscitare la fede e accompagnare i fedeli alla salvezza. Egli annuncia il Vangelo con linguaggio immediato e semplice, perché tutta l'attenzione dei fedeli si concentri sul contenuto del messaggio e sulla croce di Cristo, e non sullo stile nel parlare: se l’attenzione si sposta nella direzione sbagliata, viene tolta l'efficacia soprannaturale al Vangelo ed è resa infeconda la morte di Cristo in croce (17). (a) Accettiamo l'invito di Paolo a evitare le divisioni; ce ne sono tante fra i cristiani e anche nella stessa Chiesa. I responsabili della Chiesa siano umili e disposti ad ascoltare e – se necessario – ad accettare le osservazioni dei fedeli, per conservare la comunità nella comunione con Cristo e fra loro ed evitare divisioni e partiti. (b) Inoltre noi pastori dobbiamo sentire di più l'importanza dell’annuncio del Vangelo in pubblico e in privato: prepariamoci bene e i fedeli non si aspettino da noi cose nuove o paroloni, ma il messaggio evangelico nella sua semplicità e genuinità.
EUCARESTIA. Essa ci rende presente Gesù e il suo sacrificio, che è sorgente di vita e di unità nella Chiesa universale e nelle singole comunità, ma tutti dobbiamo sforzarci di aderire alla stessa fede in Cristo e amarci per amore di Cristo. La Parola di Dio ci orienta a unire le nostre menti nella Verità e l’offrirci insieme con Cristo al Padre e la Comunione Eucaristica ci dispongono a unire i nostri cuori nella carità. Chiediamo alla Vergine SS. e a S. Giuseppe, ai nostri Angeli Custodi e ai Santi Patroni, di farci seguire il loro esempio. (Mons. Francesco Spaduzzi)
Altri Temi: 1. Cristo e gli Apostoli hanno sempre invitato alla conversione, che consiste nell’aver fede, cioè pensare come Cristo pensa, e carità, cioè amare come Cristo ama, nella speranza dei beni spirituali presenti, ma soprattutto futuri, perché eterni.
2. Cristo invita a collaborare alla diffusione del Vangelo tutti i battezzati, ma specie gli ordinati, che oltre la Parola, comunicano i beni spirituali attraverso i Sacramenti.
3. Quando Gesù chiama alla collaborazione, occorre dire subito di sì, senza temporaggiamenti e falsa umiltà: se Dio affida una missione, dà anche la grazia di compierla..
4. L’unità fra i discepoli stava molto a cuore a Gesù e fu oggetto della sua preghiera (Gv 17). Preghiamo anche noi con le sue Parole o con le nostre per ottenere questa grazia. E’ un terribile ostacolo alla conversione dei pagani la divisione fra i discepoli di Gesù.
5. Pur divisi nella fede, comunque dobbiamo sentirci uniti a tutti dalla carità, che va alimentata verso tutti: consideriamo ogni uomo, anche chi non condivide la nostra fede, come fratello, perché creato a immagine di Dio e presenza di Cristo.