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Tempo Ordinario: Domenica 28.ma dell'Anno C

 

Nota introduttiva: Non si tratta di “omelia”, ma di riflessioni che vengono dalla meditazione della Parola di Dio e che possono offrire spunti per la  preghiera personale e l’omeliaSono graditi suggerimenti per rendere più utili queste riflessioni 

mons. Francesco Spaduzzi

 francescospaduzzi@gmail.com   

 

Tempo Ordinario: Domenica 28.ma dell'Anno C

I- Luca 17,11-18 - 1. (a) Gesù andava verso Gerusalemme, dove sapeva bene che avrebbe operato la nostra redenzione per mezzo della sua Passione e Morte; lasciò la Galilea e si addentrò nella Samaria (11 Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samaria e la Galilea). Mentre entrava in un villaggio, gli si presentarono, mantenendosi a distanza, 10 malati di lebbra (12 Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza), poco contagiosa ma terribile per le conseguenze devastanti, che provoca nel corpo dei malati; e l’incubazione dura anni. Essi si fermarono a distanza, perché la legge ve li obbligava, in quanto erano considerati impuri e contagiosi. Ammiriamo l'obbedienza di questi lebbrosi alla legge della distanza; le leggi sono per il bene comune e vanno osservate anche le leggi giuste dello Stato. (b) Si univano in comunità, per aiutarsi reciprocamente; ricevevano il cibo da parenti e amici. In questo gruppo c’erano Ebrei e Samaritani, che nella vita ordinaria erano in rottura fra di loro; ma la sofferenza li aveva aiutati a superare le loro divisioni storiche. Si pensava che ogni malattia o sofferenza era un castigo per i peccati personali: idea sbagliata; certamente tutte le sofferenze del mondo hanno origine dal peccato dei progenitori e quelli personali; ma solo Dio sa se è un peccato personale la causa di una singola malattia. (c) Dalla malattia si guariva solo con un miracolo. I 10 lo chiesero a Gesù: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!» (13); lo invocarono come Maestro, perché tale era considerato, e ne riconoscevano l’autorità; avevano sentito parlare molto di Lui. Lo chiamarono Gesù, col suo nome, molto bene augurante, perché significa Yahweh salva. Gli chiesero solo di aver compassione di loro, perché era chiaro il loro desiderio. Imitiamo la loro fede in Gesù e nella sua onnipotenza e la loro preghiera, che invocava la sua compassione e si affidava alla sua bontà. Diamo a Gesù qualcuno dei titoli che si trovano nelle litanie del SS. Nome di Gesù e in quelle del Cuore di Gesù o nella S. Scrittura. Essi ci ricordano chi è e quanto egli ha già fatto per noi e alimentano la nostra fede. In piena libertà interiore, chiediamo ogni grazia, di cui abbisogniamo, aggiungendo però: sia fatta la tua volontà. (d) Gesù li sentì e li vide e ordinò loro di presentarsi ai sacerdoti (14 Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti»), che si limitavano a constatare l'avvenuta guarigione, celebrare il rito di purificazione e riammetterli alla vita della comunità familiare, civile e religiosa. Essi credettero alla Parola di Gesù, si misero in cammino verso Gerusalemme e vennero guariti (14 E mentre essi andavano, furono purificati). Gesù valorizza il sacerdozio dell’AT e le altre istituzioni, finché non le abolì con la sua opera redentrice e le sostituì con nuove. Obbediamo a Gesù in qualsiasi cosa ci chieda direttamente o attraverso le istituzioni o le persone delle istituzioni; useremo la nostra prudenza (cfr. a della II lettura). Gesù opera miracoli attraverso i santi o i sacramenti, specie l'Eucaristia, o anche oggetti benedetti o di devozione, come l'acqua di Lourdes. Dio opera i miracoli come e quando vuole, ma richiede la nostra fede!

2. (a) Uno di 10 vedendosi guarito sente la necessità di tornare da Gesù e il bisogno di lodare Dio, fonte di ogni bene, e Gesù, per mezzo del quale gli è arrivato il dono di Dio; e lo fa con tutta la sua voce (15 Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce); si prostra fino a terra davanti a Lui e lo ringrazia: si tratta di un Samaritano (16 e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano). Gli Ebrei benedicevano spesso Dio durante la giornata per ogni dono, perché erano coscienti che veniva da Lui; man mano furono anche composte le 100 benedizioni, che coprivano il giorno intero, per mostrare gratitudine a Dio per tutto. Anche noi dovremmo avere la stessa sensibilità, perché ogni grazia ci viene da Dio per mezzo di Gesù - e possiamo aggiungere – per mezzo di Maria, Sua e nostra madre. (b) Gesù osserva che tutti e 10 sono stati guariti, ma qui ne mancano 9 (17 Ma Gesù osservò: Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono?); sottolinea che solo questo, per giunta straniero, ha sentito il dovere di tornare indietro e lodare Dio (18 Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?»). Gesù è felice di noi quando lo ringraziamo. In realtà ogni istante dovremmo benedire Dio, perché ogni istante è suo dono e ci viene carico di tanti altri suoi doni; ma noi neanche ci pensiamo con grave danno della nostra vita psicologica e spirituale. (c) Gesù congeda il Samaritano con la sua benedizione e gli spiega quello che è avvenuto: il miracolo è stato operato da Dio, ma perché c'è stata anche la fede dell'uomo, che, oltre la guarigione fisica, ha avuto anche quella spirituale della salvezza: «Alzati e va’; la tua fede ti ha salvato!» (19). Anche gli altri 9 hanno ricevuto il miracolo per la loro fede, ma senza avere la lode di Gesù e la spiegazione. Se ci abituiamo a  ringraziare Dio per i doni ricevuti, creiamo le condizioni di averne anche altri da Lui.

II - 2 Re 5,14-17 – (a) Naaman è un importante generale della Siria e viene a sapere che in Israele c'è un uomo di Dio, che può guarirlo dalla lebbra; si mette in cammino e va dal profeta Eliseo, che gli fa riferire che, per guarire, deve fare 7 volte il bagno nel Giordano. Eliseo è uomo di Dio e la sua parola è Parola di Dio (14), perché la trasmette fedelmente; purtroppo - e perciò occorre essere vigilanti - ci sono uomini, che fanno parte dell’istituzione voluta da Dio, i quali a volte non trasmettono la Parola di Dio, perché neanche L’ascoltano; essi si convincono che i loro pensieri sono quelli di Dio e li presentano come tali, facendo grave danno.  L'uomo di Dio deve essere sempre prudente e umile, perché porta un tesoro in vasi fragili (2Cor 4,7), e il fedele, sapendo questo, deve altrettanto essere prudente nel discernimento. L'uomo di Dio e chi lo prende come consigliere devono entrambi lottare e morire alla loro “carne” (tendenze cattive), al mondo, al diavolo, per evitare inganni, anche involontari. (b) Naaman non crede alla parola e, arrabbiato, decide di tornare in patria. I suoi servi lo convincono a credere e obbedire ed egli fa il bagno secondo la parola dell’uomo di Dio (14); guarisce e il suo corpo diventa come quello di un giovane (14). Naaman desidera la guarigione, ma a modo suo, volendo imporlo a Dio; guarisce quando obbedisce. Così anche noi per essere esauditi chiediamo le grazie, ma aggiungiamo: sia fatta la tua volontà. La guarigione è totale: riguarda il corpo e l'anima (15). Così avviene anche in ogni sacramento; certamente esso giova all'anima, ma anche al corpo, che entra in contatto con Gesù per mezzo del rito sacramentale, che comprende sempre anche un elemento visibile, come acqua, olio, pane e vino, gesti, la formula sacramentale, ecc. (c) Naaman Si presenta a Eliseo e fa la sua professione di fede nell’unico vero Dio: Ecco, ora so che non c’è Dio su tutta la terra se non in Israele (15); vorrebbe fare dei doni al profeta, ma riceve un rifiuto (16 Quello disse: «Per la vita del Signore, alla cui presenza io sto, non lo prenderò»), nonostante le sue insistenze (16). Allora egli chiede di portare con sé un po' di terra d'Israele, per poter costruire un altare e offrire sacrifici all'unico vero Dio (17 Allora Naaman disse: «Se è no, sia permesso almeno al tuo servo di caricare qui tanta terra quanta ne porta una coppia di muli, perché il tuo servo non intende compiere più un olocausto o un sacrificio ad altri dèi, ma solo al Signore). Eliseo è disinteressato e rifiuta ogni compenso;  a volte accetta il necessario per vivere, come il cibo per sé e i cosiddetti figli dei profeti, suoi discepoli. Certamente l'uomo di Dio ha un corpo, che ha gli stessi bisogni di coloro al cui servizio sta, e lo deve conservare possibilmente sano; ma deve avere il cuore distaccato dai beni terreni ed essere disinteressato, perché questo giova molto all’apostolato.

III - 2Timoteo 2,8-13 – (a) S. Paolo esorta Timoteo a tenere al centro della propria vita Gesù, che ha patito, è morto ed è risorto; egli è il Messia, perché discendente di Davide, come l’Apostolo l’annunzia nella predicazione (8 Ricordati di Gesù Cristo,/ risorto dai morti,/ discendente di Davide,/ come io annuncio nel mio Vangelo): Egli è venuto a salvarci. Per amore di Gesù egli è in carcere come un criminale, mentre alla Parola nulla può impedire di circolare (9 per il quale soffro/ fino a portare le catene come un malfattore./ Ma la parola di Dio non è incatenata!); Paolo sopporta tutto ed è disposto a sopportare ancora più sacrifici a vantaggio di quelli che Dio ha scelti e chiamati, perché essi possano essere salvati per i meriti di Gesù, e anche raggiungere la gloria eterna (11 Perciò io sopporto ogni cosa per quelli che Dio ha scelto, perché anch’essi raggiungano la salvezza che è in Cristo Gesù, insieme alla gloria eterna). Cristo Salvatore è tutto per Paolo e lui desidera che lo sia per Timoteo, e per tutti e ciascuno; Paolo accetta ogni sofferenza, anche la morte, pur di collaborare alla salvezza degli uomini. Questo amore appassionato per Cristo dobbiamo avere anche noi pastori e fedeli e, per essere veri collaboratori di Cristo, è necessario alimentarlo in noi e nel prossimo. (b) Paolo con poche parole esprime una grande verità, da credere senza riserve (11 Questa parola è degna di fede): Se moriamo con lui (11), cioè uniti a Cristo, e quindi avendo eliminato il peccato (grave) dalla nostra vita, con lui anche vivremo nell'eternità beata, ma anche già adesso per la grazia santificante; se a Lui siamo fedeli con perseveranza (12 se perseveriamo), collaboreremo alla diffusione del suo regno e con lui anche regneremo (12); se noi lo abbandoniamo e rinneghiamo, anche (12) lui dichiarerà di non conoscerci (12 lui pure ci rinnegherà) davanti al Padre e ai suoi Angeli (Mc 8,38); se siamo infedeli (13), lui rimane fedele,/ perché non può rinnegare se stesso (13), perché lui mantiene sempre le sue promesse. In sostanza Paolo vuol dire che, se noi facciamo di Gesù il nostro punto di riferimento, se non lo rinneghiamo e Gli siamo fedeli, se viviamo con lui fino a morire con lui, egli ci comunicherà la sua vita divina e, grazie a essa, vivremo con lui in questo mondo e collaboreremo con lui alla salvezza dei fratelli, e poi nell’eternità condivideremo con lui la beatitudine e il regno. Impegniamoci a vivere e morire con Lui.

EUCARISTIA. Gesù, presente in tanti modi e specie nell’Eucarestia, ci cura e ci guarisce da ogni malattia spirituale, e anche fisica, se ciò è necessario a farci vivere meglio l’unione con lui e per collaborare alla salvezza dei fratelli. Valorizziamo l’Eucarestia per alimentare il nostro rapporto con lui e il nostro apostolato. Preghiamo la Vergine Maria e S. Giuseppe, gli Angeli Custodi e i Santi Patroni, di ottenerci di seguire il loro esempio.  

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