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Tempo Ordinario: Domenica 23.ma dell’Anno C

Nota introduttiva: Non si tratta di “omelia”, ma di riflessioni che vengono dalla meditazione della Parola di Dio e che possono offrire spunti per la  preghiera personale e l’omeliaSono graditi suggerimenti per rendere più utili queste riflessioni

mons. Francesco Spaduzzi

francescospaduzzi@gmail.com

Tempo Ordinario: Domenica 23.ma dell’Anno C

I - Luca 14,25-31 - Gesù è seguito da tantissime persone (25) e il suo insegnamento piace per quello che dice e per come lo dice; i miracoli confermano che è un personaggio straordinario, un grande profeta inviato da Dio, il suo Messia. Non tutti, però, sono veri e autentici discepoli di Gesù e Lui vuole aiutarli a fare un serio esame di coscienza per verificare le loro reali condizioni spirituali. (a) E perciò dice loro che anzitutto bisogna andare da lui (26 Se uno viene a me), cioè credere in lui (Mt 11,25-30; Gv 6,35.37.45), cosa, che suppone una conoscenza sufficiente della sua persona, della sua opera redentrice e del suo insegnamento, che bisogna accettare integralmente e voler praticare con fedeltà. Inoltre bisogna amare Gesù al di sopra di ogni creatura e di tutte, siano anche le più intime, come i familiari, sia della famiglia di origine sia di quella che ci si forma (26 e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle), e persino più della propria vita (26 e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo); tanto più bisogna essere disposti a rinunciare ai propri beni per lui (33 Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo). Gesù è infinito nelle perfezioni come Dio e come uomo rappresenta il vertice della perfezione creaturale; perciò ha diritto alla precedenza assoluta su tutto e su tutti: dobbiamo amarlo con tutto il cuore, l'anima, la mente, le forze, e nulla anteporre a lui (S. Benedetto). (b) Infine è necessario portare la croce e seguirlo in tutto (27 Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo). Portare la croce per i contemporanei di Gesù significava affrontare il supplizio più doloroso e infamante e quindi spontaneamente si rifuggiva da tale idea; ma poteva indicare genericamente essere disposti a soffrire ogni dolore. Certo Gesù vuol dire che dobbiamo essere disposti a sopportare con pazienza tutte le difficoltà della vita sia quelle che sono permesse direttamente da Dio - che non sempre riusciamo a distinguere -, sia quelle che ci vengono dalla convivenza con gli altri, sia quelle che ci provochiamo con la nostra cattiveria o imprudenza. Non è comunque la sofferenza che ci fa discepoli di Gesù, ma la fede e l’amore che ci lega a lui e al prossimo, per cui viviamo tutto con pazienza per suo amore e imitandolo. Abbiamo certo tanto da esaminarci e correggerci.

2. Gesù racconta due parabole molto simili per incoraggiare a riflettere quelli che vogliono diventare suoi discepoli sull'importanza di seguirlo e di perseverarvi e sulle conseguenze, che ha nella propria vita la scelta che si fa. (a) La decisione è libera; in effetti chi vuole, diventa discepolo e chi non vuole, ci rinuncia; ma i risultati sono diversi: chi accetta di essere discepolo di Gesù viene salvato; chi rifiuta, sceglie la strada larga e comoda, che porta alla dannazione eterna. Il ricco epulone ebbe i suoi godimenti in questo mondo, luogo di passaggio - non gli mancarono le croci - e l'inferno nell'altro; Lazzaro soffre qui per un po’ di tempo, ma avrà le sue gioie in paradiso. Riflettiamo sull’abissale differenza fra la sorte eterna dell’uno e quella dell’altro. (b) Un re deve valutare se dispone di forze sufficienti per una guerra (31 Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila) o un uomo se ha i soldi per costruire una torre di difesa (28 Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine), prima di dare inizio alla guerra o alla torre; così ognuno, che vuole seguire Gesù, deve prendere coscienza dei suoi limiti e delle sue debolezze, delle difficoltà e delle insidie del cammino, che vengono dal diavolo, del mondo e dalla carne; per essere salvato, deve decidere di essere discepolo ma anche conoscere i mezzi che Dio mette a disposizione, che sono sempre la preghiera, specie meditazione ed esame di coscienza, e i sacramenti, specie la confessione e la comunione, e la direzione spirituale. Quest’ultima è utile a tutti, ma è indispensabile per chi vuole fare un cammino serio e senza sciupare tempo ed energie: ognuno di noi ha un temperamento e carattere diverso, frutto delle esperienze, ed essa ne tiene conto. Chi si rifiuta di fare il cammino della croce o non vi persevera, diventa lo zimbello del diavolo (cfr. 29-30.32), che lo ingannerà in questa vita e lo farà patire tanto nell'eternità; il dannato dirà: “In vita ho rifiutato di portare una piccola croce, che Dio mi offriva per breve tempo insieme con l'aiuto per sostenerla, cosa che mi avrebbe procurato la felicità eterna, e ora devo portare una croce tanto più pesante e per l'eternità, senza l'aiuto della grazia di Dio e senza merito”. Si darà a pugni in testa per la sua stupidità e digrignerà i denti per disperazione. Vogliamo condividere la sua sorte?

II - Sapienza 9,13-18 - (a) E’ la terza parte della preghiera di Salomone per ottenere il dono della Sapienza. L'uomo ragiona, ma come uno che cammina nell'oscurità, e avanza procedendo a tentoni, perché i suoi ragionamenti sono accompagnati da interrogativi, incertezze e dubbi (14); il motivo è che  il corpo rallenta l'anima e stanca l'intelligenza, facoltà dell'anima, invadendola di preoccupazioni, alcune serie, ma tante inutili (15). Così avviene che noi con difficoltà e lentezza, con incompletezza ed errori conosciamo le realtà di questo mondo (16). In effetti noi con difficoltà riusciamo a conoscere la verità e tante volte anche la mescoliamo con molti errori. Certo l'uomo ha l'intelligenza, che è veramente capace di conoscere la verità, ma nell'uso di essa è rallentato o portato fuori strada, oltre che dai suoi limiti e da quelli che impone il corpo all'anima, anche dalle passioni, dalle quali ci lasciamo dominare e che ci condizionano a scegliere come verità ciò che ci piace e non ciò che ci suggerisce la retta conoscenza. La verità trova la sua massima espressione nella Parola di Dio, che ci rivela ciò che dobbiamo credere come vero e ciò che dobbiamo praticare come bene secondo la sua infinita sapienza e bontà. Stiamo attenti a non allontanarci dalla volontà di Dio neanche con i piccoli peccati, perché essi preparano distanziamenti sempre più consistenti. (b) Sono due le domande, che si pone Salomone: chi ha investigato le cose che vanno al di là del mondo sensibile, e soprattutto del Cielo, che è il mondo di Dio (16), e chi fra gli uomini può immaginare che cosa vuole Dio (13). Solo grazie al dono della sua Sapienza e all'invio del dono del suo Spirito, noi possiamo conoscere i comandamenti e i doveri da compiere, che sono la volontà di Dio per noi (17 Chi avrebbe conosciuto il tuo volere, se tu non gli avessi dato la sapienza e dall’alto non gli avessi inviato il tuo santo spirito?); per mezzo della Sapienza di Dio, che è partecipata all'uomo e si rivela nella Sua Parola, gli uomini hanno conosciuto ciò che Dio gradisce e così il loro comportamento si è potuto raddrizzare, in modo da essere salvati (18). L'Autore si riferiva alla rivelazione dell'AT; la rivelazione piena e il dono dello Spirito Santo ci è stato dato per mezzo di Gesù, che è per noi come il sole rispetto alla luna degli Ebrei e alla notte con stelle dei credenti in Dio e alla notte senza stelle e con vento e nebbia, acqua e neve, degli atei e degli agnostici. Ringraziamo per la luce della verità di Cristo e per il calore dell'amore dello Spirito Santo, che il Padre ci ha donati per sua misericordia 

III – Filemone 9b-10.12-17 - Paolo scrive una breve lettera a Filemone, un importante cristiano di Colossi, che lui aveva convertito alla fede e che era anche un suo collaboratore, molto impegnato nella diffusione del Vangelo. Egli ormai è vecchio e in carcere per la fede in Cristo (10 io, Paolo, così come sono, vecchio, e ora anche prigioniero di Cristo Gesù) e per la sua testimonianza a Lui (9; 13 ora che sono in catene per il Vangelo). Ha bisogno di assistenza e gli sarebbe utile qualcuno che gli stesse vicino (13 Avrei voluto tenerlo con me perché mi assistesse al posto tuo). Nella Lettera Egli raccomanda a Filemone un certo Onesimo, che era ed è suo schiavo (16) secondo la legge romana, molto severa contro gli schiavi fuggitivi e ladri come pare in questo caso (Film 19). Paolo l’ha incontrato a Roma, è stato avvicinato da lui e lo ha portato alla fede in Cristo e al battesimo; quindi l'ha generato a vita nuova (10 Ti prego per Onesimo, figlio mio, che ho generato nelle catene); così è diventato un figlio per Paolo, e quindi anche fratello di Filemone (16 non più però come schiavo, ma molto più che schiavo, come fratello carissimo, in primo luogo per me, ma ancora più per te); si era allontanato dolosamente dal padrone per un poco per tronare poi per sempre (15 Per questo forse è stato separato da te per un momento: perché tu lo riavessi per sempresia come uomo sia come fratello nel Signore (16). Paolo avrebbe voluto e potuto trattenerlo con sé, ma non l'ha fatto per non mettere davanti al fatto compiuto Filemone, che così può decidere in piena libertà (14 Ma non ho voluto fare nulla senza il tuo parere, perché il bene che fai non sia forzato, ma volontario). Filemone conosce i sentimenti di amore di Paolo per lui e Onesimo, entrambi suoi figli e fratelli fra di loro e accoglierà Onesimo come accoglierebbe lo stesso Paolo (17 accoglilo come me stesso), perché il neo-convertito gli è caro e anzi è il suo cuore (12 Te lo rimando, lui che mi sta tanto a cuore). In sostanza Paolo ricorda a Filemone i principi della dottrina sociale cristiana: anche se per legge statale Onesimo è suo schiavo e colpevole, in quanto cristiano gli è fratello in Cristo e come tale va trattato; in effetti in Cristo, nel Corpo di Cristo che è la Chiesa, siamo tutti fratelli e uguali. Perciò dobbiamo trattarci reciprocamente non solo da amici (17 Se dunque tu mi consideri amico), ma da uomini creati a immagine e somiglianza di Dio e come immagine e presenza di Cristo e suoi fratelli e sorelle (16; cfr. Mt 12,50; Mc 3,35). Chiediamo la grazia che non solo l’amore naturale, ma soprattutto l’amore soprannaturale regoli i nostri rapporti col prossimo, grazie al dono dello Spirito.

EUCARISTIA. In essa Gesù ci esorta ad accogliere questo difficile insegnamento sulla necessità di portare la croce e ci unisce, nella comunione, a Sé, crocifisso e risorto per noi, dandoci la forza di sopportarla con  pazienza. Chiediamo alla Vergine SS. e a S. Giuseppe, ai nostri Angeli Custodi e ai Santi Patroni la grazia della fede e della carità, con cui essi hanno amato la loro croce

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