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Tempo Ordinario: Domenica XIII dell'Anno C

Nota introduttiva: Non si tratta di “omelia”, ma di riflessioni che vengono dalla meditazione della Parola di Dio e che possono offrire spunti per la  preghiera personale e l’omeliaSono graditi suggerimenti per rendere più utili queste riflessioni

mons. Francesco Spaduzzi

 francescospaduzzi@gmail.com   

Tempo Ordinario: Domenica XIII dell'Anno C

I - Luca 9,51-62 – 1. (a) Gesù decide con fermezza di avviarsi a Gerusalemme, perché sa che è vicino il tempo, in cui sarà elevato in alto sia per mezzo della Morte in croce sia con l’Ascensione (51 Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, egli prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme). Egli sempre compie la volontà del Padre secondo i tempi e i modi, stabiliti da Lui, e gli mostra il suo amore e obbedienza totale anche ora. Anche noi dobbiamo accettare di essere in qualsiasi momento “elevati” per mezzo delle sofferenze, se vogliamo essere “portati” su, in Paradiso. La croce ci accompagna sempre; i cristiani sappiamo utilizzarla per elevare la nostra vita spirituale, anche perché Dio ci dà la grazia di sopportarla con pazienza e amore. Il 13 maggio 1917 la Vergine chiese a Lucia e ai cugini se volevano offrirsi a Dio per sopportare le sofferenze per riparare i peccati con cui Dio è offeso e come preghiera per la conversione dei peccatori. Lucia rispose di sì e la Madonna  li avvertì che la grazia di Dio li avrebbe sostenuti nelle loro molte sofferenze. Se anche noi ci offriamo a Dio per soffrire con queste intenzioni, consoliamo Dio e facciamo un gran bene a noi e al prossimo in questo mondo e nell'eternità. (b) Gesù manda messaggeri davanti a sé per preparare l'alloggio, in case o granai o stalle, per sé, i discepoli e le donne che l'accompagnavano (52), ma i Samaritani si rifiutano di accoglierli, perché, invece di fermarsi al loro tempio del Monte Garizim, proseguono verso quello di Gerusalemme (53). Tutti i discepoli si irritano e Giovanni e Giacomo propongono a Gesù di far scendere il fuoco dal cielo per punire il villaggio inospitale, come avevano fatto Elia (1Re 18,38; 2Re 1,10-14) ed Eliseo (2Re 2,23-25). Anche questa è una croce, che viene addosso a Gesù e ai discepoli. Questi sentono come fatta a sé l’offesa contro Gesù. Gesù parlò a S. Margherita M. Alacoque delle sue sofferenze presenti: “Ecco il Cuore che ha tanto amato gli uomini e che nulla ha risparmiato, fino a esaurirsi e a consumarsi per testimoniare loro il suo amore. In segno di riconoscenza, però, non ricevo dalla maggior parte di essi che ingratitudini per le loro tante irriverenze, i loro sacrilegi e per le freddezze e i disprezzi, che essi mi usano in questo Sacramento d’amore”. Gesù chiese l’istituzione della festa del S. Cuore per riparare gli oltraggi, che riceveva, specie nell'Eucaristia. Con la compassione facciamo nostro il dolore di Gesù e cerchiamo di fare atti di riparazione per consolarlo. (c) Gesù non condivide affatto la proposta dei due fratelli, che non corrisponde per niente ai sentimenti e alle virtù del suo Cuore (Mt 11,29), e perciò li rimprovera (55 Si voltò e li rimproverò); la soluzione è un’altra: E si misero in cammino verso un altro villaggio (56). Gesù segue altre strade: prega sulla croce per i suoi nemici (Lc 23,34) e dà la vita per la loro salvezza, perché egli condivide la misericordia del Padre; perciò ci chiede di fare altrettanto (Lc 6,36). La soluzione non è la distruzione di chi ci fa male, ma ottenerne la conversione con la preghiera e i sacrifici. Nelle varie situazioni chiediamoci che cosa avrebbe fatto Gesù al nostro posto e regoliamoci secondo i sentimenti del suo Cuore.

2. Mentre Gesù è in cammino, gli si avvicinano tre desiderosi di seguirlo; Matteo del primo (57) dice che è uno scriba (Mt 8,19) e del secondo (59) che è un discepolo (Mt 8,21); in realtà lo sono tutti e tre, perché già credono in lui. (a) Il primo si dichiara disposto a condividere la sorte di Gesù in tutto, senza riserve (57 «Ti seguirò dovunque tu vada»); Gesù lo avverte – e ci avverte - che la Sua vita è molto sacrificata, al punto che non ha neanche dove appoggiare la testa per dormire, a differenza degli animali selvatici, che almeno hanno una tana o un nido (58 «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo»); non dice questo per scoraggiare, giacché comunque ci vuole, oltre la vocazione, la sua grazia per seguirlo; vuole solo richiamare l'attenzione sullo stile di vita sacrificata, che bisogna essere disposti a fare. Siamo disposti a fare qualsiasi sacrificio per amore del Signore, che per noi ha sacrificato tutto: onore, vita, ecc.? (b) Il secondo viene invitato da Gesù a seguirlo (59), ma mette la condizione di aspettare di poter seppellire il padre (59); non era la sepoltura di uno già morto - se il padre era morto perché non stava a piangerlo? – ma la fine della vita del padre. Gesù lo avverte che lo ha chiamato per la predicazione del Vangelo, che è ben più urgente della sepoltura dei morti; con la chiamata, egli è entrato a far parte del mondo dei Viventi della vita divina, e non più del mondo dei morti, della cui sepoltura si possono occupare altri (60 «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio»). Così Gesù sottolinea che annunziare il Vangelo è la cosa più urgente e importante; tutto il resto deve passare in secondo piano. (c) Il terzo si dichiara disposto a seguire Gesù ma vuole salutare i familiari (61). Anche in questo caso Gesù si mostra più esigente di Elia con Eliseo e invita a rinunciare al legame col passato e a guardare avanti a sé, allo scopo della vita, che è seguire e imitare Gesù, in modo da non perderlo di vista; l'esempio da seguire è quello di chi, alla guida dell'aratro (62 «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio»), senza volgersi indietro, guarda avanti per non deviare dal cammino da seguire. Anche S. Paolo guardava avanti in questo senso (Fil 3,12-14). Siamo discepoli di Gesù: generosamente seguiamo colui che ci ha amati e ha dato se stesso per noi.

II – 1Re 19,16b.19-21- (a) Elia è stanco e forse vecchio, ha tanto lottato e sofferto e vuole andare a stare con Dio. Dio lo avverte di prepararsi a lasciare questo mondo e di ungere al suo posto Eliseo come profeta (16); questi finora è stato agricoltore, probabilmente di famiglia agiata, perché con lui lavorano nei campi almeno altri 11 uomini, ognuno con due buoi (19). Elia gli lancia addosso il proprio mantello, che sta a significare la missione di profeta che gli affida (19). Eliseo capisce: subito lascia i buoi, raggiunge di corsa Elia e gli chiede di andare a salutare e baciare i genitori e poi lo avrebbe seguito (20); Elia consente, raccomandandogli di far presto - i saluti orientali potevano durava due ore! - perché ormai anche lui è profeta (20 Elia disse: «Va’ e torna, perché sai che cosa ho fatto per te») e deve mettersi al servizio di Dio per aiutare gli uomini. Dio stavolta chiama Eliseo per mezzo di Elia e non direttamente, come di solito faceva, e come rito gli indica anche l’unzione con l’olio (16); Elia obbedisce a Dio ed Eliseo obbedisce a Dio attraverso Elia, ma senza trascurare il rispetto verso i genitori. Ammiriamo la Sapienza di Dio, che organizza la vocazione Eliseo; notiamo la docilità di Elia ed Eliseo e seguiamone l'esempio. (b) Eliseo offre se stesso a Dio per fare la Sua volontà; Gli presenta come segno del suo sacrificio gli animali e gli strumenti, che gli erano serviti finora per il lavoro, e associa al pasto sacro Elia e i colleghi (21 Allontanatosi da lui, Eliseo prese un paio di buoi e li uccise; con la legna del giogo dei buoi fece cuocere la carne e la diede al popolo, perché la mangiasse. Quindi si alzò e seguì Elia, entrando al suo servizio). Offriamoci anche noi spesso a Dio per fare la sua volontà, disposti a sacrificare tutto per lui, perché è l'unico che certamente vuole il nostro bene e lo realizza pienamente.

III - Galati 5,13-18 – Dio liberò gli ebrei per mezzo di Mosè dalla schiavitù degli Egiziani; per mezzo di Gesù il Padre ci ha liberati per sempre da ogni schiavitù, e anche dalla legge ebraica (1 Cristo ci ha liberati per la libertà!; 13 Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà) e Paolo esorta i Galati a stare attenti ed essere forti per non lasciarci imporre di nuovo quest’ultima schiavitù (1 State dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù). Però bisogna essere vigilanti anche per non diventare schiavi della “carne” (13 Che questa libertà non divenga però un pretesto per la carne), cioè delle tendenze cattive che sono dentro di noi. Esse ci spingono a fare ciò che ci piace, a prescindere della sua moralità, come avviene ai bambini, che non hanno ancora l'uso di ragione, e agli adulti, che non hanno maturato la distinzione tra bene e male. Man mano che il bambino cresce, già prima dell’uso della ragione, si rende conto che alcune cose piacciono, ma fanno male e non sono utili; poi con l'uso della ragione capiscono la distinzione fra bene e male, e che è necessario impegnarsi a seguire il bene ed evitare il male. S. Paolo dà qui il criterio dell'amore (13 mediante l'amore), in particolare all'amore del prossimo, per distinguere il bene del male, e perciò invita ad accettare il servizio reciproco (13 siate invece a servizio gli uni degli altri): l'amore al prossimo è la sintesi e la perfezione di tutta la legge dell'AT (14 Tutta la Legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto): Amerai il tuo prossimo come te stesso (14); nel NT il prossimo va amato non solo come amiamo noi stessi, ma come immagine di Dio (Gn 1,26-27) e presenza di Cristo (Mt 25,31-46) e come Gesù ha amato noi (Gv 15,12). Avendo chiara la distinzione fra piacevole, utile e buono, chiediamoci se miriamo al piacere e all'utile, senza tener conto che la coscienza ci ordina di fare il bene ed evitare il male, seguendo le indicazioni dei dieci comandamenti, che esprimono l'amore a Dio e al prossimo. Correggiamoci per il bene nostro e degli altri. (b) S. Paolo ci ricorda che lo Spirito Santo ha versato l'amore di Dio nei nostri cuori (Rm 5,5) e abita in noi, facendoci figli di Dio e fratelli degli altri figli di Dio (Gal 4,4-7). Se ci lasciamo guidare dallo Spirito (18 Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito,), se ci comportiamo secondo i suggerimenti dello Spirito (16 Vi dico dunque: camminate secondo lo Spirito), non  siamo più sotto la Legge ebraica (18 non siete sotto la Legge) e non ci lasceremo trascinare dalla carne, cioè dalla legge del piacere disordinato e dell’utile egoistico (16 e non sarete portati a soddisfare il desiderio della carne), perché i desideri dello Spirito si contrappongono alle tendenze cattive, che sfociano nei sette vizi capitali e ci fanno fare la dolorosa esperienza della lotta che è in noi fra ciò che ci piacerebbe fare (=la carne) e ciò che dovremmo fare (il bene) (17 La carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste). Chiediamo allo Spirito Santo la grazia della nostra docilità ai suoi suggerimenti e abituiamoci a consultare il nostro padre spirituale, che ci aiuti a discernere il vero bene per noi e ci darà i consigli concreti come attuarli. In questo campo non esiste il “fai da te”.

EUCARESTIA. Il sacrificio di Gesù è offrirsi al Padre per fare la sua volontà e il pane e il vino offerti ne furono il segno. Anche noi ascoltiamo la Parola di Dio e ci offriamo a Lui per fare la sua volontà secondo la Parola ascoltata. Con la comunione ci uniamo a Gesù e diventiamo capaci di fare la volontà di Dio. Imploriamo l’aiuto della Vergine e di S. Giuseppe, degli Angeli Custodi e Santi Patroni, perché ci ottengano la fedeltà a Dio come loro.   

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