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Solofra: le nottate del Michè

A soli 20 metri della chiesa di San Domenico, nei pressi della statua di San Padre Pio da Pietralcina, la notte, al freddo e al gelo, dorme su una panchina un solofrano di nome Michè, coperto solo da un piumone.

Il titolo dell’articolo è in chiara assonanza con “la ballata del Michè” un pezzo di Fabrizio De Andrè del 1961, che narra del suicidio in cella di un detenuto di nome Michè per amore di Marì, perché ha perso la speranza di rivederla: …”Però adesso che lui s'è impiccato, La porta gli devono aprir!

De Andrè ha detto che questa canzone gli ha salvato la pelle: «se non l'avessi scritta, probabilmente, invece di diventare un discreto cantautore, sarei diventato un pessimo penalista».

Ora, però, si tratta di salvare la pelle al Michè solofrano: non possiamo permettere che, nel 2024, un uomo, il nostro Michè (o qualunque essere umano), dorma ancora all’addiaccio su una panchina e perda la speranza di una vita migliore. Conosco di vista Michè. Prima lo vedevo spesso a Sant’Andrea dove c’era la sua fidanzata. Stava per i fatti suoi, salutava tutti e non dava fastidio a nessuno.

Per le condizioni in cui è costretto a vivere Michè, tutti si autoassolvono.

Il Comune di Solofra e la “dottoressa Attianese” si autoassolvano, perché (dicono), “hanno gli atti” (!): assicurano di aver fatto tutto quello che potevano istituzionalmente fare per il nostro Michè, specificando che hanno fatto tanto e di più per lui, e ora invitano a provvedere le associazioni di volontariato, tirando impropriamente in ballo l’invito fatto dall’Arcivescovo Andrea Bellandi durante le recenti visite pastorali a Solofra, ma è chiaro come il sole che, dietro questo invito, c’è solo il solito scaricabarile della politica (di tutta la politica) incapace di provvedere ai bisogni dei più deboli, perché ha altro da fare…

Lo hanno anche messo in una comunità, ma non basta. Il fatto che nella civil e grassa Solofra un uomo debba dormire su una panchina è la prova palese che la comunità non ha fatto abbastanza!

Ora Michè non ha più problemi con l’alcool (“non tocco alcool da più di sei mesi”), non è mai stato un drogato e/o un delinquente: ha sempre lavorato. In comunità si sentiva “carcerato senza aver commesso alcun reato”.

Ora è malato, ha avuto un ictus che ha compromesso la sua capacità lavorativa, e non può più mantenersi da solo. Prende una piccola pensione di invalidità che non gli consente di vivere in affitto.

Gli dicono che non ha diritto ad una casa popolare perché non sta sulla piattaforma, …ma ci vuole proprio tanto a iscriverlo su questa benedetta piattaforma!

In campagna elettorale tutta la politica proclamava erga omnes che a Solofra nessuno sarebbe stato lasciato indietro. Dopo la sua “caduta” per malattia, Michè, non solo è rimasto indietro, …ma non è proprio ripartito!

Ora ha bisogno di un aiuto concreto: vuole solo una stanza ed un bagno per non soffrire il freddo che gli blocca la gamba e la mano sinistra, e, per riscaldarsi un po', non può far altro che aspettare (come nel film Miracolo a Milano), che il sole illumini la piazza…

Anche il mondo ecclesiastico si autoassolve: loro ignoravano (!) e poi sono anche abituati a lavarsi le mani.

Di che meravigliarsi. Anni fa hanno ignorato qualcuno molto più importante del nostro umile Michè.

Le associazioni religiose e non, hanno altro da fare che salvare il prossimo.

Anche noi tutti non abbiamo visto e abbiamo altro da fare.

Non ha visto la società civile, non ha visto la stampa (locale e non), e nemmeno le TV, che, però, sono sempre pronte a lanciare campagne di sensibilizzazione per salvare gattini, cagnolini e pesciolini di ogni colore!

A risvegliare le coscienze ci ha pensato un servizio su facebook del giornalista Enzo Costanza https://www.facebook.com/enzo.costanza.3/videos/534968139317760 (da cui è tratta la foto di copertina), sempre pronto ad aiutare concretamente gli ultimi, quelli che le istituzioni proprio non vogliono vedere.

Siamo abituati ad autoassolverci, dicendo che non tocca a noi provvedere, che ci solo le Istituzioni preposte, la Chiesa, la Caritas, le Associazioni e quant’altro…

Qui l‘unico che si dichiara colpevole è il nostro Michè, che ammette tutte le sue debolezze.

Ammette candidamente di aver avuto problemi con l’alcool e con la sua famiglia. Lo fa con tenerezza, in maniera umile, dignitosa e rispettosa, senza accampare scuse e, soprattutto, senza accusare nessuno.

Michè è solo vittima della sua malattia e dell’incapacità dello Stato Sociale di garantire al cittadino la libertà dal bisogno quando cade in disgrazia.

Non illudiamoci di esserne immuni. Può capitare a chiunque di cadere, per malattia o altro.

Il nostro compito non è quello di giudicare, ma di aiutare concretamente chi cade a risollevarsi. 

In ogni uomo che cade c’è una parte di noi che non possiamo ignorare: …siamo o non siamo esseri umani?

 

mariomartucci

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