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“Canto è [R]Esistenza” al capitalismo

Un anno fa, nel giugno del 2020, usciva il nuovo libro dello scrittore Gerardo Magliacano. Un libro potente, d’inchiesta, di protesta, un vero e proprio canto di Resistenza. Una sorta di “urlo” munchiano delle coscienze. L’indignazione degli onesti, che, liberatisi dal peso di un silenzio complice e omertoso, hanno iniziato a fare nomi e cognomi.  Che hanno imparato, memori della lezione del giornalista di Cinisi, Peppino Impastato, a contare e a camminare, con la schiena diritta, per dichiarare a gran voce che “la mafia è una montagna di merda”, e che sterco è anche ogni ‘anti-tesi’ fatta d’infiltrati, affiliati, burocrati con le mani pulite e la ventiquattrore, che speculano sul sacrificio di chi veramente ha creduto in un sogno ed è morto per un’utopia; chi sperava di cambiare la società, di migliorarla; chi ha lottato per la giustizia e la libertà.  Magliacano, con il suo “Canto”, si scaglia finanche contro la mercificata solidarietà, ridotta a essere uno strumento per lenire i sensi di colpa di una connivente società perbenista; una solidarietà ridotta a essere, come sostiene lo stesso autore: «lavatrice delle coscienze; farmaco da “banca”». E ancora, il poeta della Valle dell’Irno ci invita a prendere le distanze da ogni forma di lotta che si conta in spicciola propaganda; a diffidare di ambientalisti e associazioni che negli ultimi anni sono spuntate come un’invasione di cavallette che infestano i raccolti. Lotta all’inquinamento, lotta alle mafie, tutela dell’ambiente non si risolvono con una semplice potatura di qualche ramo secco: il male va estirpato dalle radici, è la malattia è il bulbo marcio del capitalismo. È inutile fare ogni giorno una Giornata (della Memoria, della Legalità, contro la violenza e il razzismo, della e per… magari contro…) se, poi, in quello stesso giorno, abbiamo già accettato il compromesso con esso, il male assoluto: il capitalismo. Sostiene l’autore: “temo più le soluzioni che il problema; le cure mi spaventano più della malattia.”

     Con “Canto è [R]Esistenza” (Robin Edizioni, giugno 2020) lo scrittore di “TERRO(M)NIA” non fa sconti: la sua opera è una dichiarazione di guerra, un ultimatum, prima di tutto, a se stesso. È un libro che tutti dovremmo leggere, soprattutto chi… soprattutto tutti.

    È tempo di scegliere, di essere eretici: o con la poesia o con il capitalismo; o Resistenza o estinzione. Non c’è compromesso né via di mezzo. Come sentenziò Gesù Cristo, che «il vostro parlare sia: ‘Sì, sì; no, no’; poiché il di più viene dal maligno»; “il di più” viene dal capitalismo.

    Ogni canto è un Aut-Aut: il poeta lo ribadisce in ogni angolo del suo testo: in “Ammazzateci tutti”; “Nessun concordato”; “Chi vive di solo pane”; “‘O sistema”; “«Mero giardinaggio, l’ambientalismo, / senza lotta di classe», lotta al capitalismo”; e ancora in “€g0£0g0$” ci impone di essere eretici; mentre in “Vilipendio alle parole” scrive:

«Intanto il tempo s’inCorona

E diventa un fenomeno virale;

La scienza, tronfia e prona,

Come alchimista medievale:

Un umanesimo alla carlona,

Eretto su ‘moneta filosofale’ .»

    

   La [R]Esistenza è un canto di lotta al capitalismo, nato per essere una ‘res-publica’: o r-esistiamo tutti, insieme, o… o niente!

    Parafrasando il Danilo Dolci del “Processo all’art.4”, potremmo affermare che la resistenza «è utile solo se utile ad uno come a tutti [e] se manca uno, mancano tutti.»

    Buon compleanno!, “Canto è [R]Esistenza”.

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